sabato 5 marzo 2022

Come affrontiamo il COVID, due anni dopo l'inizio della pandemia

Oltre ai fondamentali vaccini, oggi per contrastare SARS-CoV-2 disponiamo anche di anticorpi monoclonali e nuovi antivirali, la cui efficacia dipende a volte dalla tempestività dell’intervento, sottolineando l’importanza di un miglioramento dell’assistenza di base


Citazione:

Gli anticorpi monoclonali
"La rivoluzione nella terapia anti-COVID l’hanno fatta gli anticorpi monoclonali, che è come iniettare l’antitetanica a una persona che si è appena tagliata con un ferro: introduco io ciò che avrebbe dovuto fare il suo organismo da solo o con il vaccino",
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"Ci sono due aspetti delicati nell’uso dei monoclonali – continua Rovere Querini – anzitutto che la sua somministrazione ha regole strette, cioè va proposto al paziente entro sette giorni dall’insorgenza dei sintomi, che è molto poco tempo. In secondo luogo, dati gli alti costi (si parla di qualche migliaia di euro a persona) solo i pazienti molto fragili sono candidabili per la terapia: over 65, obesi, persone in dialisi o con diabete mal controllato, soggetti con immunodeficienza, con gravi problemi cardiovascolari, e i trapiantanti. Si tratta di terapie da somministrare in endovena in ambulatorio, e questo significa che il sistema di assistenza territoriale deve funzionare alla perfezione per intercettare per tempo chi può essere candidabile e garantire una rapida presa in carico da parte dell’ospedale. "Al momento i monoclonali sono la scelta più valida perché ci sono soggetti molto fragili che comunque non rispondono adeguatamente alla vaccinazione."
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Perché ci sono ancora tanti morti?
"In ospedale oggi arrivano i casi più gravi, cioè persone molto fragili anche se vaccinate e persone non fragili ma non vaccinate e che hanno sottovalutato il problema nella prima settimana", nota Rovere Querini. Chi arriva dopo 10-12 giorni con COVID grave non è facile da trattare nemmeno oggi. Questo si nota dai dati: è crollata la mortalità complessiva per COVID-19, mentre quella nelle terapie intensive rimane stabile, anche se non paragonabile a quella nella prima ondata 2020. In altre parole, "la buona notizia è che oggi sappiamo come trattare COVID-19 per tempo, ma se si insiste a sottovalutare il problema anche quando si fa grave, le armi nella seconda fase non sono sempre altrettanto efficaci".
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