domenica 28 agosto 2022
All’università di Parigi non vogliono “uomini che si sentono uomini” nei corridoi
Canada, oltre 10 mila morti con l’eutanasia in un anno. In 1.740 soffrivano di solitudine
Terzo rapporto sul Maid, il primo dall'approvazione della legge che ha eliminato il requisito di una “morte naturale prevedibile”. «Abbiamo bisogno di una comunità che si prenda cura delle persone, non che le uccida»
L’eutanasia non si nega più a nessuno
Ebbene nel 2021 non solo sono aumentate ancora le eutanasie e richieste scritte (12.286, il 27,7 per cento in più rispetto a quelle dell’anno prima). Ma oltre l’81 per cento di queste è andata “a buon fine”. Altro che seimila e rotti: al netto di chi ha ritirato la domanda o è morto prima, solo il 4 per cento dei richiedenti non è stato ritenuto idoneo a ricevere il Maid.
sabato 27 agosto 2022
Il Terzo Polo non è il centro, ma è la simil sinistra. Una patacca rosè
Risposta garbata a lettori “azionisti” e risposte sgarbate a lettori bigotti. Amicizia e botte
Da cattolico, capisco che non si possano auspicare orientamenti ecclesiali basati su logiche di schieramento, ma se la Chiesa non tifa, non penso neppure che possa dirsi neutrale di fronte a differenti opzioni su quelli che Benedetto XVI era solito chiamare “valori non negoziabili” e che per me sono ancora di estrema attualità, dirimenti ai fini dell’espressione del consenso.
Chi mi propone la liberalizzazione delle droghe, chi mi prospetta l’esistenza di una famiglia non più fondata sull’eterosessualità dei componenti la coppia e ipotizza sedicenti matrimoni egualitari pretendendo di normare in modo uguale situazioni diverse, chi mi apre a ipotesi di normative di stampo eutanasico sul fine vita non può avere il mio consenso, e pertanto anche in occasione di questa tornata elettorale il mio voto andrà al centrodestra che reputo più vicino ai miei convincimenti, non solo per le proposte che formula per affrontare e possibilmente risolvere i problemi reali del paese, ma anche per la consapevolezza che mi offre la salvaguardia del patrimonio valoriale in cui credo.
Stati Uniti. Trump va affrontato nelle urne, non in tribunale
Non era mai successo prima che l'Fbi perquisisse la casa di un ex presidente Usa. L'obiettivo è impedire al tycoon di ricandidarsi nel 2024. Ma la guida del paese la devono decidere i cittadini, non i giudici
È da quando ha trionfato su Hillary Clinton che i progressisti cercano di far fuori Trump per via giudiziaria. Hanno tentato la strada dell’impeachment in ogni modo conosciuto e ancora non si sono arresi. Dopo averlo accusato di essere malato di mente, di aver vinto le elezioni grazie ai fantomatici hacker russi, di aver tentato di manipolare illegalmente il risultato elettorale e di aver incitato il popolo americano alla rivolta – accuse in parte palesemente false, in parte tanto esagerate quanto indimostrabili – ora vogliono escluderlo dalla competizione elettorale per una legge che quasi certamente è inservibile.
Non sono i giudici a dover stabilire chi sarà il prossimo presidente degli Stati Uniti, ma gli americani. I democratici dovrebbero farsene una ragione e, piuttosto, impedire a Joe Biden di ricandidarsi.
venerdì 26 agosto 2022
Meeting. I fischi a Letta e gli applausi a Lupi e Meloni
Record del segretario del Pd. Di Maio draghiano e Conte a casa. Voti (ironici) ai leader politici che hanno parlato a Rimini
Non si può più dire niente? L’alternativa tra condannare e condonare
Negli atenei britannici si leggono Shakespeare e Chaucer con "l'avvertenza" che possono turbare. Ma la cancel culture non è solo una questione di libertà di parola
giovedì 25 agosto 2022
Al livello giusto della nostra umanità. Anche in questa occasione elettorale
Non voteremo turandoci il naso, ma respirando a pieni polmoni il nostro ideale. Una questione di metodo con quattro punti imprescindibili
L’antirazzismo di Minneapolis: licenziare gli insegnanti bianchi per primi, assumerli per ultimi
L'ultima trovata per sradicare il privilegio bianco nelle scuole arriva dal Minnesota: in caso di tagli (o turnover) verranno garantiti i posti degli “educatori di colore". È anticostituzionale ma la chiamano "equità"
Cosa significa equità? A Minneapolis significa “licenziare per primi i bianchi e assumerli per ultimi”. Il nuovo capitolo sui tentativi di sradicare il “privilegio bianco” in America è stato scritto dal sindacato degli insegnanti: l’accordo raggiunto col distretto scolastico di Minneapolis per porre fine all’ondata di scioperi della scorsa primavera prevede infatti che in caso di tagli del personale o turnover vengano ora tutelati, ora privilegiati gli “educatori di colore” e i membri “della popolazione sottorappresentata”. In pratica l’accordo rovescia il criterio dell’anzianità alla base del ricambio scolastico per introdurre nelle scuole pubbliche del distretto il criterio della razza.
