domenica 20 gennaio 2013

Secondo la Corte dei Conti...

Il sito di Luigi Saccavini riporta il testo integrale: http://buccinasco.cittaideale.cerca.com/wp-content/uploads/2013/01/Deliberazione-corte-dei-conti-sentenza-n.-503-del-27.11.2012.pdf  della deliberazione della Corte dei Conti relativa al parere richiesto dal Sindaco di Buccinasco alla Corte dei Conti regionale circa il finanziamento che l’amministrazione eroga a favore di una cooperativa sociale, il cui scopo statutario consiste nella gestione di una scuola materna privata

Secondo me si potrebbero trarre alcune importanti deduzioni:
1) NESSUNO PUO' ESSERE OBBLIGATO AD ISCRIVERE I PROPRI FIGLI A SCUOLE A SCOPO DI LUCRO GESTITE DA PRIVATI (le scuole confessionali).  Se vi dicono che alla scuola pubblica non c'è posto per vostro figlio, potete quindi denunciare gli amministratori (Sindaco, Assessori e Consiglieri Comunali) che hanno tagliato i fondi alle scuole pubbliche.  E la Corte dei Conti potrebbe chiedere loro di rifondere il danno.

2) La stipula della convenzione deve passare attraverso una procedura che assicuri TRASPARENZA e PARITA' di accesso alle risorse pubbliche, sulla base di un previo regolamento e/o un apposito BANDO.
Chiunque prà aprire a Buccinasco una scuola materna privata, e pretendere di essere trattato e finanziato come la scuola materna confessionale già esistente (almeno fino a che non chiuderà...).  Non è affatto detto che la scuola esistente sia "la migliore possibile" (anche limitando il confronto alle sole realtà private e/o a scopo di lucro e/o confessionali e/o partititiche e/o riferibilibili ad organizzazioni politiche e/o sette religiose)

3) E' indispensabile una verifica della corrispondenza dell’entità del contributo all’effettiva utilità conseguita dalla comunità locale con la fruizione del servizio prestato in convenzione.
Deduco che chiunque potrebbe quindi chiedere copia dei bilanci delle scuole finanziate dal Comune.   Credo che sia quindi anche possibile denunciare eventuali spese gestite in modo poco chiaro e/o efficiente e/o non dimostrabile.  Credo che questo implichi anche la massima chiarezza e trasparenza sui criteri per la selezione del personale e sulla ammissione dei bambini.


Lombardia/503/2012/PAR

REPUBBLICA ITALIANA 
LA CORTE DEI CONTI IN 
SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA LOMBARDIA 
composta dai Magistrati: 
dott. Nicola Mastropasqua           Presidente 
dott. Giuseppe Zola    Consigliere 
dott. Gianluca Braghò    Primo Referendario 
dott. Alessandro Napoli          Referendario  
dott. Laura De Rentiis   Referendario 
dott. Donato Centrone   Referendario 
dott. Francesco Sucameli   Referendario (relatore) 
dott. Cristiano Baldi   Referendario 
dott. Andrea Luberti   Referendario 
nella camera di consiglio del 20 novembre 2012 


Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con il regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni; 
Vista la legge 21 marzo 1953, n. 161; 
Vista la legge 14 gennaio 1994, n. 20; 
Vista la deliberazione delle Sezioni riunite della  Corte dei conti n. 14 del 16 giugno 2000, che ha approvato il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, modificata con le deliberazioni delle Sezioni riunite n. 2 del 3 luglio 2003 e n. 1 del 17 dicembre 2004; 
Visto il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 recante il Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (T.U.E.L.); 
Vista la legge 5 giugno 2003, n. 131; 
Vista la deliberazione n. 1/pareri/2004 del 3 novembre 2004 con la quale la Sezione ha stabilito i criteri sul procedimento e sulla formulazione dei pareri previsti dall’articolo 7, comma 8, della legge n. 131/2003; 2
Vista la nota n. 18543/12, pervenuta in data 5 novembre 2012, con la quale il Comune di Buccinasco (MI), ha chiesto un parere nel quadro delle competenze attribuite alla Corte dei conti dalla legge n. 131 del 2003; 
Vista l’ordinanza con la quale il Presidente ha convocato la Sezione per l’adunanza odierna per deliberare sulla prefata richiesta; 
Udito il relatore, Francesco Sucameli. 

