Negli ultimi anni, diverse terapie geniche e cellulari, che mirano a trattare principalmente malattie genetiche rare, hanno fornito prove conclusive di efficacia a lungo termine, (ad esempio, le deficienze immunitarie congenite: Tucci et al. 2022), essenzialmente "curando" malattie gravi e precedentemente incurabili e riportando il paziente a una vita normale o quasi. Alcune di queste terapie hanno già ricevuto l'autorizzazione all'immissione in commercio e altre lo faranno presumibilmente nel prossimo futuro (De Luca et al. 2019). Questi progressi rappresentano una pietra miliare in medicina, che potrebbe un giorno essere paragonata alla scoperta degli antibiotici o dei vaccini. Il processo di sviluppo di una nuova terapia nel laboratorio di ricerca e il successivo passaggio a sperimentazioni cliniche è molto lungo e costoso. Ci vogliono diversi anni, spesso decenni, e la percentuale di protocolli sperimentali che arriva in clinica e si mostra sicura ad efficace così da ricevere l’autorizzazione all’immissione in commercio è molto bassa, per ragioni che sono state ampiamente discusse altrove (Cossu et al. 2018). Tuttavia, una volta che il medicinale è uscito con successo da questa prima "valle della morte" ed è pronto per l'uso da parte dei pazienti, incontra spesso una seconda "valle della morte", un problema che richiede una soluzione per ragioni mediche, etiche ed economiche e che è l'argomento di questo documento.
Il problema
In generale, le accademie o gli enti di beneficenza che svolgono o finanziano la ricerca di base non hanno le risorse finanziarie per sostenere pienamente le sperimentazioni cliniche, con i loro costi elevati intrinseci. Negli ultimi due decenni, quindi, scienziati accademici hanno instaurato proficue collaborazioni con piccole o grandi aziende, o fondato start-up di biotecnologie per rendere il processo economicamente sostenibile, utilizzando soprattutto i finanziamenti degli investitori. Come già affermato, il costo necessario per portare un prodotto all'autorizzazione all'immissione in commercio è molto elevato (diversi milioni di euro) a causa dei costi di produzione dei vettori virali e dei prodotti cellulari e dei severi standard imposti dalle agenzie regolatorie per garantire la sicurezza e la qualità dei prodotti da somministrare ai pazienti. Inoltre, la popolazione di pazienti che può trarre beneficio da queste terapie è piccola e va da diverse migliaia per malattie meno rare come l'emofilia, a poche decine per malattie molto rare come l'immunodeficienza da carenza di adenosina deaminasi (ADA)-SCID.
Questo scenario solleva due problemi principali:
1) Per coprire i costi di produzione e i precedenti costi di ricerca e sviluppo, le aziende fissano un prezzo molto alto, che varia da alcune centinaia di migliaia a pochi milioni di euro per ogni paziente. Ciò può causare lunghe trattative o addirittura il rifiuto dei Sistemi Sanitari Nazionali. In effetti è già successo in alcuni casi, il più eclatante dei quali è probabilmente rappresentato dal ritiro dal mercato europeo di due prodotti efficaci e approvati (Skysona per l'adrenoleucodistrofia e Zynteglo per la beta-talassemia) perché l'azienda biotech statunitense che ha li ha sviluppati, Bluebird Bio , non ha potuto negoziare rimborsi soddisfacenti per Zyntheglo, con l'ulteriore problema che, dopo l'approvazione, si sarebbero dovuto negoziare con ogni singolo stato europeo. Che dire dei pazienti che avrebbero potuto beneficiare di tali terapie salvavita?