A partire dalla primavera del 2023 gli insegnanti di colore potranno infatti essere esentati da licenziamenti e “cassa integrazione”, e godranno di una corsia preferenziale qualora numero di iscrizioni e finanziamenti consentiranno di ripristinare i posti sospesi o reclutare nuovo personale. In particolare verranno tutelati dalla perdita del posto di lavoro gli insegnanti di 15 scuole considerate ad alto tasso di povertà.
Pareggiare i conti licenziando i bianchi
Questo perché, in un distretto che nell’ultimo decennio è diventato meta di diverse ondate di immigrazione, «gli studenti hanno bisogno di potersi relazionare con educatori simili a loro». Secondo lo Star Tribune, a fronte di una popolazione scolastica che per oltre il 60 per cento è composta da studenti non bianchi, solo il 16 per cento degli insegnanti di ruolo e il 27 per cento di quelli in prova è composto da insegnanti “non bianchi”. E a causa dei tagli dovuti alla perdita di iscrizioni, e del criterio “dell’anzianità”, cinquanta insegnati di colore perderanno il loro posto questo autunno.
Per sindacato e istituzioni la nuova direttiva è dunque assolutamente giustificata visti i frutti delle precedenti politiche discriminatorie che che hanno evidentemente portato a un numero “sproporzionato” di assunzioni di insegnanti bianchi e a “mancanza di diversità” nell’organico.
Una trovata anticostituzionale
Secondo James Dickey, legale dell’Upper Midwest Law Center (Umlc), l’introduzione di una “componente razziale” in un contratto sindacale viola invece sia la costituzione del Minnesota che quella degli Stati Uniti, «discrimina apertamente gli insegnanti bianchi in base solo al colore della loro pelle e non alla loro anzianità o al merito». Anche il costituzionalista Hans Bader, richiamando 9 casi giudiziari e precedenti sentenze della Corte d’appello (Taxman v. Board of Education of Piscataway), ma anche della Corte Suprema (Wygant v. Jackson Board of Education) trova il provvedimento del tutto incostituzionale: «Nessun distretto scolastico può licenziare insegnanti bianchi per rimediare alla discriminazione sociale contro i neri».
Secondo i giuristi quello della razza non può diventare un criterio per pareggiare i conti, per decidere chi licenziare e nemmeno per promuovere la diversità a spese di altri individui, ma per il sindacato si tratta di una grande idea: «Può diventare un modello nazionale, le scuole di altri stati stanno già cercando di emularci – sostiene Edward Barlow, nel cda della Minneapolis Federation of Teachers -, un enorme passo avanti per conservare il posto degli insegnanti di colore».
Purgare il razzismo tra i banchi
Il provvedimento suona come l’ennesimo tentativo di purga antirazzista condotta tra i banchi dell’America woke. Un anno fa il Board of Education di San Francisco aveva deciso infatti di rinominare 44 istituti, un terzo delle scuole della città. Cioè tutte quelle che prendevano il nome da chiunque sia stato o abbia avuto a che fare con colonizzatori o proprietari di schiavi, colpevoli di abusi verso le donne, i bambini o gli Lgbt, violatori dei diritti umani o dell’ambiente, razzisti, suprematisti bianchi eccetera.
