venerdì 15 agosto 2008

Sondaggio grembiuli sì o grembiuli no ?

Con questo sondaggio, che resterà in rete sino all'apertura delle scuole, chiedo il Vostro parere sulla questione grembiule.
Il ministro della Pubblica Istruzione vorrebbe che bambini e ragazzi tornassero ad indossare a scuola un grembiule o una divisa scolastica.
Proposta ben diversa dalle magliette che invece il nostro comitato genitori della scuola Media Laura Conti o alcuni genitori del 2° circolo propongono: il Ministro parla di divise ufficiali ed obbligatorie, e non di semplici magliette proposte per incrementare il legame affettivo con la propria scuola e da indossare durante alcuni eventi "speciali".


Vorresti che nelle nostre scuole materne, elementari, medie e superiori (continuo ad usare la vecchia nomenclatura, anche se scorretta, perché molto più comprensibile e conosciuta di quella nuova) venisse imposto di indossare obbligatoriamente un grembiule o una divisa ?
Sì, in tutte le scuole
Sì, ma solo alle materne ed elementari.
No, dovrebbe essere facoltativo e non obbligatorio
No, è una decisione sbagliata

2 commenti:

Franco Gatti ha detto...

Articolo trovato sul sito:
http://www.democraticidavvero.it/adon.pl?act=doc&doc=2952

2/8/2008


Il trucco del look
di Francesco Merlo - da La Repubblica


Il bisogno della ministra Gelmini di costringere gli studenti italiani a indossare un grembiule disegnato da uno stilista di Stato ricorda molto quelle donne che pensano di eliminare il cattivo odore con gli spruzzi di Chanel invece che lavandosi le ascelle. E tuttavia siamo pronti ad incoraggiare Nostra Signora dei Grembiuli se non altro per vedere la reazione dei giovani che, dinanzi a questa smania di falso decoro e di ipocrisia, a questo gratuito bullismo di Stato, potrebbero presentarsi in classe, che so?, le ragazze in lungo e in nero, e i ragazzi con i bastoncini di giunco, il monocolo, i colletti rotondi, lo smoking. Insomma, per come conosciamo la scuola italiana, siamo sicuri che i grembiuli e la buona condotta introdotti dalla ministra Gelmini funzioneranno da scintilla. E che la prateria si incendierà subito. Gli studenti italiani vorranno sapere, per esempio, se il figlio di Bossi è stato bocciato perché non indossava il grembiule o perché non sapeva con quante "t" si scrive Cattaneo del quale ancora si proclama esperto.

E poi domanderanno alla ministra se l' educazione civica, vale a dire il rispetto dei simboli istituzionali e del bene pubblico, non andrebbe impartita al Bossi del dito medio e al Berlusconi del conflitto di interessi. E ancora se la buona condotta italiana va misurata nelle aule scolastiche o nelle alcove ministeriali. Attenzione, qui non si tratta di preferire i giovani trasandati ma di sostanza o di denunziare nel grembiule e nel sette in condotta una nuova barriera contro i talenti che non si lasciano irreggimentare. Magari fossimo all' introduzione di un nuovo sistema di controllo e di riproduzione del sapere e del potere. Magari fossimo al dibattito che c' è, per esempio, in Francia e in Inghilterra tra permissivi e rigorosi o alla pratica inglese della divisa che è l' orgoglio di un' eccellenza scolastica che in Italia non è neppure tentata. Gli inglesi per tutta la vita si identificano con i colori della scuola che hanno frequentato. E non parliamo solo di quelli che conservano nell' armadio il "tail coat" di Eton magari contrapposto alla marsina di Harrow o ai blazers a righe di Dulwich College, nel cui atrio sta spiegato quanto sia essenziale l' abito: «Uno studente senza la sua divisa sarebbe come un medico senza lo stetoscopio, un cuoco senza cucchiaio, un giardiniere senza le cesoie». Tutto vero, certo. Ma in Inghilterra. In Italia solo ad un ministro della scuola che non sa nulla della scuola può venire in mente di surrogare Dulwich College con una giacca a righe. Insomma si capisce bene che da noi il dibattito sul look scolastico non è solo fatuo, è anche un alibi.

