Essere cattolici impegnati in politica è difficile.
Ai credenti viene chiesto di comportarsi conseguentemente ai propri principi morali, anche se in uno stato laico le leggi non possono essere dettate dalla fede.
Occorre tenere conto delle diverse "sensibilità", e delle compatibilità economiche e sociali delle proprie decisioni.
E questo a tutti i livelli, dai parlamentari nazionali fino agli amministratori di un piccolo Comune come Buccinasco.
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3 commenti:
Family day, i dubbi di un cattolico
di Vincenzo Ortolina(Presidente del Consiglio Provinciale di Milano
)
11-04-2007
Quand’anche potessi, credo che non parteciperei al Family Day del 12 maggio. Per una ragione semplicissima, determinata, non lo nego, da un eccesso di passione politica. Non parteciperei perché, nonostante le ripetute rassicurazioni dei promotori, la manifestazione si presta inevitabilmente a una strumentalizzazione politica, in un momento particolarmente delicato.
Vedo in giro, per esempio, gazebo di AN (il partito erede degli inventori del motto Dio, patria e famiglia?) espressamente e pesantemente contro i Dico. Leggo poi di ordini del giorno sul tema –studiati appositamente per mettere in difficoltà il centrosinistra- votati da maggioranze di centrodestra (sia in assemblee regionali sia in quelle di enti locali), ed accompagnati in qualche caso dalla richiesta di far sfilare, nientemeno, i gonfaloni dei rispettivi enti. Registro entusiastiche adesioni di importanti esponenti della CdL, del partito dei divorziati in particolare. CdL che è dunque pronta, non ci si illuda, a sfilare, giusto a ridosso delle elezioni amministrative, contro il governo Prodi, più che per la famiglia, quale che sia la volontà degli organizzatori. I quali, a questo punto, temo, non riusciranno ad evitare la citata strumentalizzazione.
Certo, il centrodestra dichiara di essere smanioso di sfilare in nome dei valori. Gli stessi valori ormai declamati in tv da schiere di atei devoti, prevalentemente allineati sulle posizioni politiche della destra. Ai quali la religione interessa a fini squisitamente politici.
In questo contesto, se gli organizzatori volessero, per così dire, rimediare, avrebbero una sola decisione da assumere: il 12 maggio, non solo nessuna insegna di partito, ma anche nessun gonfalone, nessuna presenza di personaggi politici di rilievo. Di nessuna parte, compresa quella governativa. Solo così la manifestazione potrebbe essere trasformata davvero in una grande festa della e per la famiglia. Lo scopo, io credo, è proprio questo. Ma forse non sarà semplicemente così.
Più famiglia va benissimo. Difendiamola, promuoviamola, la famiglia, a partire da quella tradizionale. Chiedendoci però seriamente: saranno proprio i Dico della diabolica Rosy Bindi a rovinarla? Eppure, il progetto di legge ha quantomeno un merito: aver posto la questione, aver ricordato a tutti che le unioni di fatto sono diventate ormai, per la loro dimensione, un problema sociale. E poi: non dobbiamo proprio fidarci quando ci si dice che il progetto non prevede l’istituzione di alcun tipo di famiglia alternativa? Che i Dico non prefigurano un nuovo tipo di matrimonio, e che non danneggiano quelle famiglie che vogliono rimanere tali? Non è dunque una falsità inventarsi matrimoni di serie B o, peggio, ipotizzare anticipazioni di matrimoni gay? Lo è, mi pare di poter affermare, leggendo il testo della proposta di legge.
Certo, anch’io credo non sia del tutto peregrina la preoccupazione del rischio che, comunque, questa legge sia pensata da taluno non come il massimo e definitivo punto di equilibrio per l’oggi e per il domani, non quale punto di arrivo, bensì di partenza verso ulteriori (non auspicabili) obiettivi. Ma se allora qualcuno, là in alto, si è posto legittimamente e condivisibilmente l’obiettivo di impedire un’eventuale deriva zapaterista in Italia, quel qualcuno dovrebbe porsi la più semplice delle domande: per impedire quella deriva è così saggio bastonare i cattolici democratici del centrosinistra? Non penso, francamente.
Trovo in ogni caso disarmante che si creda o si voglia far credere, come detto, che saranno i Dico a sfasciare la famiglia. La famiglia, splendida istituzione quando funziona, è stata già messa in crisi da decenni di mancate o insufficienti politiche familiari (anche nella lunga stagione democristiana), e dalla vertiginosa evoluzione del costume, veicolata dai media e in particolare dalle tv, quelle del Cavaliere in primis. E mentre questi cambiamenti erano in atto, dov’erano gli attuali vessilliferi della bandiera dei valori? Non mi pare di averli mai visti sulle barricate…!