Durante la pandemia, a Evanston, nell’Illinois, il sovrintendente scolastico aveva deciso che solo gli studenti “neri, marroni e Lgbtq” avrebbero potuto accedere in autunno all’istruzione in presenza: agli altri, cioè bianchi, asiatici, cisgender e etero, sarebbe stato negato l’accesso ai campus e impartita didattica a distanza. Sempre in California, ma anche in Oregon e Georgia, la matematica è diventata nelle scuole pubbliche “strumento di giustizia sociale”: troppi i bianchi e gli asiatici ad avere successo in questa materia, ridurre o eliminare i corsi di alto livello per gli studenti più dotati è diventata la soluzione per favorire anche i neri. A New York l’antirazzismo fondato sull’assunto che “bianchezza rima con colpevolezza” ha portato a una vera e propria caccia alle streghe tra i banchi, trascinando le scuole nel caos più completo.
Il nuovo razzismo degli antirazzisti
«Non dovrebbe essere difficile capire che risolvere il vecchio razzismo con un nuovo razzismo produrrà solo più razzismo. La giustizia non può mai essere ottenuta cambiando le carte in tavola», scriveva Bret Stephens sul New York Times commentando tre casi: quello del sindaco di Chicago, Lori Lightfoot, nera e lesbica che concede interviste soltanto a “giornalisti Poc”, cioè di colore, per ristabilire “l’equità” in una sala stampa dominata da giornalisti bianchi; della Stanford University che obbliga i dipendenti a partecipare a “gruppi di affinità” distinti e basati sulla razza per riflettere sui propri pregiudizi culturali; quello dell’amministrazione Biden che nell’ambito dell’American Rescue Plan stanzia fondi per aiutare solo agricoltori neri, indiani, ispanici o asiatici.
Tre casi di “equità” in salsa woke: «Il nuovo razzismo verso i bianchi nel nome dell’antirazzismo, la discriminazione nel nome dell’equità e i favoritismi nel nome della pari competizione, è degno di Orwell». Al momento sembra che nessun bianco entusiasta dell’accordo sindacale si sia offerto volontario per finire tra i primi licenziati alle scuole pubbliche di Minneapolis.
mercoledì 24 agosto 2022
segue dal post precedente
I desiderata del cattolico Letta
Su questo don Luigi Giussani aveva anticipato i tempi, il suo movimento ecclesiale (allora Gioventù Studentesca) rappresentava una possibile soluzione della questione che il Concilio Vaticano II avrebbe tematizzato. Ma la vicenda del mondo cattolico post-conciliare, com’è noto, non si esaurisce nella fioritura di Gioventù Studentesca/Comunione e Liberazione e degli altri movimenti ecclesiali. Per molti cattolici l’impegno post-conciliare non è consistito in una valorizzazione critica della modernità, ma piuttosto in un cedimento alle sue sirene, che a quel tempo consistevano nell’illusione che il Regno di Dio potesse essere costruito dall’uomo stesso e in questo mondo.
E non si è trattato di una vicenda puramente intraecclesiale, ma di sommovimenti tettonici che hanno investito l’intera società italiana, perché, come dice don Massimo Camisasca nell’intervista che appare in questo mese su Tempi, «L’Italia è un paese di lunga tradizione cristiana. Ciò che accade nella Chiesa prima o poi influisce fortemente sulla vita sociale e viceversa, perché la Chiesa vive dentro la realtà storica che vivono tutti».
Terroristi rossi e ferventi cattolici
Come scriveva l’allora card. Joseph Ratzinger nel 1991:
«Il processo di formazione del terrorismo italiano dei primi anni ‘70 rimane incomprensibile se si prescinde dalle crisi e dai fermenti interni al cattolicesimo postconciliare. Anche se la fede nell’aldilà era venuta meno o comunque diventata irrilevante, l’unità di misura dell’attesa ultraterrena non venne abbandonata, bensì posta ora in relazione al mondo presente».
Matrimonio gay e cannabis
Quei tempi sono conclusi, e oggi le speranze degli uomini che non hanno più la Speranza non si concentrano sulla politica, ma sulla tecnologia. Nessuno crede più nella società perfetta perché è venuta meno la fede secolare (dopo quella religiosa) nel senso della storia; moltissimi attendono dalla tecnologia la possibilità di realizzare i personali desideri di onnipotenza, da conciliare per quanto possibile con quelli altrui. In questa ottica l’istituzione del matrimonio omosessuale rappresenta l’istanza più esemplare dell’uomo che si sostituisce impazientemente a Dio, che denuncia l’imperfezione del progetto divino e vi pone riparo; rappresenta l’antiCreazione per eccellenza: la natura, la corporeità, i sessi non comunicano più un senso di cui l’essere umano deve prendersi cura; li può riscrivere, rimaneggiare, ricreare in base a umani ideali di uguaglianza, varietà, creatività, edonismo, ecc. Ma di questo abbiamo già scritto tante volte.
