domenica 28 febbraio 2021

Accuratezza, Sensibiità, Specificità

Il problema di Mike



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Quando si parla di “accuratezza” di un test, non si sta parlando di un numero, ma di due: la sensibilità (“sensitivity”) e la specificità (“specificity”) del nostro test: in un’immagine molto poetica, una rivista di medicina ha definito queste due grandezze “[…] lo yin e lo yang dell’universo dei test [che] assieme ci danno una piena comprensione di cosa un test possa o non possa fare; entrambe sono necessarie per comprendere i punti di forza di un test così come i suoi punti di debolezza”.

Stabiliamo una notazione una volta per tutte: “infetto”/“non infetto” significa che ha o non ha il virus, qualsiasi sia il risultato del test; “positivo”/“negativo” si riferisce al risultato del test, qualsiasi sia lo stato di infezione.

La sensibilità definisce il comportamento del nostro test nei confronti delle persone che sono infette: un test ad alta sensibilità individuerà quasi tutte le persone infette, lasciandone sfuggire solo un piccolo numero. Si capisce quindi che questo valore è estremamente importante: in Spagna, durante l’estate 2020, sono stati buttati i risultati di svariate migliaia di tamponi dopo aver verificato che la sensibilità del test utilizzato era del 30%, in pratica, il test si lasciava scappare il 70% degli infetti. Tecnicamente, si dice che il test spagnolo si comportava male con i “falsi negativi”, ossia con coloro che pur essendo infetti, risultano negativi al test.

La specificità, al contrario, definisce il comportamento del nostro test nei confronti delle persone che non sono infette: un test ad alta specificità fornirà un risultato negativo per quasi tutte le persone non infette, scambiandone molto poche per positive: in questo caso, il test deve fare il conto con i falsi positivi, ossia con le persone che vengono dichiarate positive pur non essendo infette.

Noterete che abbiamo cercato descrivere le due definizioni utilizzando sostanzialmente le stese parole ma “al contrario”, per appunto evidenziare la complementarietà delle due misure; attenzione (e questo è l’errore nel quale il senso comune cade sovente) che questi due valori sono indipendenti: potete averli altissimi entrambi, bassissimi entrambi, o qualsiasi via di mezzo, non sono “uno l’opposto dell’altro”.

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