2) Le aziende in possesso di una terapia avanzata approvata, anche quando è stata definita una politica di rimborso, possono decidere di abbandonarla, proprio per insufficiente ritorno economico. Ciò vale in particolare per le malattie rare o molto rare, data la scarsità di pazienti target. Un esempio è rappresentato da Strimvelis, trattamento curativo per ADA-SCID e primo prodotto di terapia genica ex vivo approvato in Europa (Ferrua e Aiuti, 2017), sviluppato grazie alla collaborazione tra GSK e l'Istituto di Terapia Genica San Raffaele Telethon di Milano e quindi trasferito a Orchard Therapeutics (OTL). Di recente, nonostante alcuni pazienti trattati con successo con il prodotto commerciale presso SR-Tiget, OTL ha annunciato il ritiro della terapia dal mercato per motivi commerciali. In un altro caso ancora Glybera ha ritirato un prodotto di terapia genica, approvato per l'iperlipoproteinemia di tipo I, ritirandolo dal mercato nel 2017 dopo aver trattato apparentemente solo un paziente.
Questa lista non è esaustiva. Se non fosse possibile trovare una soluzione a questo problema, è probabile che esso si estenderebbe per includere altre terapie di successo come quelle che utilizzano le cellule epiteliali (Rama et al. 2010; Hirsch et al. 2017). Ciò può portare a due terribili conseguenze: 1. i pazienti che potrebbero essere salvati da malattie mortali, moriranno. 2. Le aziende potrebbero essere scoraggiate dall'investire ulteriore lavoro e denaro in Europa e l'intero settore potrebbe crollare a causa di questa stagnazione.
Altri fattori da considerare
Prima di discutere potenziali soluzioni, è necessario considerare alcuni problemi aggiuntivi:
1. Poiché il problema ha una dimensione internazionale, qualunque soluzione venga proposta dovrebbe essere a livello europeo, o, idealmente globale, una volta risolte le differenze nelle procedure di rimborso, in Europa e negli Stati Uniti. Purtroppo, almeno inizialmente, i Paesi in via di sviluppo saranno esclusi dall'accesso a queste terapie, a meno che i pazienti non possano recarsi in centri specializzati dove riceveranno la terapia. Questo è un problema da affrontare una volta risolti i problemi iniziali.
2. Nel decidere in materia di rimborso, i sistemi sanitari nazionali dovrebbero bilanciare il costo della terapia con il costo relativo alle cure palliative. Queste cure sono molto costose e durano anni per malattie a rapido esito infausto come alcune malattie neurodegenerative, alcune malattie lisosomiali e alcune forme di epidermolisi bollosa (EB) o decenni, per malattie come emofilia, distrofie muscolari o diverse genodermatosi in cui i pazienti possono raggiungere la mezza età. Inoltre, il valore economico relativo alla restituzione di un paziente ad una vita attiva e la conseguente eliminazione del peso economico/logistico per la famiglia, andrebbe ugualmente considerato. Infine, e soprattutto, la missione del Sistema Sanitario nazionale (SSN) è quella di fornire a tutti i cittadini il miglior trattamento disponibile, non il più economico. In termini di onere sul bilancio sanitario generale, questo sarebbe trascurabile per le malattie molto rare e tollerabile per le malattie meno rare. Una volta che queste terapie siano divenute disponibili per condizioni comuni come il diabete o le malattie cardiovascolari, tali considerazioni economiche sarebbero alleviate perché con decine di migliaia di pazienti, le aziende otterrebbero un ritorno sui loro investimenti anche con una sostanziale diminuzione dei costi.
3. Prima di decidere se la sicurezza e l'efficacia di un medicinale meritino l'approvazione del mercato, dovrebbero essere esercitati controlli rigorosi e indipendenti. Nel 2014, l'EMA (European Medicinal Agency) ha approvato sotto condizione (vale a dire richiedendo ulteriori dati di conferma dopo l'approvazione) Ataluren , una piccola molecola che causa il salto di triplette di terminazione prematura nella distrofia muscolare di Duchenne. Due anni dopo, il NICE (National Institute for health and Care Excellence) ha raccomandato il rimborso di Ataluren a un costo stimato di 314.300 sterline per paziente all'anno. Le prove di efficacia sono state scarse, l'approvazione è stata controversa e seguita da risultati inconcludenti in uno studio di fase III (McDonald et al. 2017).