Più intrigante è cercare di capire perché al giorno d’oggi i cosiddetti progressisti (termine anacronistico in epoca di nichilismo, ma si sa che i cattolici che si piccano di essere “conciliari” e che votano a sinistra sono sempre in ritardo sui tempi) attribuiscano tanta importanza alla legalizzazione della cannabis. Certo, sono consapevoli che si tratta della sostanza psicotropa proibita più consumata nel mondo, perciò la cinica ricerca di bacini elettorali certamente li muove. Ma non si tratta solo di ciò. Anche in questo caso ci viene in soccorso il card. Ratzinger, che nel lontano 1987 scriveva:
«Il “grande viaggio”, che gli uomini ricercano nella droga, è la forma pervertita della mistica, il pervertimento dell’aspirazione umana all’infinito, il rifiuto dell’insuperabilità dell’immanenza e il tentativo di oltrepassare le barriere della propria esistenza in direzione dell’infinito. L’umile e paziente avventura dell’ascesi, che a piccoli passi verso l’alto s’avvicina al Dio che si china verso di noi, viene sostituita dal potere magico, dalla magia rivelatrice della droga; l’itinerario morale e religioso dall’applicazione della tecnica. La droga è la pseudo-mistica di un mondo che non crede,
ma che tuttavia non può scuotersi di dosso la tensione dell’anima verso il paradiso».
L’epoca della disillusione
La post-modernità è l’epoca della disillusione: disillusione rispetto alle ambizioni della modernità, disillusione rispetto alle promesse della Fede. In qualche modo occorre colmare il vuoto del cuore inquieto dell’uomo, che non può rinunciare ad aspirare alla felicità. La cannabis legale, insieme ai prodotti dell’industria dell’intrattenimento, è la risposta che una classe politica profondamente immorale dà agli esseri umani assetati di senso.
Per tenerli buoni, per farli regredire a una condizione infantile nella quale mamma Stato e papà Mercato si occupano in tutto e per tutto di loro. In attesa che tirino le cuoia.
Foto Ansa
Nessun paradosso nel cattolico Letta che sogna la cannabis e il matrimonio gay
Il segretario del Pd sposa riforme che rappresentano il ribaltamento dell’antropologia cristiana. Un altro atto del dramma che i cattolici vivono dai giorni del Concilio Vaticano II e del Sessantotto
Ad annunciare che matrimonio omosessuale e cannabis libera sono punti qualificanti del programma del partito che attraverso varie incarnazioni più a lungo ha governato negli anni della Seconda Repubblica (6.323 giorni su 10.324, cioè il 61,2 per cento di tutto il tempo, secondo i calcoli di Renzo Puccetti), è stato un leader politico proveniente dalle file degli studenti di Azione Cattolica.
martedì 23 agosto 2022
L’euro sotto la parità col dollaro: non accadeva da 20 anni
Elezioni: Letta a Meloni, 'devianze? forza società data da ricchezza diversità'
"Evviva le devianze": Letta parla (ma non sa quel che dice)
Contro le devianze come droghe, alcol e tabacco, sempre più presenti della vita dei giovanissimi, la Meloni propone lo sport. La replica choc di Letta
...
Il discorso di Giorgia Meloni è stato mistificato ad arte dalla compagine politica avversaria, al punto che Enrico Letta, probabilmente senza aver ascoltato il video, o capito che le devianze alle quali si riferisce la leader di Fratelli d'Italia sono la droga, l'alcol e il tabacco, ha dichiarato: "Evviva le devianze, la forza delle società è data dalla ricchezza delle diversità". È evidente che Enrico Letta abbia utilizzato la parola "devianze" per lasciar intendere che Giorgia Meloni voglia sradicare le diversità dei giovani e, non, com'è chiaro dal video, sradicare l'illegalità e gli eccessi. Sono parole da brividi quelle di Enrico Letta: "Lo dico con grande forza: evviva le devianze, la ricchezza della diversità che rende la nostra società creativa, geniale e moderna". Viene davvero da sperare che Enrico Letta non abbia visto il video o gli abbiano riferito il discorso della Meloni solo a metà, perché nel caso contrario, che lui inneggi alle "devianze" come le ha intese la leader di Fratelli d'Italia, appare piuttosto grave.
lunedì 22 agosto 2022
Le cifre. Milano capitale delle multe, ma due paesini sono da record
venerdì 19 agosto 2022
Stati Uniti. Trump: "negli Usa c'è una rabbia tremenda"
giovedì 18 agosto 2022
Orari apertura dell'Ufficio Elettorale per presentazione candidature
Piero Angela insegna anche da morto...
