Mangiare insetti non fa parte della nostra tradizione alimentare?
Coldiretti, per esempio, sostiene che “l’arrivo sulle tavole degli insetti solleva dei precisi interrogativi di carattere sanitario e salutistico ai quali è necessario dare risposte” perché “la maggior parte dei nuovi prodotti proviene da Paesi extra UE, come il Vietnam, la Thailandia o la Cina, da anni ai vertici delle classifiche per numero di allarmi alimentari”. Mentre il ministro Matteo Salvini precisa che “se qualcuno in Europa ha piacere a mangiare insetti faccia pure, per i miei figli preferisco i sapori e i profumi della nostra terra e li difendo” e che si opporrà “con ogni mezzo e in ogni sede, a questa follia che arricchirebbe qualche multinazionale e impoverirebbe la nostra agricoltura e la nostra cultura”.
Allora, prima di tutto, chiariamo subito che gli insetti a tavola non sono una novità. Certo, fino a oggi nel nostro Paese non sono mai stati consumati su larga scala, però la storia del consumo di insetti è vecchia quanto la tradizione della cucina italiana. L’esempio più celebre, come già ricordato da più parti, è il “casu marzu”, tipico della Sardegna e della Corsica, che, come ci insegna Wikipedia, è un formaggio caprino che viene colonizzato dalle larve di una mosca detta, appunto, casearia: la Piophila casei. Non sono solo i sardi, però, a consumare il formaggio con “i vermi”: ce ne sono almeno dieci diversi tipi in tutta Italia. Uno in particolare, il furmai nis, lo conoscevo anch’io perché proviene da Piacenza, non lontana dalla mia città natale.
In Francia poi, conosciuta in tutto il mondo per i suoi formaggi pregiati, e più precisamente nella regione di Velay, viene prodotto l’omonimo formaggio dal caratteristico colore ambrato, che gli viene conferito da una particolare specie di acari che colonizzano la forma durante la stagionatura. Infine, in pochi sanno che uno degli additivi alimentari comunemente usati nell’industria dolciaria (denominato E120), è derivato dagli insetti. L’E120 infatti è prodotto macinando l’esoscheletro delle cocciniglie (Dactylopius coccus), da cui poi si estrae l’acido carminico che ha, appunto, un colore rosso carminio. Proprio perché non è necessario un processo di sintesi, questo colorante veniva usato già dagli Aztechi. Insomma, il consumo degli insetti ad uso alimentare non è proprio una novità assoluta. Non solo, ma il consumo di insetti fa da sempre parte della tradizione alimentare della nostra penisola.
Mangiare insetti è pericoloso per la salute?
Veniamo quindi a parlare della presunta pericolosità degli insetti, sia in quanto tali, che in quanto provenienti da Paesi che sono “da anni ai vertici delle classifiche per numero di allarmi alimentari”, come ci ha spiegato Coldiretti. Una breve lista di prodotti alimentari che provengono dalla Cina, secondo quanto riporta la Gazzetta del Mezzogiorno, sempre citando Coldiretti: “260 milioni di euro di ortaggi, 18 milioni di pesci, molluschi e crostacei, 14 di piante medicinali e 6 milioni di aglio”. Mi limiterò a dire che nessuno di questi prodotti genera lo scalpore degli insetti.
Ma veniamo alla loro presunta pericolosità. Su questo tema l’autorità di riferimento è l’EFSA, l’Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare, che ha stabilito come la farina di grilli sia completamente sicura per il consumo umano nel marzo 2022 (per approfondimenti, potete visitare il sito a questo link). L’anno precedente, anche le tarme della farina (Alphitobius diaperinus) erano state dichiarate sicure per l’alimentazione umana. Il rischio per la salute c’è, ma riguarda soprattutto gli allergeni presenti nella farina di insetti, per cui le persone allergiche ai crostacei potrebbero incorrere in reazioni anche gravi. Già, perché gli insetti appartengono a un raggruppamento chiamato artropodi, di cui fanno parte anche i millepiedi, gli aracnidi e, appunti, i crostacei, tutti accomunati dall’avere un esoscheletro di chitina. Per questo motivo chi è allergico ai crostacei di solito è anche allergico agli insetti. Questo ci fa capire come, in realtà, l’avversione nei confronti degli insetti ad uso alimentare sia soprattutto culturale, visto che invece consideriamo un cibo prelibato granchi e aragoste, che sono i loro “cugini di secondo grado”. Secondo la FAO, inoltre, gli insetti presenterebbero meno rischi di zoonosi rispetto ad animali come polli e mammiferi: in pratica c’è meno rischio che ci passino virus e malattie e ormai sappiamo molto bene che questo rischio è tutt’altro che remoto.
