domenica 27 giugno 2010

Giovannino Colombo a proposito di Sodoma e Gomorra

La riflessione della domenica, tratta da: http://www.nandodallachiesa.it/public/index.php

Gomorra a Saviano, Sodoma a Milano

Scritto da Nando dalla Chiesa , Thursday 24 June 2010
Porto in regalo ai blogghisti una riflessione che mi è piaciuta assai di Giovannino Colombo, consigliere comunale di Milano, libero pensatore e pure amico mio...

Domenica ero a Palazzo Marino per vedere la mostra multimediale di Dolce&Gabbana (la Bellucci era passata il giorno prima) e, a un certo punto, la mia fragile mente ha avuto un guizzo: e se fossimo Sodoma? Non pensate la solita cosa, miei maliziosi lettori e mie splendide lettrici. Da tempo nessuna corretta lettura del testo biblico collega Sodoma all' omosessualità. Il mio ragionamento è stato un altro: se Gomorra, come abbiamo imparato da Roberto Saviano e don Peppino Diana, è laggiù, allora Sodoma potrebbe essere quassù... e se fosse l' altro nome di Milano?
Anche le immagini iper pop post delle sfilate di D&G hanno contribuito ad alimentare la mia ossessione. Cosa sta succedendo a questa città? Ci penso al mattino, ci ripenso la sera. Cosa c' è dentro questo cuore milanese così tumefatto? Qual è la sua misura?
La "misura di Sodoma", secondo la tradizione ebraica, è la misura della spartizione. "Il mio è mio e il tuo è tuo". Una spartizione ferrea, che non consente eccezioni. Infatti la colpa degli abitanti di quella città (Gen. 19, 1 -11) fu contro l' ospitalità, vale a dire contro la modalità antichissima di rendere gli altri partecipi di quanto è proprio. Un commento medievale ebraico, sempre a proposito dei sodomiti, ammonisce a non fare come loro, "i quali non pretendevano nulla dagli altri uomini, ma non tolleravano che un povero potesse beneficiare delle loro ricchezze", e cita un passo del profeta Ezechiele (Ez 16, 49):"Ecco era questa l' iniquità di tua sorella Sodoma: orgoglio, sazietà di pane, prosperità tranquilla erano in lei e nelle sue figlie. Eppure non diede mai la mano al povero e all' indigente".

Siamo Sodoma? Mi verrebbe voglia di chiederlo innanzitutto alla Signora, che proprio oggi festeggia il quarto anno da sindaco. Ma Lei è sempre così lontana. La immagino presa tra economia ed estetica, tra lunghi estratti conti e infiniti vestiti nell' armadio. Borse in calo e gonne in allungo sono ciò che sa misurare con il metro di carta che si ritrova tra le mani.
Una volta, prima della fine della consigliatura, vorrei dirglielo in faccia, col tono giusto: "Se ti togliamo ciò che non è tuo, non ti rimane niente". Le direi a lei, ma subito mi girerei per ripeterle a me e a ciascuno dei consiglieri, queste parole tremende, maleducate, "fuori misura" proprio perché fanno saltare "la giusta misura", il confine blindato tra il mio e il tuo.
Io leverei il punto interrogativo. Siamo Sodoma. Siamo, chi più chi meno, come quel sodomita di Mazzarò, l' infaticabile accumulatore di ricchezze descritto nella pagina finale de La roba di Giovanni Verga, che ormai prossimo alla morte "andava ammazzando a colpi di bastone le sue anitre e i suoi tacchini, e strillava: roba mia, vientene con me". Siamo, chi più chi meno, sodomiti specialisti nella negazione: è fin troppo evidente che nulla sulla terra è spartito in modo così disuguale (e casuale) come la ricchezza (o la povertà, per guardarlo dall' altra parte).
La Sodoma di quattromila anni fa finì distrutta. Noi abbiamo ancora qualche mese per trovare un' altra misura, un battito interiore tutto diverso dall' ansia della spartizione, un modo di stare insieme che preveda finalmente il contagio reciproco.
Saluti freschi come una fetta d' anguria
Giovanni

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