lunedì 26 aprile 2021

Covid, tamponi, vaccini… ma oltre c’è molto di più


Una sera prima di Pasqua, al solito telegiornale che ho ancora il coraggio di vedere, viene fatta un’intervista a persone che partono per le isole spagnole: “perché ha deciso di andare in vacanza fuori Italia?”. 
Risposta: “Dopo un anno chi uso in casa, non ne potevamo più. Abbiamo bisogno di respirare e di riposarci”. 
L’intervistato era un giovane tra i 20 e i 30 anni, volto rilassato che lasciava trasparire serate tranquille, aperitivi frequenti (clandestini, s’intende!), certamente dedito a un lavoro non troppo faticoso, senza figli e quindi estraneo alla didattica online per bambini dei primi tre anni della primaria… e gli altri intervistati erano della stessa pasta, anche se di età diversa. 
Mi è parso lo “spettacolo” triste di persone (e non erano solo giovani) piuttosto benestanti, annoiate, che cercano solo una forte evasione, ma che hanno dentro la grande domanda che tutti sentiamo venire a galla. Andare di qua e di là, come si può, è un modo per nascondere a se stessi la domanda. Allora ho pensato alla domanda che io ho dentro. 
Cerchiamo di dimenticarla, di coprirla in mille modi con il rumore delle cose da fare, delle notizie da sentire, delle serate su piattaforme online o davanti ad un film comprato con poca spesa. Oppure stando al telefono un mare di tempo, ma anche mettendosi a chattare con il mondo… e la terribile domanda resta ferma lì, nel cuore profondo della persona. 
È fatta di tante domande, spesso confuse, che creano un sentimento di cui tutti abbiamo paura: il senso del vuoto. 
Eccola questa “maledetta” domanda, sì maledetta perché non si riesce a trovare uno straccio di risposta che la faccia tacere: perché moriamo?... e poi tutte quelle che si collegano: ma io perché sono al mondo? che senso ha la mia vita? dove finisco? 
Abbiamo paura di guardarla questa benedetta domanda. Sì! Benedetta, perché è il cuore della mia vita, perché è un grido che spunta dal profondo del mio io, che appunto appena si mette a dire “IO”, subito sente bruciare dentro questo terribile quesito impossibile. È l’impossibile che mi rilancia, che mi spinge a non fermarmi al conteggio degli “appestati” quotidiani, degli intubati, dei morti. 
Senza negare la triste e dolorosa realtà di tanta sofferenza, ma anche senza stare a contemplarla, prendo in mano il mio cuore, “questo piccolo cuore leggero, leggero come il passerotto d’inverno” e la lascio salire alle labbra questa domanda, perché diventi grido, preghiera, magari anche ribellione, ma rivolta a qualcuno. 
Chi mi ha fatto lasciandomi dentro questa domanda ha la risposta. Se no, sarebbe una carogna e un imbroglione. 
Ma se noi, che non siamo santi, mettiamo al mondo figli per far loro gustare la bellezza della vita e la felicità dell’amore, volete che il Creatore (che tutti ci ha fatti) sia di meno? 
Allora questa domanda contiene la potenza che mi apre alla grande bellezza della vita: io non mi sono fatto da solo, un Altro mi ha fatto, un Altro mi ha voluto e continua a volermi, mi vuole per sé. Non come un padre padrone che si attornia di schiavi, ma come un Padre misericordioso che vuole solo dare, donare, elargire… se stesso. 
E così il silenzio del Padre risponde al mio grido, alla mia preghiera; mi dice: tu sei fatto per me! tu sei parte della mia gioia! tu sei prezioso per me, perché sei parte del mio essere Padre! 
Questo Padre non ci fa discorsi, non è filosofo, nemmeno politico, né sindacalista o avvocato. A lui piace sprecarsi, donarsi, entrare nella mia vita. Solo chi non scappa da un’altra parte perché teme di soccombere alla domanda del cuore, trova la sua presenza. 
Ha preso il volto visibile di Gesù (“chi ha visto me, ha visto il Padre!) che si è lasciato inchiodare sulla Croce, non come sconfitto, ma per dichiararsi totalmente. E se la sua parola crea, il suo dichiararsi è dono di sé. E così incominciamo a sentire che il morire è un’apertura a un altro mondo, al mondo di questo Padre Creatore. “Vita mutatur, non tollitur”, scrivevano un tempo sulla porta del cimitero: la vita viene cambiata, non tolta. Oggi ci sono solo gli orari e le regole! 
Siamo spaventati da quello che in questi mesi sta accadendo perché abbiamo scoperto che non siamo eterni. Teoricamente lo sapevamo. Ora l’abbiamo toccato con mano… tutti, scienziati, politici, esperti e inermi spettatori. 
Tutti siamo di fronte alla grande domanda sul senso della nostra vita. 
La salvezza non sta in una piccola iniezione che mi può far viaggiare ancora, fare l’aperitivo con gli amici o andare al ristorante. 
La salvezza viene da uno che ci ha fatto bene, ci ha fatto con una domanda di infinito e solo un Infinito potrà saziarci, farci trovare pace. 
Il Cristo risorto è il grido silenzioso che risponde al nostro grido rumoroso: il male, la morte non è l’ultima parola, non è il destino mio e tuo. 
Il silenzio pieno di luce e chiarezza del Risorto dice: tu sei fatto per stare con me… sempre. 
“Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena” (Gv 15). 
Soltanto un Altro può darci la gioia e questa fa sorgere la speranza. Allora noi, miserabili in cerca di misericordia lieta, possiamo ogni giorno mendicare la speranza: 
O Dio, tu sei il mio Dio, dall’aurora ti cerco, ha sete di te l’anima mia, desidera te la mia carne in terra arida, assetata, senz’acqua” (Salmo 63). 
Grazie. 
Don Paolo


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