Io sono contro, ma mi hanno segnalato questo link, e credo sia interessante leggere anche cosa dice che è pro:
http://www.salmone.org/documento
venerdì 30 novembre 2007
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2 commenti:
SAgRi: salute, agricoltura, ricerca
Il 5 novembre 2007 sarà il settimo anniversario dalla pubblicazione di un manifesto-denuncia degli scienziati italiani contro il divieto di ricerca sugli OGM.
Quel testo fu sottoscritto da alcuni tra i più prestigiosi ricercatori italiani (GARATTINI, Boncinelli, Regge, Redi, Ballabio, Amati, Cortese, Sala, Bellone, idealmente anche dall’allora Ministro della Sanità VERONESI) e tra gli altri dai premi Nobel LEVI-MONTALCINI e DULBECCO oltre che da moltissimi membri dell’Accademia dei Lincei e delle Scienze, i quali hanno prodotto poco dopo il primo completo documento a sostegno degli OGM.
In questi anni gli scienziati italiani hanno sentito l’esigenza di sottoscrivere altri due documenti a sostegno della ricerca sugli OGM, e sulla base di un’analisi critica della letteratura scientifica internazionale concludono che sono sicuri sia dal un punto di vista della salute umana sia dal punto di vista dell’impatto agronomico-ambientale.
Questi due Consensus Document sono stati stilati rispettivamente dalle Società Scientifiche Italiane di Tossicologia e di Genetica Agraria e sottoscritti da 21 Società scientifiche in rappresentanza di oltre 10000 scienziati italiani, ispirati anche dalle competenze e sensibilità del Presidente dell’Accademia delle Scienze GianTommaso Scarascia Mugnozza. Hanno pubblicamente difeso la serietà della ricerca sugli OGM anche due scienziati di chiara fama internazionale, come l’astrofisica Margherita HACK e il premio Nobel Carlo RUBBIA.
Mai, nella storia della Ricerca Scientifica italiana, si era raggiunta una tale sintonia di opinioni tra gli scienziati. Mai una classe politica tanto autoreferenziale aveva preso decisioni del tutto in antitesi con il punto di vista della comunità scientifica.
A sostenere la validità e la sicurezza delle ricerche in pieno campo degli OGM si sono schierate in questi anni l’Unione Europea, la FAO, le Nazioni Unite, l’Organizzazione mondiale della Sanità, l’Agenzia per la Sicurezza Alimentare Europea e tutte le più prestigiose accademie scientifiche internazionali. Inclusa la più antica, ossia la Pontificia Accademia per le Scienze.
Nella scelta oscurantista di vietare lo studio degli OGM in pieno campo l’Italia è totalmente isolata sia a livello mondiale sia Europeo.
Non esiste un solo Stato sviluppato al mondo che abbia vietato la ricerca scientifica pubblica mirata a studiare e valutare l’impatto o l’utilità delle piante ingegnerizzate.
In Stati europei con fortissime rappresentanze politiche ambientaliste come Francia e Germania, non solo la ricerca scientifica sugli OGM in pieno campo non è mai stata fermata, ma si contano ormai a decine di migliaia gli ettari coltivati con OGM per fini commerciali.
In Italia non esiste un solo ettaro dove gli scienziati del settore pubblico possano studiare gli OGM ed il prezzo di queste scelte disinformate li stanno pagando gli studenti delle facoltà di biotecnologie agrarie.
Gli aspetti commerciali sono l’altra faccia della stessa medaglia: aver vietato alla ricerca di studiare, conoscere ed innovare ha creato una situazione disastrosa per gli imprenditori dell’agricoltura italiani, sempre più schiavi delle sempre minori sovvenzioni Europee.
Utilizzando una stima molto cauta, le produzioni medie della prima coltivazione italiana, il mais, dovrebbero crescere del 1,5% all’anno se la ricerca e l’innovazione fossero legate alla commercializzazione delle nuove sementi. Negli ultimi otto anni le produzioni italiane medie per ettaro di mais non hanno subito alcun incremento perché non vi è stata innovazione e ricerca ed ora l’Italia importa dall’estero quantitativi sempre più consistenti (tra pochi anni fino a tre milioni di tonnellate di mais pari a 540 milioni di euro) del mais che non riesce più a produrre localmente.
