Il grande nemico delle chiamate a freddo
Tempo di lettura medio: 6 minuti e 33 secondi. Esattamente la durata di “So what?” nell’interpretazione di Marcus Miller: http://www.youtube.com/watch?v=nXS4qSZS6zE. L’attinenza con l’articolo è da cogliere, ma non me la sentivo di dargli un sottofondo come “I just call to say I love you” di Stevie Wonder o “Sex over the phone” dei Village People…
La chiamata a freddo (cold-call) è il primo approccio diretto, personale, con il cliente.
Quale che sia il suo scopo, ottenere informazioni, farsi passare una certa persona, organizzare un incontro, vendere (perché no?), la cold-call racchiude in pochi minuti un rapido percorso che nasce con le regole del marketing (in particolare la pubblicità) e si chiude con le regole della vendita (in particolare la negoziazione):
- come nella pubblicità dobbiamo essere in grado di attirare l’attenzione, mantenere alto l’interesse e stimolare la curiosità;
- come nella negoziazione dobbiamo essere in grado dimantenere il controllo della conversazione e avere come obiettivo il raggiungimento di uno scopo comune.
Analizzando in modo letterale l’espressione “chiamata a freddo”, ci saranno chiari da subito due aspetti:
- è un’azione inaspettata, sorprendente, improvvisa (pensa al modo di dire “Mi hai preso a freddo”);
- richiama un senso di distacco (pensa al modo di dire “Ti trovo freddo”).
Del primo aspetto, l’essere giunti senza invito (o come dicono gli inglesi “unsolicited”), è interessante ricavare in particolare un elemento: in quanto inattesa, la chiamata a freddo interrompe, causando nell’interlocutore la sospensione della sua attività per ascoltare almeno il titolo di ciò che abbiamo da dirgli. E’ importante notare, quindi, che il fatto che l’interlocutore abbia accettato di parlare con noi è una sfida:“Dimostrami che ho interrotto quello che stavo facendo per occuparmi di qualcosa di più utile, urgente ed importante (per me). E dimostramelo in fretta!”.
Del secondo aspetto, l’aria gelida di distacco, ricaviamo che sono assolutamente sconosciuti la nostra persona, la nostra azienda e la ragione della chiamata. Non c’è ancora, infatti, alcun rapporto tra noi e il cliente e il contatto a freddo è la prima azione di “approccio”, il primo mattone necessario alla costruzione della relazione (sia personale che professionale).
E’ bene tenere sempre a mente che il distacco non è dovuto a ragioni soggettive, di rifiuto o diffidenza per ciò che è sconosciuto: è un distacco legato a ragioni oggettive (non dimentichiamo mai che siamo in ambito professionale), dominato dal comune pensiero dei clienti: “Fino a ieri non ti conoscevo e non conoscevo neppure la tua azienda e i tuoi prodotti, e nonostante questo sono riuscito a procedere benissimo anche senza di voi”.
“It’s not personal Sonny, it’s strictly business” diceva Michael Corleone ne “Il Padrino”(http://www.youtube.com/watch?v=Bo7zkd0kRS4): dimostra di essere utile se vuoi essere ascoltato. Nessun cliente ha tempo da perdere e i venditori alla porta (e al telefono) sono tanti, troppi. Diventa quindi strategico essere capaci di distinguersi ed attaccare il grande nemico delle chiamate a freddo: il pregiudizio del cliente di credere di essere stato
chiamato per caso!
Ecco le regole d’oro per abbandonare definitivamente lo stile casuale dello “sparare nel mucchio” e imparare a pianificare l’attività delle chiamate a freddo, preparandoci a gestire le 7 obiezioni che frullano nella testa del nostro interlocutore, che deve immediatamente capire che è stato interrotto durante il suo lavoro per una buona ragione.
1) CHI – Ma chi ti conosce?