4. Che il profitto sia l'obiettivo delle aziende e del settore farmaceutico è un fatto e sarebbe irrealistico aspettarsi la priorità del beneficio per il paziente rispetto al profitto, anche perché si rischierebbe l'insostenibilità economica. D'altra parte, rendere disponibile un trattamento efficace per una malattia incurabile può diventare utile nel negoziare con le autorità regolatorie un ampio portafoglio di farmaci. Il caso è diverso con le piccole aziende la cui pipeline potrebbe essere limitata allo sviluppo di cure solo per poche malattie rare e la cui sostenibilità finanziaria dipende interamente dall'ottenere un profitto sostanziale dalle sue vendite limitate. In questo caso, i costi elevati ricompenserebbero l'innovazione e aiuterebbero a promuovere lo sviluppo e la disponibilità di nuove cure per le malattie orfane. Tuttavia, dovrebbe essere in atto un attento esame dei piani di sviluppo clinico e delle strategie di lobbying, data la stretta dipendenza dal successo di uno solo o di pochi prodotti. Ad esempio, mentre è corretto che le associazioni di pazienti siano coinvolte nelle decisioni circa lo sviluppo e l'accesso a nuove terapie, i pazienti ed i loro familiari sono emozionalmente coinvolti e quindi vulnerabili e a rischio di manipolazione. In effetti, le ispezioni della FDA hanno rivelato irregolarità e condotte realmente scorrette in diversi studi clinici (Dal-Ré et al. 2020), che occasionalmente hanno offuscato i confini tra autentiche società di sviluppo di farmaci e cliniche private di cellule staminali che forniscono a pagamento terapie non comprovate (Cossu et al. 2020). In nessun caso, i modelli alternativi qui proposti dovrebbero promuovere terapie non provate e non controllate e replicare frodi come il caso Stamina.
C'è una possibile soluzione?
Non esiste una bacchetta magica con cui risolvere questo problema, ma ci sono possibili scenari che potrebbero essere a portata di mano se uno sforzo multinazionale che coinvolge governi, SSN, accademie, autorità regolatorie, associazioni di pazienti e aziende potesse condurre ad elaborare un piano accettabile per tutti parti interessate.
Innanzitutto, la produzione di un nuovo ATMP (Advanced Therapy Medicinal Product) è solitamente supportata da finanziamenti pubblici, sia da parte di governi che di enti di beneficenza, per lo sviluppo preclinico e talvolta (ma non sempre) sperimentazioni cliniche in fase iniziale. Di solito è in questa fase che intervengono le aziende farmaceutiche, piccole e grandi, ed è qui che hanno luogo i negoziati con le autorità di regolamentazione. È a questo punto che dovrebbero essere effettuati dagli organismi regolatori rigorosi controlli su sicurezza, efficacia e costi. Contemporaneamente si dovrebbe lavorare per ridurre l'onere dei controlli imposti, senza compromettere la sicurezza. È certamente un compito difficile, ma una pianificazione trasparente e una tabella di marcia chiara dovrebbero produrre un piano di rimborso che potrebbe essere accettato più facilmente dai vari servizi sanitari nazionali.
Se, per motivi commerciali, nessuna azienda interviene o una società licenziante decide di abbandonare lo sviluppo di un prodotto altrimenti clinicamente sicuro ed efficace per una malattia rara e orfana per la quale non esiste un trattamento alternativo soddisfacente, allora le entità sovranazionali (Ue) o i governi nazionali dovrebbero sostenere il mondo accademico e gli enti di beneficenza nel garantire ulteriore sviluppo clinico che permetta ai pazienti l’accesso alla terapia dimostratasi sicura ed efficace. Per la fabbricazione del prodotto dovrebbero essere istituite strutture GMP sponsorizzate dal governo e/o accademiche. Alcune di queste strutture potrebbero eventualmente essere qualificate per produrre e somministrare il prodotto su base regolare previa approvazione secondo un percorso non commerciale ad hoc, progettato con le autorità di regolamentazione per ridurre al minimo i costi senza compromettere la sicurezza.
Quella che viene presentata qui è solo una possibilità di discussione e valutazione approfondita da parte di esperti di tutti i settori, che aspetta di essere implementata, modificata o addirittura sostituita da un piano più efficiente. È, tuttavia, un punto di partenza per affrontare questo problema urgente.
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