Gli agricoltori italiani già oggi perdono il 12% della produzione potenziale per mancata innovazione, che convertita in resa di un campo coltivato con mais si aggira sui 280€ per ettaro di mancato guadagno. A questo si aggiungono 150€ l’ettaro di costi dovuti al fatto che le varietà non-modificate per resistere all’attacco dei parassiti necessitano di almeno tre trattamenti con pesticidi. Una stima minima, puramente economica, è di 430€ per ettaro persi dagli agricoltori italiani. Questa stima tralascia altri costi collegati per esempio al consumo di gasolio, che negli stessi otto anni ha raddoppiato il suo prezzo, ed è necessario per muovere le gigantesche macchine agricole che spargono pesticidi dall’altezza di oltre tre metri sui campi di mais (tradizionale) italiano. In questo modo gli imprenditori del mais italiano perdono ogni anno oltre 245 milioni di euro.
Ma considerando gli aumenti del costo del mais (oltre il 30% in pochi mesi) che si registrano in questi giorni, si tratta di una forte sottostima del danno subito dagli agricoltori ed a valle dai consumatori.
Questa cifra sarebbe ben poca cosa se una simile scelta fosse bilanciata da un qualche incremento della sicurezza alimentare delle produzioni. Invece, sono proprio le coltivazioni di mais OGM della varietà Bt (cioè trasformato con un gene prelevato dal bacillo turingensis per renderle naturalmente resistenti ai parassiti) che si stanno dimostrando molto più sicure per la salute umana ed animale di quelle di mais tradizionale.
Nell’unica prova in pieno campo con OGM condotta in Italia negli ultimi anni, da ricercatori Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN), sono stati ottenuti dei dati molto interessanti sulla riduzione nel contenuto di fumonisine nel mais OGM.
I dati indicano, oltre ad aumenti di produzione del 43% (e non del solo 12% come abbiamo prudentemente stimato), una riduzione di 100 volte nel contenuto di fumonisine nel mais da OGM rispetto ad un mais tradizionale.
Le fumonisine sono tossine che causano tumori al esofago nell’uomo e possono indurre malformazioni al sistema nervoso centrale del feto di donne in gravidanza.
Le nuovissime norme europee per la presenza delle fumonisine, il regolamento 1881/2006, prevedono infatti che nei cibi destinati all’infanzia il contenuto di fumonisine debba essere di 200ppb, ossia 20 volte più basso della soglia consentita per il mais non lavorato (la cui soglia massima è 4000ppb).
Il mais geneticamente modificato, dell’UNICO esperimento italiano recente, ha un contenuto in fumonisine 3 volte inferiore rispetto alla soglia massima ammessa per gli alimenti per l’infanzia.
Mentre il mais non-OGM, in questo caso il mais italiano tradizionale confrontato nell’esperimento condotto da ricercatori anti-ogm, aveva un contenuto di fumonisine 30 volte più alto del limite massimo consentito per l’infanzia ed anche più elevato della soglia per il mais non lavorato quindi non adatto alla commercializzazione. In generale, con la nuova normativa Europea quindi oltre il 50% di tutto il mais italiano risulta fuorilegge: si dimostra così come in ritardo di innovazione e ricerca porta ad una scarsa sicurezza alimentare che danneggia i coltivatori, ma soprattutto i consumatori.
Il dibattito pubblico sui temi dell’innovazione vede sempre più ignorare la documentazione scientifica e le prospettive imprenditoriali della parte sana dell’agricoltura italiana che chiede di non vivere di sovvenzioni ma vuole competere per prodotti più sani e più vantaggiosi che coniughino innovazione, ricerca e vere conoscenze agricole.
Chiediamo al Governo e al Parlamento di mettere gli agricoltori italiani che desiderano sperimentare gli OGM sui terreni di loro proprietà nel rispetto della Direttiva Europea 556/2003, come fanno i loro colleghi spagnoli su 70.000 ettari, tedeschi su 4.000 ettari e francesi su 20.000 ettari coltivati ad OGM, nelle condizioni di poterlo fare.
Ma chiediamo altresì che vengano erogati fondi competitivi per la Ricerca Pubblica Italiana per studiare a fondo l’impatto degli OGM in pieno campo sui suoli italiani, e per restituire alla Ricerca Scientifica del nostro Paese quel ruolo di alta consulenza che svolge i tutti gli altri Stati sviluppati.
la questione delle fumonisine è allarmante e dovrebbe far pensare. pensate cosa vuol dire che il 54% del mais coltivato in italia nel 2005 in seguito alla nuova direttiva 1126/2007 non sarebbe stato utilizzabile per l'alimentazione umana. pensate a cosa avete nel piatto!!!
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