OGGETTO DEL PARERE 
Il sindaco del Comune in epigrafe ha richiesto un parere circa il finanziamento che l’amministrazione eroga a favore di una cooperativa sociale, il cui scopo statutario consiste nella gestione di una scuola materna privata. 
La prefata cooperativa riceve annualmente, in base  ad una convenzione col Comune, dei contributi ordinari a sostegno di tale attività. La precedente convenzione, risalente agli anni ‘70, è stata di recente sostituita con una nuova, peraltro limitata alla sola annualità 2012-2013. 

Il sindaco riferisce che quest’ultima, stipulata dal Commissario straordinario che lo ha preceduto nell’amministrazione, appare giustificata nell’ottica del principio di sussidiarietà. 
La convenzione prevede l’impegno del comune a corrispondere un contributo ordinario annuale,  pro parte in misura fissa,  pro parte in misura variabile. La parte variabile è commisurata, da un lato, al numero delle iscrizioni degli infanti, per altro verso alle condizioni economiche dei genitori (fascia ISEE). 
Tanto premesso, l’Amministrazione civica chiede alla Sezione di esprimersi: 
i) sulla legittimità di una simile erogazione a soggetto privato; 
ii) sulla legittimità della modalità di commisurazione del contributo, in quota fissa e/o variabile (in questo secondo caso agganciata al numero dei bambini residenti iscritti); 
iii) sull’ampiezza della discrezionalità e su eventuali  criteri specifici che devono essere seguiti nella determinazione del contributo.

PREMESSA 
La funzione consultiva delle Sezioni regionali è inserita nel quadro delle competenze attribuite alla Corte dei conti dalla legge n. 131 del 2003 (recante la disciplina d’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3). 
Pertanto, la prima questione che si pone, riguardo  al descritto quesito, è quella del rispetto delle condizioni di legge per accedere alla funzione consultiva della Corte. A tal fine si rammenta che ai sensi dell’art. 7, comma 8, della citata legge n. 131 del 2003, Regioni, Province e Comuni possono chiedere alle Sezioni regionali − di norma tramite il Consiglio delle autonomie locali, se istituito − pareri in materia di contabilità pubblica, nonché ulteriori forme di collaborazione ai fini della regolare gestione finanziaria, dell’efficienza e dell’efficacia dell’azione amministrativa. 


AMMISSIBILITÀ SOGGETTIVA 
Con particolare riguardo all’individuazione dell’organo legittimato a inoltrare le richieste di parere dei Comuni, si osserva che, per consolidata giurisprudenza, gli enti elencati dalla legge possono rivolgersi direttamente alla Corte in funzione consultiva, senza passare necessariamente dal Consiglio delle autonomie locali. 
Poiché il sindaco è l’organo istituzionalmente legittimato a rappresentare l’ente, la richiesta di parere è proposta dall’organo legittimato a proporla ed è pertanto soggettivamente ammissibile. 

AMMISSIBILITÀ OGGETTIVA 
Con riferimento alla verifica del profilo oggettivo di ammissibilità del quesito, in primo luogo occorre rammentare che la disposizione contenuta nell’art. 7, comma 8, della legge 131/2003 deve essere raccordata con il precedente comma 7, norma che attribuisce alla Corte dei conti la funzione di verificare il rispetto degli equilibri di bilancio, il perseguimento degli obiettivi posti da leggi statali e regionali di principio e di programma, la sana gestione finanziaria degli enti locali. 
Lo svolgimento delle funzioni è qualificato dallo stesso legislatore come una forma di controllo collaborativo. 
Il raccordo tra le due disposizioni opera nel senso che il comma 8 prevede forme di collaborazione ulteriori rispetto a quelle del precedente comma, rese esplicite, in particolare, con l’attribuzione agli enti della facoltà di chiedere pareri in materia di contabilità pubblica. In quest’ottica, appare chiaro che le Sezioni regionali della Corte dei conti non svolgono una funzione consultiva a carattere generale in favore degli enti locali, ma che anzi le attribuzioni consultive “in materia di contabilità pubblica” si ritagliano sulle funzioni sostanziali di controllo collaborativo ad esse conferite dalla legislazione positiva.  
Secondo le Sezioni riunite della Corte dei conti – intervenute con una pronuncia in sede di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dell’art. 17, comma 31 del decreto legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102 − il concetto di contabilità pubblica deve essere incentrato sul “sistema di principi e di norme che regolano l’attività finanziaria e patrimoniale dello Stato e degli enti pubblici” da intendersi in senso dinamico in relazione alle materie che incidono sulla gestione del bilancio e sui suoi equilibri (Deliberazione del 17 novembre 2010, n. 54)

