sabato 16 dicembre 2023

Nuove scoperte sui PFAS.

https://ilblogdellasci.wordpress.com/2023/12/10/nuove-scoperte-sui-pfas/

Claudio Della Volpe

Questo post cerca di fornire i dati più recenti sulla situazione PFAS nel nostro paese e nel mondo. Personalmente considero questo tipo di inquinamento il più grave segno di compromissione ambientale recente e non sono il solo visto che è considerato in letteratura come lo sforamento di un limite planetario con effetti sul ciclo dell’acqua per secoli a venire (ne abbiamo parlato qui).

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Le cosiddette “sostanze chimiche per sempre” sono sostanze prodotte dall’uomo composte da perfluoroalchilici e polifluoroalchilici (PFAS) e si trovano in prodotti come cosmetici e shampoo e nei rivestimenti idrorepellenti per pentole antiaderenti e imballaggi alimentari. Vengono lavati negli scarichi e gettati nelle discariche, e quindi sono diventati onnipresenti nell’ambiente. 

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Quanti sono i PFAS? ...  7 milioni rientrano nella definizione di PFAS proposta nel 2021 dall’OECD.

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Questi numeri fanno pensare parecchio perché mostrano con chiarezza il problema posto da sintesi chimiche che DI FATTO non sono rispettose dell’ambiente: in natura conosciamo un numero molto basso di composti organofluorurati (non è un dato facile da stimare, ma nel 2005 la stima era di alcune decine di composti!! mentre su Nature del 2012 con riferimento ad un lavoro del 94 il numero era stimato a 12 ; occorre anche dire che invece fra i composti inorganici che contengono alogeni il fluoro è maggioranza) e la cosa ha senso perché come sappiamo bene il legame CF è il legame più forte fra i legami carbonio-alogeno; ne segue che non conosciamo o conosciamo pochissimi esempi di enzimi capaci di rompere questo legame e dunque di metabolizzare i composti organofluorurati, i quali tendono ad accumularsi in biosfera      Al contrario noi umani abbiamo una percentuale di composti organofluorurati sintetici (PubMed) di quasi 1 ogni 5! Perché questo avviene? Questo avviene proprio perché i composti organofluorurati sono “stabili”, non avendo vie metaboliche o naturali di degradazione e dunque sono più efficaci come antibiotici, come farmaci in genere, come pesticidi e così via; i composti perfluorurati sono estremamente stabili; e dunque sembrano una manna dal cielo. La loro rarità fa si che i sistemi biologici siano “indifesi” rispetto alla loro azione, qualunque essa sia. Ma basta introdurre in catena degli eteroatomi perché questo possa indurre un potenziale attacco e dunque l’inizio di una lenta degradazione, che non impedisce però l’accumulo e l’effetto cresce al crescere della quota di catena perfluorurata. La superattività dei composti fluorurati dovuta a questa stabilità la paghiamo dunque come accumulo lungo la catena metabolica della biosfera. Questo dovrebbe portarci a rinunciare a questo tipo di composti se non per applicazioni assolutamente necessarie e certo non ha senso che quei composti siano presenti in così gran numero nella nostra tecnologia. Una ultima considerazione riguarda il loro meccanismo di azione biologico; una recente ricerca supporta l’idea che molecole diverse di PFAS inducano modifiche simili di tipo trascrizionale  (il trascrittoma comprende l’insieme delle molecole di RNA presenti in una cellula di un dato tessuto in un dato momento), fra specie diverse e questo è uno step importante per iniziare a capire gli effetti che producono.  

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