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Ora, dobbiamo abituarci a pensare che non abbiamo bisogno di illusioni e venditori di oppio per convivere con un patogeno. Le cose possono andare molto meglio, certo, ma vi sono delle condizioni imprescindibili. La prima è quella di non rifugiarci nei sogni, lasciando perdere raffreddorizzazioni, virus clinicamente morti, omoplasie, endemizzazioni, adattamenti inevitabilmente positivi, ciondoli e altri ammennicoli mentali, rimanendo invece attaccati ai dati e ai rimedi che abbiamo, senza fare scappatelle cognitive nell’isola dei lotofagi e chiedendo a chiunque usi termini strani di dar conto con fatti documentati del suo latinorum. La seconda è quella di comprendere che smettere di vivere per paura di morire è semplicemente impossibile, e che distruggendo le nostre società e le nostre economie avanzate si ottiene, alla lunga, esattamente lo stesso risultato di una pandemia incontrollata, ivi inclusi i morti, perché un sistema economico che non si sostiene e una società che si blocca crollano, e con essi la nostra sanità. Avanti, dunque, illuminando quanto possiamo con la scienza il pericolo che abbiamo davanti, senza chiudere gli occhi e senza inventare nuovi significati per vecchie parole.
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