Tuttavia, l’inerenza ad una materia di contabilità pubblica non esaurisce i presupposti di ammissibilità oggettiva di un quesito, presupposti  che vanno ricavati, oltre che dalla lettera della legge, dalla natura della funzione consultiva. Essi vanno stabiliti in negativo, delineando il rapporto tra tale funzione e, da un lato, l’attività amministrativa, dall’altro, la funzione giurisdizionale civile, penale, amministrativa e contabile.  
Rispetto all’attività amministrativa, questa Sezione, in più occasioni, ha riconosciuto che la funzione di cui al comma 8 dell’art. 7 della Legge n. 131/200, è una facoltà conferita agli amministratori di Regioni ed enti locali per consentire loro di avvalersi, nello svolgimento delle funzioni loro intestate, di un organo neutrale e professionalmente qualificato, in grado di fornire gli elementi di valutazioni necessari ad assicurare la legalità della loro azione: è innegabile che i pareri e le altre forme di collaborazione si inseriscono nello svolgimento dei procedimenti degli enti territoriali consentendo, nelle tematiche in relazione alle quali la collaborazione viene esercitata, scelte adeguate e ponderate.  
Peraltro, la stessa giurisprudenza contabile ha puntualmente rammentato che dalla funzione consultiva resta esclusa qualsiasi forma di cogestione o co-amministrazione con l’organo di controllo esterno (cfr. ex multis parere sez. Lombardia, 11 febbraio 2009, n. 36). 
Quindi, i quesiti, oltre a riguardare una questione di contabilità pubblica, devono avere carattere generale ed essere astratti, cioè non direttamente funzionali all’adozione di specifici atti di gestione, che afferiscono alla sfera discrezionale della potestà amministrativa dell’ente.  
In secondo luogo, oltre a non intervenire nell’attività amministrativa nei termini predetti, tale funzione consultiva non deve sovrapporsi con l’esercizio di altre funzioni di controllo della Corte, né tantomeno interferire con l’esercizio di funzioni giurisdizionali (in sede civile, penale, amministrativa o contabile).  
Venendo all’esame dei quesiti di specie, la richiesta di parere si deve ritenere ammissibile limitatamente al quesito sub i), nella misura in cui esso viene posto in astratto e in ottica futura, non rivolto ad accertare la legittimità di un atto concreto, peraltro già emanato. 
Esso, infatti, attiene le modalità di utilizzo del patrimonio comunale e, più in generale, delle risorse pubbliche: segnatamente, riguarda la possibilità per un ente  pubblico di procedere ad attribuzioni patrimoniali in favore di un soggetto  privato, il quale, operando sul territorio comunale, svolge attività di interesse e rilievo pubblico locale (gestione di una scuola per l’infanzia) nell’ottica del principio di sussidiarietà orizzontale. 
La specifica formulazione del quesito, peraltro, induce la Sezione a ribadire che le concrete modalità attuative delle politiche di amministrazione attiva del territorio, cosi come ogni altra forma di attività gestionale dell’ente, spettano esclusivamente agli organi cui è stata demandata l’amministrazione comunale.  
Non altrettanto ammissibili devono ritenersi i quesiti sub i) e ii) in quanto riferiti a scelte concrete che rientrano nell’esclusiva discrezionalità dell’ente medesimo, fermo restando, ovviamente, l’obbligo di effettuare queste scelte secondo ragionevolezza ed entro i limiti posti dall’ordinamento.  


