Vincere con il magone. E insegnamenti elettorali per chi vuole
20 giugno 2016. 2016
Elezioni. E’ andata più o meno come si prevedeva. Ma con qualche cambio in corsa e qualche “particolare” da non trascurare. A Torino Fassino è stato sconfitto oltre l’immaginato, altro che testa a testa. Eppure era il migliore dei candidati sindaci Pd. Il vento della storia, certo; ma anche la dimostrazione che se il centrosinistra va al ballottaggio con il M5S perde o addirittura viene schiantato. Lo dice Torino, lo ripete Roma. Chissà se almeno per questo, visto che le più nobili ragioni della democrazia finora non sono bastate, si butterà nel cestino il cosiddetto “Italicum” (che sarebbe più corretto ribattezzare “Meum”). A Bologna la rivale di Merola è arrivata al 45 per cento pur essendo della Lega. Fosse andato al ballottaggio il 5stelle (e ci stava), avrebbe funzionato lo stesso meccanismo, e anche Bologna sarebbe andata ko. Napoli: De Magistris ha stravinto, ma se a Napoli non va a votare nemmeno un terzo degli elettori, c’è una ferita della democrazia. Non la si vede, perché era successo qualcosa di (quasi) simile nelle elezioni regionali in Emilia. Ma è una notizia importantissima. Milano: siamo stati messi nella condizione di scegliere se astenerci e dare una lezione a un partito incosciente e presuntuoso che ha inflitto alla città una scelta dall’alto e poi ha campato (e nemmeno troppo bene) sull’ideologia del “meno peggio”, su “è la giunta che conta”; oppure difendere il più possibile la città dal ritorno dei bersagli sociali, rom o siriani che fossero, e dal ritorno dell’allergia per l’antimafia civile e amministrativa.
Così ha vinto Sala, e Dio ci scampi dalla tronfia rivendicazione di un “modello Milano” che stava portando al disastro e a cui in tanti hanno cercato di rimediare nell’interesse generale. Per questo non riesco a gioire. Perché non sarà autocritica ma sarà, più di prima, la sindrome di Superbone.
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