Perché dovremmo mangiare insetti?
Bene quindi, gli insetti sono da sempre consumati sulle nostre tavole e non presentano rischi per la salute, o, perlomeno, così è per le specie che sono state autorizzate dal’EFSA. Detto ciò, perché dovremmo consumarli? L’argomento è vastissimo, ma in poche parole, gli insetti rappresentano un’alternativa sostenibile e più salutare alle proteine di origine animale, sia per l’alimentazione umana che animale. Per capire meglio cosa intendiamo, però, bisogna introdurre brevemente il concetto di indice di conversione. In poche parole, quando un animale (mettiamo, una vacca) mangia 10 kg di mangime, una parte viene trasformata in carne, che poi noi possiamo mangiare, ma il resto viene perso in energia metabolica e scarti. Questo perché le mucche (anzi, vacche come sarebbe più corretto chiamarle) sono una “macchina” a bassa efficienza, e su 10 kg di proteine vegetali ingerite 9 vengono persi, e solo uno viene trasformato in carne. Un po’ più efficienti sono i polli, che riescono a trasformare in carne 4 kg su 10 di mangime. Gli insetti invece riescono a trasformare in carne quasi 6 kg di mangime su 10, con un evidente vantaggio in termini produttivi. Non solo, di una mucca non si può mangiare tutto e circa il 60% dell’animale viene scartato, mentre degli insetti fino all’80% è edibile. Infine, gli animali d’allevamento che tradizionalmente vengono mangiati richiedono per il loro allevamento una quantità spropositata di acqua, che rende il loro allevamento poco sostenibile, come sappiamo. Per gli insetti invece, a parità di carne prodotta, servono quantità molto minori di acqua.
Questo non significa che da domani dovremmo tutti mangiare insetti, ma che possiamo migliorare la sostenibilità dell’industria alimentare sfruttando l’eccezionale capacità degli insetti di produrre proteine e grassi animali con poche risorse e ad alta efficienza. Facciamo un altro esempio. Oggi i mangimi utilizzati nell’acquacoltura, per alimentare i pesci d’allevamento, sono in gran parte prodotti usando la farina di pesce, che viene a sua volta prodotta polverizzando altro pesce, pescato in grandi quantità negli oceani di tutto il mondo. Se vi ricordate cosa abbiamo detto sull’efficienza energetica, avrete già capito che gran parte di questo pesce che viene pescato e trasformato in farina e poi dato in pasto ad altri pesci viene perso. Se invece potessimo alimentare i pesci di allevamento con farina di insetti, potremmo produrre un mangime a basso impatto ambientale e, in più, risparmiare gli oceani, già stremati dalla pesca intensiva. In più, il pesce che normalmente viene utilizzato per la produzione della farina potremmo mangiarcelo noi, guadagnandoci anche in qualità, visto che il pesce azzurro è spesso molto più sano dei grossi pesci predatori, come merluzzi e salmoni, che vengono comunemente mangiati sulle nostre tavole.
Per quanto ci possano sembrare un cibo strano e poco sicuro, quindi, gli insetti rappresentano un’alternativa sicura e sostenibile alle proteine animali, sia per l’alimentazione umana che animale. Sebbene non cominceremo a mangiare bistecche di grillo, quindi, potrebbero darci una mano a rendere più sostenibili gli allevamenti e a sostituire le proteine animali. La domanda è: siamo pronti a superare i nostri pregiudizi?
Riccardo Poloni – biologo, entomologo e naturalista oltre che appassionato fotografo, trovate più info su di lui qui.
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