MERITO 
1.  Al fine di assumere le determinazioni di loro competenza, gli organi dell’ente, nell’ambito della loro discrezionalità e senza vincolo alcuno, possono riferirsi alle conclusioni contenute nel presente parere. 
Questa Sezione si è pronunciata in più occasioni sulla possibilità, o meno, per i Comuni, di erogare contributi ad enti terzi operanti sul territorio comunale (pareri nn. 1 e 8/2005; nn. 9, 10 e 18/2006; nn. 26, 35 e 59/2007 ; nn. 39 e 75/2008; nn. 24 e 1138/2009; nn. 1, 979 e 980/2010. Nello stesso senso, cfr., di recente, SRC Piemonte n. 303/2012/PAR). 
La Sezione ha elaborato, in proposito, il principio generale per cui se l’azione è intrapresa al fine di soddisfare esigenze della collettività rientranti nelle finalità perseguite dal comune, l’erogazione di un finanziamento non può equivalere a un depauperamento del patrimonio comunale, in considerazione dell’utilità che l’ente o la collettività ricevono dallo svolgimento del servizio pubblico o di interesse pubblico effettuato dal soggetto che riceve il contributo (SRC Lombardia n. 9/2006/PAR). 
In secondo luogo, sul piano della qualificazione soggettiva del percettore del contributo comunale, la Sezione ha stabilito il principio dell’indifferenza della natura pubblica o privata del soggetto che riceve l’attribuzione patrimoniale, in quanto a rilevare è lo scopo del finanziamento medesimo, il quale deve essere orientato a perseguire i fini dell’ente pubblico.  
A conferma di ciò, la legge di disciplina del procedimento amministrativo, come riformata nel 2005, contempla espressamente il principio secondo cui l’amministrazione agisce con gli strumenti del diritto privato ogniqualvolta non sia previsto l’obbligo di utilizzare quelli di diritto pubblico (L. 7 agosto 1990, n. 241, e s.m.i.). 
In terzo luogo, la possibilità di disciplinare i rapporti fra Amministrazione comunale e ente gestore di una scuola dell’infanzia mediante un’apposita convenzione è espressamente presa in considerazione dalla Legge regionale 11 febbraio 1999, n. 8 (Interventi regionali a sostegno del funzionamento delle scuole materne autonome) che detta alcune norme, specificando, in particolare, che l’intervento finanziario regionale “è distinto ed integrativo rispetto a quello comunale” (art. 1, co. 3).  
Dal che si evince che, in linea di principio, non sussistono preclusioni alla possibilità di erogare contributi alle scuole materne non pubbliche al fine di assicurarne il funzionamento, all’interno dell’apposita Funzione di bilancio (nello schema di cui al DPR 194/1996, adottato ai sensi dell’art. 168 T.U.E.L., la IV).  
 Resta impregiudicata ogni valutazione in ordine alla legittimità costituzionale di una legge regionale che preveda erogazioni dirette alla scuola privata e sulla sua compatibilità con l’art. 33, terzo comma, Cost. (che, da un lato, prevede il diritto dei privati di istituire e gestire proprie “scuole ed istituti di educazione”, dall’altro, afferma che ciò deve avvenire “senza oneri per lo Stato”): in primo luogo l’azione amministrativa deve conformarsi a legge ed è in questa che trova il suo parametro, fino all’eventuale declaratoria di incostituzionalità; in secondo luogo, le considerazioni sulla costituzionalità di una legge, regionale o statale, esulano − allo stato  − dai poteri di questa Corte in sede consultiva, in  quanto l’adozione di provvedimenti conseguenti spettano esclusivamente al Legislatore stesso e al Giudice delle leggi (cfr. Corte Costituzionale sent. n. 335/1995 e n. 37/2011). 