Sono, comunque, piuttosto preoccupato dall’ondata di anticlericalismo di ritorno che si registra nel Paese. E temo poi abbia ragione il buon Pedrazzi, quando ci ricorda che, nella storia più recente, veti, proclami e diktat della Chiesa non hanno fermato l’evoluzione della società.
(articolo tratto da http://lombardia.margheritaonline.it/cms/view.php?dir_pk=78&cms_pk=4666
Si sta parlando molto delle frasi pronunciate da Andrea Rivera durante il Concerto per il 1° Maggio.
Al di là dei commenti, almeno per me, è stato difficile capire il senso della discussione.
Riporto quindi qui il testo, al meglio di come sono riuscito a ricostruirlo dagli articoli che ho consultato:
"Il Papa dice di non credere all'evoluzionismo, e ha ragione. La Chiesa in duemila anni non si è evoluta affatto".
"Non sopporto che il Vaticano abbia rifiutato i funerali a Welby. Invece non è stato così per Pinochet, Franco e uno della banda della Magliana".
Non ho assistito al concerto, ed ho difficoltà a contestualizzare le frasi.
Così, estrapolate dal resto del discorso, posso fare un paio di commenti.
La prima frase mi sembra una citazione da qualche documento ufficiale della CEI sul celibato dei preti o sulla sessualità. Non sono riuscito a trovare la fonte esatta, ma spero di riuscirci nei prossimi giorni.
Per quanto riguarda la seconda, ricordo di avere letto un comento simile, almeno per quanto riguarda i funerali religiosi negati a Welby, scritto da un vescovo.
Il SSN (Sistema Sanitario Nazionale) paga più sacerdoti che dentisti
I dati del ministero della salute sui dipendenti
Il Servizio sanitario nazionale paga più sacerdoti che dentisti. Sono 417, infatti, gli 'assistenti religiosi', 389 uomini e 28 donne, che percepiscono uno stipendio dal Ssn, in base a convenzioni stipulate fra la diocesi e le Aziende sanitarie. Il numero degli odontoiatri del servizio pubblico si 'ferma' invece ad appena 163, su un totale di 105.652 camici bianchi. I 'numeri' dei dipendenti Ssn sono contenuti nell'ultimo Rapporto della Direzione statistica del ministero della Salute.
'Spulciando' la mappa del personale Ssn, figurano anche tre geologi, 125 architetti, 873 ingegneri e 179 avvocati. In totale, nel 'libro paga' del nostro servizio sanitario ci sono 648.384 dipendenti, suddivisi in 444.120 appartenenti a ruoli sanitari, 125.093 a ruoli tecnici, 76.555 a quelli amministrativi, mentre 354 rientrano nel personale con qualifiche atipiche, a cui si aggiungono altri 665 contrattisti. Fra i sanitari, oltre ai 105.652 medici e 163 odontoiatri, sono 18.758 gli altri professionisti laureati (veterinari, farmacisti, biologi, chimici, fisici e psicologi). Il personale infermieristico conta 252.506 dipendenti. Al ruolo tecnico appartengono, fra gli altri, sociologi (669), statistici (73), assistenti sociali (6.892), programmatori (734). Sul totale dei dipendenti, a farla da padrone è il 'gentil sesso', che rappresenta poco più del 60 per cento del personale. In controtendenza, però, la classe medica che è ancora molto 'maschile': ben 71.510 'camici bianchi' dipendenti dal Ssn sono uomini contro 33.979 donne. Un divario ancora più marcato fra gli odontoiatri pubblici: 123 contro 40. In tutti gli altri settori, prevalgono invece le donne: 9.761 contro 8.997 sul totale del personale laureato (veterinari, farmacisti, biologi, chimici, fisici e psicologi). Stesso discorso per gli altri ruoli tecnici e amministrativi.
Nella 'geografia' regionale, infine, al primo posto per numero di dipendenti Ssn figura la Lombardia, con ben 92.251 addetti, seguita dal Veneto (57.232), dal Piemonte (55.848) e dalla Campania (54.842). Al quinto posto l'Emilia Romagna, con 54.110 dipendenti, al sesto il Lazio (50.176). All'ultimo posto la Val d'Aosta con 1.889 lavoratori della sanità.
Notizia tratta da:
DoctorNews; e-news@doctornews.it
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