Di Matteo
Matzuzzi
22
Aprile 2025
Più
volte il Pontefice ha messo in guardia dalle teorie che vogliono
distruggere la famiglia, i rapporti e la vita: «Quando entrano
nell’educazione fanno una strage», sono «una bestemmia contro il
Dio creatore»
«Stiamo
attenti alle nuove colonizzazioni ideologiche. Esistono
colonizzazioni ideologiche che cercano di distruggere la famiglia.
Non nascono dal sogno, dalla preghiera, dall’incontro con Dio,
dalla missione che Dio ci dà, vengono da fuori e per questo dico che
sono colonizzazioni. Non perdiamo la libertà della missione che Dio
ci dà, la missione della famiglia. E così come i nostri popoli, in
un momento della loro storia, arrivarono alla maturità di dire “no”
a qualsiasi colonizzazione politica, come famiglie dobbiamo essere
molto molto sagaci, molto abili, molto forti, per dire “no” a
qualsiasi tentativo di colonizzazione ideologica della famiglia, e
chiedere a san Giuseppe, che è amico dell’Angelo, che ci mandi
l’ispirazione di sapere quando possiamo dire “sì” e quando
dobbiamo dire “no”».
Papa
Francesco era stato eletto solo due anni prima e nel corso del suo
viaggio nelle Filippine e in Sri Lanka del 2015 ammonì su quelle che
definì «colonizzazioni ideologiche». Concetto chiaro ma allora
poco approfondito, soprattutto da quel mondo mediatico e
intellettuale che di Jorge Mario Bergoglio salvava solo le aperture
alla galassia lgbtq+ e il suo afflato riformatore, scambiandolo per
un nostalgico giacobinismo rivoluzionario.
Il
tema delle colonizzazioni ideologiche ricorrerà di frequente nel
pontificato, all’interno di omelie, discorsi ufficiali e frasi
pronunciate a braccio. Al centro di tutto la convinzione di Francesco
che «la crisi della famiglia è una realtà sociale. Poi ci sono le
colonizzazioni ideologiche sulle famiglie, modalità e proposte che
ci sono in Europa e vengono anche da Oltreoceano. Poi quello sbaglio
della mente umana che è la teoria del gender, che crea tanta
confusione. Così la famiglia è sotto attacco. Come si può fare,
con la secolarizzazione che è attiva? Come si può fare con queste
colonizzazioni ideologiche? Come si può fare con una cultura che non
considera la famiglia, dove si preferisce non sposarsi? Io non ho la
ricetta».
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Una
bestemmia contro Dio
Una
chiamata alle armi, la sua, corroborata da un lessico tutt’altro
che politicamente corretto – analogo uso di parole forti e poco
consuete per il ruolo petrino lo s’è visto nella campagna contro
il gender, altra manifestazione del Male nella predicazione
bergogliana: «Oggi – disse a Tbilisi nel 2016 – ci sono
colonizzazioni ideologiche che distruggono, ma non si distrugge con
le armi, si distrugge con le idee. Pertanto, bisogna difendersi dalle
colonizzazioni ideologiche». Una via, questa, «nefasta», perché
le colonizzazioni ideologiche – che «distruggono la personalità
umana e quando entrano nell’educazione fanno delle stragi» –
«eliminano le differenze, come nel caso della cosiddetta cultura
gender o antepongono alla realtà della vita concetti riduttivi di
libertà, ad esempio vantando come conquista un insensato “diritto
all’aborto”, che è sempre una tragica sconfitta».
Non
era solo uno slogan, non era un intercalare in discorsi più ampi:
tutt’altro. Francesco ha formulato una sorta di vademecum per non
cadere nella tentazione di sposare – o quantomeno abbracciare –
tali impostazioni ideologiche. In una delle più celebri omelie
pronunciate nella cappella di Santa Marta, nel 2017, affermò infatti
che «le colonizzazioni ideologiche e culturali
guardano soltanto il presente, rinnegano il passato e non guardano il
futuro: vivono nel momento, non nel tempo, e per questo non possono
prometterci niente. E con questo atteggiamento di fare tutti uguali e
cancellare le differente commettono, fanno il peccato bruttissimo di
bestemmia contro il Dio creatore. Perciò, ogni volta che arriva una
colonizzazione culturale e ideologica si pecca contro Dio creatore
perché si vuole cambiare la creazione come l’ha fatta lui»
Eliminare
le differenze
Parole
al vento, considerato quanta poca eco abbiano avuto ogni volta
che il Papa le ha pronunciate. Da ultimo, a gennaio, nel corso di uno
dei discorsi più importanti dell’anno, quello al Corpo diplomatico
accreditato presso la Santa Sede.
In
tale circostanze, Francesco chiarì che «risulta particolarmente
preoccupante il tentativo di strumentalizzare i documenti
multilaterali – cambiando il significato dei termini o
reinterpretando unilateralmente il contenuto dei trattati sui diritti
umani – per portare avanti ideologie che dividono, che calpestano i
valori e la fede dei popoli. Si tratta infatti di una vera
colonizzazione ideologica che, secondo programmi studiati a tavolino,
tenta di sradicare le tradizioni, la storia e i legami religiosi dei
popoli. Si tratta di una mentalità che, presumendo di aver
superato quelle che considera “le pagine buie della storia”, fa
spazio alla cancel culture; non tollera differenze e si
concentra sui diritti degli individui, trascurando i doveri nei
riguardi degli altri, in particolare dei più deboli e fragili. In
tale contesto è inaccettabile, ad esempio, parlare di un cosiddetto
“diritto all’aborto” che contraddice i diritti umani, in
particolare il diritto alla vita. Tutta la vita va protetta, in ogni
suo momento, dal concepimento alla morte naturale, perché nessun
bambino è un errore o è colpevole di esistere, così come nessun
anziano o malato può essere privato di speranza e scartato».
Quasi
un compendio finale di un pontificato che su questo terreno ha
battuto parecchio, nella distrazione pressoché totale.