Inizia la chiamata presentando te e la tua azienda senza accennare al tuo ruolo o al settore specifico di attività della tua azienda, e ancora meno al ramo merceologico del prodotto/sevizio di cui ti occupi: hai pochi secondi per attirare l’attenzione e innescare l’interesse nel tuo interlocutore e non puoi permetterti di perdere tempo in parole inutili di autoreferenza, di celebrazione della tua azienda o di essere incasellato in una categoria. Ricorda che l’umiltà non è pensare poco di se stessi, ma è pensare poco a se stessi: quella che devi evidenziare non è né la tua attività né la tuacapacità, ma il miglioramento che sei in grado di portare in una specifica area di attività del tuo cliente. E devi esprimerlo senza tecnicismi e comprensibile trasversalmente, in modo che sia adatto ad ogni tipologia di interlocutore che potrebbe risponderti: dal centralino, ad un assistente, al responsabile decisionale. Ad esempio: “Facilitiamo l’organizzazione dei trasporti esteri”, “Consentiamo la riduzione degli sprechi energetici”, “Aiutiamo le aziende a controllare i rischi finanziari”. Nel tuo pitch non c’è spazio per aggettivi e parole che esprimono giudizi arbitrari e soggettivi: termini come valido, bello, utile, leader, ragguardevole, inestimabile, primato, valore, lasciali ai piazzisti, che si riconoscono proprio da quel frasario e l’ultima cosa che devi sembrare è un venditore (vedi perché nel punto 2). Già che ci sei, inoltre, elimina tutti gli avverbi che non esprimono dati chiari comequasi, forse, spesso, probabilmente, usando piuttosto cifre precise e fatti verificabili o comunque oggettivi: hanno più impatto e credibilità. Evita assolutamente, anche se sai di parlare con un professionista, i neologismi, gli inglesismi e tutte le forme contorte di comunicazione (implementazione congiunta, architettura parallela, prevalenza cosmica…): il tuo interlocutore ha fretta, faceva altro prima della tua chiamata, e non ha ancora attivato la modalità “dizionario” e il “traduttore marketese”. Per le stesse ragioni, infine, elimina tutti i “che”, i “cui”, i “la quale” e ogni altro pronome, così come le negazioni multiple (“Non siamo i peggioritra i meno sconosciuti del mercato”). Evita anche “quant’altro” e tutti i suoi parenti. Forse è una cosa mia, ma trovo sia insopportabile.
Uno dei metodi più immediati per sapere se hai costruito un buon pitch di apertura è Google Translate: traduci il tuo pitch in una qualunque lingua, quindi prendi la traduzione e falla riconvertire in italiano. Se ha conservato perfettamente senso e forma, significa che almeno a livello linguistico hai fatto un buon lavoro.
2) QUALE – Per quale ragione pensi che potrebbe interessarmi il tuo prodotto?
Preparati sul cliente prima di chiamarlo: è il tuo unicovantaggio. Verifica sul suo sito web, sui social network (Facebook, LinkedIn) oppure tramite altre fonti come i database di informazioni commerciali, chi è (anche quanto è grande come realtà) e di cosa si occupa (il suo prodotto, come lo vende e a chi – mercato, segmento): evita proprio di chiamarlo se è scarsa l’attinenza o trascurabile il potenziale business con il tuo prodotto/servizio. Se decidi di chiamarlo, devi avere un forte sospetto del reciproco interesse a collaborare che potreste avere. Mai usare frasi come “Volevo verificare se ci sono i presupposti per una collaborazione”: il dubbio non è “se” ci siano i presupposti, ma “quanto” valore apportino e “come e quando” approfondirli. Queste certezze modificheranno il tuo stato mentale e si rifletteranno sul cliente: non sarai un venditore che cerca di piazzare il suo prodotto, ma un uomo d’affari che alla pari del suo interlocutore condivide il problema delle scarse risorse da dedicare ai nuovi business (non è infatti uno dei problemi dei venditori?) e non vuole perdere tempo.
3) DOVE – Dove ci hai trovato?
- Lo hai notato in una fiera? Diglielo, e cita ciò che ti ha colpito del suo stand da convincerti a chiamarlo;
- Lo hai pescato da un elenco? Va bene, ma non erano le Pagine Gialle: era un elenco filtrato di clienti simili a quella ACME con la quale hai discusso le particolari esigenze del loro mercato (del quale, quindi, possiedi già una certa esperienza) e sei riuscito ad aiutarli con una proposta mirata;
- Te ne ha parlato una conoscenza comune? Fallo presente immediatamente, citando quella persona: “Gli amici dei miei amici sono miei amici”;
- Hai letto di lui sul web o su una rivista? Diglielo, citando anche in questo caso cosa ti ha colpito del sito web o dell’articolo che hai letto da farti pensare alla fattibilità di una collaborazione.
4) PERCHE’ – Perché chiedi a me?
E’ sempre possibile che l’azienda abbia un’organizzazione particolare che inserisce la responsabilità di alcune scelte a persone con un ruolo diverso da quello che normalmente ci aspettiamo. Alcuni servizi, infatti, potrebbero avere come decision maker non il responsabile acquisti, ma il responsabile di produzione, oppure il direttore tecnico, oppure ancora l’amministratore delegato. E spesso tutti questi, in team, hanno ognuno un peso nella scelta della soluzione. Verifica quindi che la persona con cui stai parlando sia coinvolta nel processo di scelta del tuo prodotto e se non lo è domanda chi è il riferimento giusto da contattare. Se hai difficoltà a raggiungerlo, chiedi del suo collaboratore più disponibile: considera sempre che ogni vetta si conquista per tappe.
5) COSA – Che cosa vuoi?