"Questione di ormoni"
La locuzione leggi fascistissime[1], o leggi eccezionali del fascismo[2], identifica una serie di norme giuridiche, emanate tra il 1925 e il 1926, che iniziarono la trasformazione dell'ordinamento giuridico del Regno d'Italia nel regime fascista[3].
Il compimento, ancorché parziale, di tale processo sarebbe avvenuto, però, soltanto nel 1939 quando, pur senza mutare direttamente gli articoli interessati dello Statuto del Regno, la Camera dei deputati sarà sostituita dalla Camera dei fasci e delle corporazioni, la cui composizione e la portata reale dei poteri ne escluderanno i caratteri di effettiva titolarità della rappresentanza nazionale e di co-titolarità, condivisa con il re e con il Senato, del potere legislativo[4].
- 1.1 Dal "Presidente del Consiglio" al "Capo del Governo"
- 1.2La legge sulla stampa e l'abolizione del diritto di sciopero
- 1.3La "costituzionalizzazione" del Gran consiglio
- 1.4Il Tribunale speciale per la difesa dello Stato
L’Italia che si deve sognare. Entrerei in politica, se... (Sì alla vita, no alla paura)
Caro direttore,
sono un comune cittadino. Guardo anch’io, come tutti, alla politica con un certo sospetto: in parte sembra un gioco, a volte un imbroglio, a tratti invece un compito difficilissimo, quasi impossibile. Mi perdo tra alleanze, cartelli elettorali, programmi di schieramento e programmi identitari. E provo la tentazione di scappare. Poi penso alle parole di Paolo VI, il mite e ragionevole Papa del 'messaggio agli artisti', che tanto amo, che diceva: «La politica è la più alta forma di carità». L’appello non mi lascia insensibile. Perciò evito il piano inclinato del cinismo e del disinteresse autogiustificato e provo a pormi la questione: entrerei in politica? Mi candiderei? Porterei avanti, insieme ad altri, una serie di proposte che, se non ci fossimo noi, non avrebbero rappresentanza?
La risposta, direttore, l’ho letta spesso e in vario modo anche sulle pagine di questo giornale,. ma viene prima di tutto dalla mia coscienza, sempre in dialogo con la realtà. Ed è chiara: entrerei in politica, se il manifesto del mio partito o movimento fosse il 'manifesto della vita'. Segnalo subito i capisaldi di un 'programma per la vita' da svolgere nell’arco di una legislatura: no all’aborto, no all’eutanasia, no alla guerra e no alla cultura dell’indifferenza e del respingimento. I 'sì' sono altrettanto netti: si all’effettivo adempimento dell’articolo 27 della Costituzione («…L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato»); sì a una difesa attiva del bene della vita e della sua qualità in ogni circostanza e in ogni condizione; sì alla difesa di tutto ciò che è bene comune, a cominciare dalla vita del nostro pianeta che è «casa comune dell’umanità»; sì a un’economia che non guardi solo all’incremento costante della produzione e dello scambio di beni, a discapito della qualità della vita e a vantaggio di pochi.
Dunque la parola fondamentale di un programma sul quale sarei pronto a mettere la mia faccia (e a perderla, eventualmente) è sempre una: la vita. Immagino già qualcuno che, leggendo queste righe, alza il sopracciglio e sussurra: «Sì, bravo. Ma ci sono ben altri problemi. E anche per raggiungere i tuoi obiettivi servono mediazioni, scelte di struttura e di sistema, risorse. E poi bisogna evitare l’estremizzarsi di tensioni sociali, di ingiustizie. E poi bisogna pensare al pluralismo ideologico e ai diritti di tutti. E poi…». Mi perdo di nuovo, ma vorrei provare a difendere la sensatezza – come minimo – delle proposte di un 'manifesto per la vita'.