Cionondimeno, non si può non ricordare come sia ampio il dibattito sul richiamato principio di sussidiarietà orizzontale (art. 118, comma 4, Cost.) e sulla sua capacità di conformare settori dell’ordinamento retti da regole e principi specifici, come l’attività economica e/o i rapporti etico-sociali in materia scolastica. In questo senso è opportuno fare una breve digressione sui principi generali che reggono l’erogazione di risorse pubbliche a sostegno di attività private e sui limiti cui va incontro il richiamato principio di sussidiarietà. 
2. In primo luogo, resta ferma  la necessità di assicurare che la stipula delle convenzioni passi attraverso una procedura che assicuri trasparenza e parità di accesso alle risorse pubbliche, sulla base di un previo regolamento e/o un apposito bando. In proposito non può non evocarsi l’art. 12 della L. n. 241/90, secondo cui «1. La concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari e l'attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati sono subordinate alla predeterminazione ed alla pubblicazione da parte delle amministrazioni procedenti, nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, dei criteri e delle modalità cui le amministrazioni stesse devono attenersi. 2. L'effettiva osservanza dei criteri e delle modalità di cui al comma 1 deve risultare dai singoli provvedimenti relativi agli interventi di cui al medesimo comma 1.»;  
In proposito, si deve rammentare che non è possibile richiamare il principio di sussidiarietà orizzontale (art. 118, comma 4, Cost.) per invocare una deroga alla regola della trasparenza e dell’imparzialità nell’accesso alle pubbliche provvidenze. Infatti, come sottolineato dal giudice amministrativo, «il principio [di sussidiarietà orizzontale] va letto ed applicato in coerenza con l’ordinamento giuridico costituzionale inteso nella sua complessità». 
Ciò comporta che esso «non può essere disgiunto dagli altri principi costituzionali che regolano 
l’attività della pubblica amministrazione, vale a dire il principio di legalità, imparzialità e buon andamento» (così T.A.R. Umbria, sentenza 17 dicembre 2003, n. 987). 
Nonostante il principio di sussidiarietà orizzontale abbia come ambito privilegiato di applicazione il c.d. terzo settore (cioè quel novero di servizi resi in modalità  no-profit da operatori che si pongono nell’area intermedia tra pubblica amministrazione e mercato) nella misura in cui abbia ad oggetto attività economiche, deve coordinarsi e saldarsi con i principi di libera iniziativa (art. 41 Cost.) e con il principio di concorrenza (art. 117, comma 2, Cost.; cfr., in questo senso, Consiglio Stato, sez. V, 25 agosto 2008, n. 4080 nonché le numerose segnalazioni dell’Autorità garante della concorrenza, tra cui, ex multis AS 375 in B.U. n. 50 del 2 gennaio 2007).. 

3. In sostanza, al comune non può non essere riconosciuta la possibilità, in assenza di uno specifico divieto, di contribuire finanziariamente al funzionamento delle scuole dell’infanzia operanti sul suo territorio, anche con specifiche ed ulteriori forme di contribuzione. Pur tuttavia l’ente dovrà assicurare, nell’erogazione degli stessi, la parità di trattamento e la trasparenza nell’accesso alle risorse da parte di tutti i soggetti interessanti allo svolgimento della stessa finanzianda attività, in condizione di parità e trasparenza.  
Va da sé, altresì, che particolare cautela dovrà essere posta nella verifica della corrispondenza dell’entità del contributo all’effettiva utilità conseguita dalla comunità locale con la fruizione del servizio prestato in convenzione.  Questo aspetto dovrà trovare adeguata rappresentazione economica nella convenzione tra il Comune e la struttura scolastica privata anche con un’adeguata dimostrazione della positiva incidenza sul servizio scolastico reso. 
Altrettante cautele dovranno essere adottate dal Comune relativamente al corretto utilizzo dei fondi pubblici, dovendosi prevedere convenzionalmente adeguate rendicontazioni circa le spese sostenute per l’intervento sulla struttura in cui si svolge il servizio educativo, al fine di permettere il controllo da parte dell’Ente locale sull’effettiva destinazione della spesa al fine pubblico per cui è sostenuta
  
P.Q.M. 
nelle considerazioni esposte è il parere della Sezione. 
         L’estensore                                           Il Presidente  
(Dott. Francesco Sucameli)                          (Dott. Nicola Mastropasqua) 


Depositata in Segreteria il  
27/11/2012 
Il Direttore della Segreteria 
(Dott.ssa Daniela Parisini) 









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