L’obiettivo della chiamata a freddo non è vendere (a meno che vendere a freddo sia proprio il tuo lavoro). Lo scopo, come descritto al punto 2, è avere l’occasione di approfondire le ragioni per cui sospettiamo un reciproco interesse a collaborare. E l’approfondimento non può che realizzarsi in occasione di un incontro, nostro primario obiettivo della chiamata. Negoziare la motivazione ad un incontro è vendere ma, nonostante questo, nella chiamata a freddo devono essere eliminate tutte le espressioni che ci identificano come venditori. “Non passarmi alcun venditore”, infatti, è il compito che il nostro interlocutore lascia al centralino. E il centralino, quando chiediamo di parlare con il decisore responsabile per ciò che trattiamo, sonda le nostre intenzioni con un’altra domanda-COSA: “Per che cos’era?”. Mai rispondere con una frase che inizia con volevo, desideravo, mi piacerebbe: a nessuno interessa cosa vuoi tu, ricorda che l’obiettivo deve essere comune! E come accennato sopra mai usare parole come proporre, parlare, illustrare, chiedere/domandare: sono i verbi più usati dai venditori! Non farti smascherare e visto che lo hai studiato apposta perché fosse comprensibile a tutti i livelli usa il pitch visto nel punto 1. Resiste ancora dicendoti che deve “verificare se il Dott. è interessato”? Accertati che abbia compreso la tua area di intervento (in modo che la possa trasferire correttamente), quindi fallo sentire responsabile di una decisione importante: “Lui è senz’altro interessato ad ottimizzare il processo XY, non crede? Per sapere come potremmo iniziare a collaborare mi è necessario un breve confronto telefonico con lui. E’ in azienda oggi? / Quando lo posso sentire?”.
E’ fondamentale sapere che non esistono solo le opzioni “Si vediamoci” e “No, non mi interessa”, ma almenocinquanta sfumature come “Abbiamo un contratto in corso con un altro fornitore che scade a fine anno” oppure “Non conoscevo la possibilità di questo servizio, ma devo confrontarmi con i colleghi degli altri reparti”: obiezioni che potrebbero trasformarsi in opportunità, ma in questi casi devi concordare una data utile per richiamare. Prima di un incontro potrebbero essere necessari anche diversi contatti telefonici: considerali come stadi intermedi alla vendita ed inserisci le scadenze concordate nella tua agenda.
6) QUANTO – Quanto costa?
Sei stato attento a non entrare troppo presto nei dettagli del prodotto, eppure il cliente vuole conoscere i costi. Sottolinea che il carattere di personalizzazione della fornitura e del servizio rendono impossibile un listino, di qui l’importanza di un incontro di approfondimento. Senza eccessiva resistenza, che sarebbe immotivata considerando il fatto che spesso i clienti devono avere un’idea dei costi per verificare la corrispondenza con il loro budget, discuti telefonicamente una condizione tipica (il più vicino possibile alla realtà del tuo cliente), trasformando la richiesta di uno sterile prezzo con lastoria di un caso reale, dove riassumerai le condizioni prima e dopo il tuo intervento (con tutti i valori aggiunti del caso) e l’investimento monetario sostenuto da quel cliente. Ricorda, in ogni caso, di rifiutare e combattere il concetto di budget se l’utilità del tuo servizio/prodotto è proprio la riduzione di costi, sprechi o altre risorse: sposta l’attenzione del cliente al concetto di ROI (Return-On-Investment) che trasforma il costo in “anticipo” interamente ripagato dal risparmio ottenuto nel breve-medio termine.
7) QUANDO – Ora non ho tempo: quando posso richiamare?
Non accettare mai di lasciare al cliente il turno di chiamarti: mantieni sempre il controllo della comunicazione. Per la stessa ragione, passa la parola attraverso una domanda, sempre. Rispondi all’obiezione “Non ho tempo” conassertività, dimostrando contemporaneamente sia comprensione che condivisione del suo problema, quindi sfrutta l’occasione per rimarcare il valore della tua chiamata: “E’ un periodo molto intenso anche per me, per questo sto dando la priorità ai clienti del vostro settore, dove siamo riusciti ad organizzare efficaci progetti di collaborazione. Quando preferisce essere richiamato?”. Considera che il “non ho tempo” è da tradurre in “l’argomento non è tra le mie priorità o urgenze”: ecco perché devi innescare interesse e curiosità.
Spesso abbinato all’obiezione del tempo c’è “Mi mandi una brochure”. La brochure è un supporto alla presentazione di persona: inviarla sarebbe come spedire il proprio biglietto da visita in attesa di un incontro… Lascia che sia il marketing a spedire cataloghi e presentazioni, la vendita è relazione diretta con il cliente: proponigli piuttosto l’area blog del tuo sito web, dove troverà reali storie di successo del servizio che proponi. Non dimenticare di domandare/proporre sempre una data di calendario e orario per la tua prossima chiamata, cercando di conquistare l’interno diretto. E come accennato al punto 4, non disdegnare di proporre la possibilità di incontro preliminare con un suo collaboratore: ne ricaverai informazioni utili ad una efficace modulazione dell’incontro che avrai successivamente con il suo responsabile.
ICon – www.lateralselling.com
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