Bracciali, cartoni e pubblicità: l’infanzia venduta in offerta speciale
di Giuseppe Miccoli
Ogni pomeriggio, mio figlio di quattro anni si siede sul divano, sceglie un cartone e si immerge nel suo piccolo mondo incantato. Venticinque minuti di spensieratezza: draghi gentili, costruzioni magiche, animali parlanti. È un tempo che dovrebbe essere sacro, innocente, preservato. Ma non lo è.
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E allora, cosa possiamo fare? Iniziare col dire le cose come stanno: che no, non è normale che un bambino venga usato come leva per vendere bracciali. Non è giusto che l’amore diventi un pretesto pubblicitario. E che forse, la Festa della Mamma sarebbe più autentica se fosse fatta di meno spot e più tempo, meno regali e più presenza. Perché ci sono momenti dell’infanzia che nessun brand potrà mai comprare.
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