“Stiamo votando per i sindaci, non per altro”: come nascondersi dietro un dito.
Quando un elettore piddino è nell’angolo e non sa come difendere la sua posizione di fronte a chi gli rimprovera il job act, l’Italicum, l’attentato in corso contro la Costituzione eccetera, si rifugia infallibilmente in un argomento: “Ma adesso stiano votando per i sindaci, a queste altre cose penseremo dal 20 giugno in poi e Renzi non c’entra”. Ed ovviamente, manco a dirlo, il miglior candidato sindaco possibile è quello del Pd, mentre quello degli altri è l’incombente sciagura. E’ uno degli espedienti più falsi e puerili che si possano immaginare.
La politica è un fatto essenzialmente nazionale e l’elettorato sceglie con criteri di schieramento, orientandosi prima di tutto su quel che ha fatto il governo e boccia o promuove un partito in base a questo criterio. E’ stato così nel 1975, quando l’elettorato premiò il Pci per punire la Dc, è stato così nel 2011 con la primavera (presto sfiorita) dei sindaci arancione che avviò il rapido declino del Cavaliere e sarà così anche questa volta.
Poi, nella decisione di votare un partito piuttosto che un altro, incidono altre ragioni come l’appartenenza ideologica, la tradizione familiare, il voto “utile”, l’iscrizione ad un partito eccetera. Da ultimo vengono la simpatia per un candidato consigliere, magari per un favore ricevuto ed a prescindere dal partito di appartenenza, l’interesse di categoria (ad esempio i taxisti che votano per chi è ostile ad uber) ecc.
Postultimo, viene il programma del sindaco per la città che nessuno si dà la briga di leggere né del candidato che vota né di quello che non vota. Provare a chiedere in giro cosa pensano Sala o Parisi sulla questione dei Navigli o sugli interventi di edilizia popolare ecc. e vedrete che non più del 5% degli interrogati dirà qualcosa di sensato. E siamo così sicuri che il candidato del Pd sia sempre preferibile a quello con cui si scontra? Voi siete sicuri che Parisi non sia meglio di Sala? Ma, mi direte, Parisi ha al seguito i razzisti della Lega, i fascisti eccetera. Cioè argomenti di tipo ideologico e di schieramento che non c’entrano nulla con il merito della scelta del sindaco.
E si pensi al merito della domanda politica degli italiani: i sondaggi dicono che le due principali preoccupazioni degli italiani sono occupazione e sicurezza, entrambi temi su cui i sindaci hanno scarsissimi poteri e che dipendono molto di più dalle scelte di governo. Dunque un voto essenzialmente politico e non amministrativo.
Se non fosse così, dovremmo assistere ad una notevole differenza fra il voto delle politiche e quello delle comunali sia nel tempo che fra città e città, oppure fra consultazione e consultazione, perché magari il partito A ha presentato un magnifico candidato sindaco, con un eccellente programma, mentre per la regione è il partito B a fare l’offerta migliore e per le politiche semmai è il partito C in queste condizioni. Ed invece, assistiamo ad una sostanziale stabilità, per cui Bologna ha sempre (salvo una eccezione in 60 anni) un sindaco di sinistra e Latina uno di destra e, se il trend di un partito è calante, calerà sia nelle politiche che nelle amministrative o nelle europee sino a quando la tendenza non si invertirà per ragioni prevalentemente connesse alla politica nazionale.
Dunque, finiamola di prenderci in giro: il voto è sempre politico e questa volta, con un referendum di quella portata in vista, lo è più delle altre.
Io capisco che a votare Pd ci sia un po’ di vergogna, ed è giusto che sia così, vergognatevi pure, capisco che sia un modo per svicolare da questioni imbarazzanti come le scelte del governo Renzi, la tempesta di avvisi di garanzia per concorso esterno in associazione mafiosa, il referendum eccetera. Ma è come nascondersi dietro un dito: serve a poco.
E lo chiarisce bene in questi giorni Massimo D’Alema che si dice pronto a votare la Raggi per cacciare Renzi. Sono stato a lungo (direi sempre) un critico di D’Alema per il quale mai ho provato simpatia, ma oggi mi sento di gridare : “FORZA MASSIMO!!!”
Aldo Giannuli
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