Un anno dopo l'approvazione del famigerato “rapporto Matic”, nel quale per la prima volta un documento formale dell'Unione europea dichiarava l'aborto “diritto umano fondamentale”, il Parlamento di Strasburgo ha dunque battuto un altro colpo. La strabiliante risoluzione che attacca la Corte Suprema americana, prossima forse (forse!) a rivedere le fondamenta costituzionali dell'interruzione di gravidanza negli Usa (ma di sicuro non ad abolirla), è stata approvata la scorsa settimana con una maggioranza larghissima. Due terzi esatti dell'assemblea (364 su 545 presenti), sentendosi investiti di un sacro dovere di intervento che non sembra avere precedenti, hanno rivolto un pesante monito ai nove più alti magistrati di Washington a fermarsi.
Bisognerà prenderne atto: ormai l'Eurocamera è saldamente in mano a uno schieramento che vede, in cima ai suoi valori di riferimento, l'aborto come un totem intoccabile e indiscutibile. Qualcosa che autorizza non solo a fare incursioni negli affari interni di un altro Paese amico e alleato, ma anche ad accantonare senza tanti complimenti il principio della separazione dei poteri, che l'europeissimo barone di Montesquieu elaborò quasi tre secoli fa.
Ci sarebbe solo da chiedere agli accaniti tifosi della più assoluta libertà di sopprimere nascituri (possibilmente fino al giorno prima del parto), se ritengono l'incolumità personale, la libertà di coscienza e di espressione, come pure l'indipendenza della magistratura, principi di rango almeno pari a quello che essi propugnano con tanto zelo. Perché, in caso positivo, dovrebbero spiegare il loro totale silenzio di fronte alla marea di proteste, minacce e assalti, ai danni degli stessi componenti della Corte Usa e di innumerevoli sedi di associazioni, chiese e altri organismi dell'area pro-life.
Da oltre due mesi, infatti, da quando cioè una fuga di notizie ha anticipato a grandi linee i contenuti della sentenza che dovrebbe uscire entro fine giugno, rimettendo in discussione il rango federale del diritto all'interruzione di gravidanza, in Nordamerica si è scatenato il finimondo. Non passa quasi giorno senza che sedi religiose o associative vengano prese di mira, quando va bene a colpi di vernice o uova, ma in più di un caso da bombe molotov e altri mezzi devastanti, come è accaduto a Buffalo martedì scorso.
Buona parte di questi attacchi e incursioni sono state apertamente rivendicate da gruppi denominati “la vendetta di Jane” o “ci manda Ruth”. E su uno dei loro siti sono stati pubblicati (violando una norma federale) gli indirizzi di casa dei sei magistrati favorevoli alla revisione della sentenza “Roe v. Wade” del 1973, caposaldo dell'aborto a stelle e strisce. Cosicché, per oltre una settimana, i giudici e le loro famiglie sono stati oggetto di costanti “visite a domicilio” di folle urlanti, sia pure tenute a distanza. Da ultimo però, giovedì scorso, vicino casa di uno di loro, Brett Cavanaugh, circolava un uomo armato, per fortuna bloccato, intenzionato a “punire l'attacco all'aborto”.
Di tutto ciò la risoluzione dell'Europarlamento non fa cenno, forse ignara forse incurante. Da notare che, all'indomani di questa inedita “ingerenza (dis)umanitaria”, l'assemblea ha votato la richiesta ai 27 governi di avviare la revisione dei Trattati, per dare più poteri a Bruxelles a scapito degli Stati nazionali, anche in materia sanitaria e quindi sull'aborto. Con queste premesse, pur da antico europeista e per quel pochissimo che vale, il mio consenso non ci potrà essere.
Bisognerà prenderne atto: ormai l'Eurocamera è saldamente in mano a uno schieramento che vede, in cima ai suoi valori di riferimento, l'aborto come un totem intoccabile e indiscutibile. Qualcosa che autorizza non solo a fare incursioni negli affari interni di un altro Paese amico e alleato, ma anche ad accantonare senza tanti complimenti il principio della separazione dei poteri, che l'europeissimo barone di Montesquieu elaborò quasi tre secoli fa.
Ci sarebbe solo da chiedere agli accaniti tifosi della più assoluta libertà di sopprimere nascituri (possibilmente fino al giorno prima del parto), se ritengono l'incolumità personale, la libertà di coscienza e di espressione, come pure l'indipendenza della magistratura, principi di rango almeno pari a quello che essi propugnano con tanto zelo. Perché, in caso positivo, dovrebbero spiegare il loro totale silenzio di fronte alla marea di proteste, minacce e assalti, ai danni degli stessi componenti della Corte Usa e di innumerevoli sedi di associazioni, chiese e altri organismi dell'area pro-life.
Da oltre due mesi, infatti, da quando cioè una fuga di notizie ha anticipato a grandi linee i contenuti della sentenza che dovrebbe uscire entro fine giugno, rimettendo in discussione il rango federale del diritto all'interruzione di gravidanza, in Nordamerica si è scatenato il finimondo. Non passa quasi giorno senza che sedi religiose o associative vengano prese di mira, quando va bene a colpi di vernice o uova, ma in più di un caso da bombe molotov e altri mezzi devastanti, come è accaduto a Buffalo martedì scorso.
Buona parte di questi attacchi e incursioni sono state apertamente rivendicate da gruppi denominati “la vendetta di Jane” o “ci manda Ruth”. E su uno dei loro siti sono stati pubblicati (violando una norma federale) gli indirizzi di casa dei sei magistrati favorevoli alla revisione della sentenza “Roe v. Wade” del 1973, caposaldo dell'aborto a stelle e strisce. Cosicché, per oltre una settimana, i giudici e le loro famiglie sono stati oggetto di costanti “visite a domicilio” di folle urlanti, sia pure tenute a distanza. Da ultimo però, giovedì scorso, vicino casa di uno di loro, Brett Cavanaugh, circolava un uomo armato, per fortuna bloccato, intenzionato a “punire l'attacco all'aborto”.
Di tutto ciò la risoluzione dell'Europarlamento non fa cenno, forse ignara forse incurante. Da notare che, all'indomani di questa inedita “ingerenza (dis)umanitaria”, l'assemblea ha votato la richiesta ai 27 governi di avviare la revisione dei Trattati, per dare più poteri a Bruxelles a scapito degli Stati nazionali, anche in materia sanitaria e quindi sull'aborto. Con queste premesse, pur da antico europeista e per quel pochissimo che vale, il mio consenso non ci potrà essere.
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