Cominciamo dall’aborto. Nel vasto panorama dei problemi del Paese, è solo un dettaglio, per quanto importante? No: il ricorso all’aborto esprime sempre una resa, una rinuncia. Esprime uno spirito carico di pessimismo nei confronti del futuro. Considerare normale che ci siano 'situazioni' in cui una vita umana unica e originale possa essere sacrificata getta un’ombra raggelante su qualsiasi altra scelta politica. Al contrario: una società che si dia cultura e soprattutto mezzi concreti per sostenere sempre ed efficacemente la gravidanza e la nascita di un essere umano significa riplasmare una comunità nel profondo. E non posso, in questo breve spazio, approfondire il fatto che una vera lotta contro l’aborto porterebbe con sé altrettanto impegno a favore della qualità della vita di tutti gli indifesi e i deboli: portatori di handicap, anziani, inabili al lavoro, sofferenti per disturbi psichici, giovani in cerca di nutrimento contro la povertà educativa che soffoca le loro speranze. Passiamo all’eutanasia. Senza alcuna esaltazione del 'dolore come vocazione eroica a una qualche purificazione cosmica…', una società che si prenda davvero cura del morente, con tutti i mezzi adeguati, non avrebbe alcun bisogno, anche qui, di arrendersi all’inevitabile… accelerandolo. Non accetterebbe che ci siano persone che si sentono già 'morte' nel momento in cui temono di essere un peso per gli altri, invece che persone che si possono amare e che possono godere dell’amore fino all’ultimo.
E la guerra? Introdurre in politica estera una logica che finalmente superi la competizione che porta con sé la paura (spesso alimentata dalla paranoia nazionalista) di 'perdersi' nel possibile mondo di una globalizzazione come fratellanza universale… mi sembra un enorme progresso. Altro che 'scelta atlantica', altro che 'eurasismo', altro che 'confini naturali della nazione', altro che 'vocazione identitaria', altro che 'difesa dei legittimi interessi'… E noi italiani, cittadini del mondo (amati, nel mondo) con speciale vocazione all’apertura e allo stimolo di ogni ricerca del bello, del vero e del bene (buono compreso), di questa politica estera dovremmo diventare maestri a livello planetario.
Infine, l’accoglienza, di tutti, a cominciare da chi più ha bisogni. Ripartire dall’idea che l’immigrazione è una eccezionale opportunità economica, che va sostenuta, regolata, resa possibile con dignità ed entro regole (umane) certe, significa smettere di basare tutta la politica sulla paura.
Sì alla vita. No alla paura.
Per questo entrerei in politica.
mercoledì 17 agosto 2022
Il ricordo. Aletti, una vita contro l’aborto. Fece esplodere il caso Mangiagalli
Più che ginecologo di trincea, a lungo docente nella Seconda clinica di Ostetricia e ginecologia dell’Università di Milano, Leandro "Leo" Aletti, scomparso l’altro ieri, 15 agosto, a 77 anni, era un combattente per la vita, un militante senza incertezze e senza paura, pronto a schierarsi in ogni momento a fianco di quello che madre Teresa di Calcutta definiva «il più povero tra i poveri», il nascituro.
Una battaglia che ha condotto fino all’ultimo respiro sulla base delle sue salde conoscenze scientifiche ma, soprattutto, sulle sue ancora più profonde convinzioni umane, etiche, dottrinali, di fede, ragioni radicate nella sua lieta devozione mariana. Ora, sarà certamente un caso che il Signore l’abbia chiamato a sé proprio il giorno dell’Assunzione di Maria. Oppure no. Ma è certo che se si potesse scegliere il giorno in cui congedarsi da questa vita, Aletti avrebbe senza alcun dubbio indicato proprio la ricorrenza dell’Assunta.
...
Le ragazze dagli ovuli d’oro
CONSIGLIO LAA LETTURA DELL'ARTICOLO SOLO A VISITATORI ADULTI https://www.tempi.it/le-ragazze-dagli-ovuli-doro/ Di Caterina Giojelli 12 ...
-
La sclerosi multipla non ferma le gemelle Laviai e Lina Nielsen ai Giochi di Parigi, con tanto di medaglia di Giampaolo Mattei «Dieci anni f...
-
RIPUBBLICO AGGIORNANDOLO UN ARTICOLO GIA' POSTATO IL 19 NOVEMBRE, MA ANCORA ATTUALE... E' DIFFICILE ORIZZONTARSI IN MEZZO A TUTTI Q...
-
Come credo molti già sappiate, venerdì scorso è morto Jacopo Bini Smaghi. Non voglio aggiungere parole a chi meglio di me ha saputo descriv...