Qui siamo al trucco, al parlare d' altro e quindi alla colpevolezza. In Italia infatti non ci vogliono grembiuli ma edifici, aule, strumenti di didattica, un nuovo sistema di stipendi, di aggiornamenti e di incentivi, nuove strategie formative~ cioè soldi, competenze e credibilità che spingano le fantasie degli adolescenti ad aggrapparsi ai rami della mitologia e ai misteri delle lingue, ai paradossi matematici, alla filosofia, alla musica della versificazione, alla magia della chimica. O dai a uno studente il piacere di infilarsi nella storia con la capacità del professore e con la ricchezza delle tecniche audiovisive, oppure lo ecciti soltanto come si eccita un toro con il drappo rosso. Siamo i primi a credere alla ricchezza formativa e anche contagiosa dell' eleganza e della cura di sé, al narcisismo consapevole come devozione al valore del rispetto, alla disciplina e alle buone maniere come conseguenze, come punti di arrivo di una scuola ricostruita. Ma davvero questa riforma Gelmini è solo un teatrino che scambia l' ombra con la realtà.

Il giovanotto italiano inventato dalla Gelmini è infatti una patacca che semplicemente non esiste, è un pariniano con le mani pulite, il naso pulito e il sederino pulito che imparerebbe a scuola tanto ad offrire il braccio alla vecchietta che attraversa la strada quanto a far di conto e ad usare il computer: è la piccola vedetta berlusconiana di un borgo felice e premoderno di cui c' è traccia solo negli orribili depliant di Milanodue con i laghetti artificiali e le paperelle che hanno la stessa funzione dei grembiuli sul corpo degli studenti e del capellume posticcio sulla testa del premier. La buona condotta, l' educazione civica e la divisa qui sono soltanto vacuità, espedienti distintivi di una inadeguatezza e di un' estraneità alla scuola che è un luogo da investimenti, da risorse primarie senza logiche contabili. E infatti la prima verità da rinfacciare alla Gelmini è che la scuola italiana è malvestita o peggio "pervestita" perché è ospitata in edifici cadenti, squallidi e malsani. E sia gli insegnanti e sia gli studenti indossano gli stessi jeans sporchi e bucati: i primi per povertà e i secondi per insolenza. E difatti tutti sanno che il malmesso professore italiano va a lezione con l' abito del poveraccio perché guadagna meno di una cameriera, mentre il giovane scolaro semplicemente non sa di seguire la moda che impone di far finta di non curarsi delle mode perché sempre si crede che il mondo sia nuovo quando si è nuovi al mondo. E pure gli edifici, gli uffici, le aule, i laboratori e le palestre sono in perfetta sintonia con i jeans bucati e macchiati di vernice che anzi spesso hanno più dignità di ambienti comunque dominati dal cattivo gusto burocratico, sbrigativo e vago come sono sbrigative e vaghe le cose che ormai vengono insegnate e che dunque producono un' estetica sbrigativa e vaga.

Perciò è addirittura patetico tutto questo straparlare di decoro: Berlusconi e la Gelmini la mettono già dura con la società delle immagini e dell' apparenza scatenando sui giornali compiacenti il sostegno dei jeansologhi delle varie scuole, tradizionalisti contro futuristi, gli esperti del look contro quelli di latino~ Ma sino a quando il salario degli insegnanti italiani sarà pari, nel migliore dei casi, alla metà di quello dei loro colleghi europei qualsiasi riforma della scuola sarà velleitaria. Pensate, infine, ai ragazzi "schierati" in divisa gelminesca e agli insegnanti che per darsi un tono usano un telefonino marocchino, vestono in similpelle, calzano polacchine "quattro stagioni", sfoggiano i maglioni dell' Oviesse. Ma davvero la ministra crede che un giovane in grembiulino possa farsi mettere in castigo dietro la lavagna e accettare ammaestramenti e moniti di educazione civica da chi nella vita non è riuscito a guadagnare più di un portiere? Forse penserà invece, lo studente in divisa, che quel poveraccio del professore non ha capito nulla del mondo e che magari una lezione bisognerebbe darla proprio a lui. è sempre così che succede: un Paese che non rispetta la scuola crea una scuola che non rispetta il Paese. Attenti dunque alla vacuità di questa Gelmini con i suoi tailleur gonna-pantaloni blu vagamente poliziotteschi: è l' altra faccia della scuola degli studenti bulli e dei professori straccioni, è la scuola maltratta nella sostanza e "ingrembiulata" nella forma.

Franco Gatti ha detto...

Articolo trovato sul sito:
http://www.democraticidavvero.it/adon.pl?act=doc&doc=2955

8/8/2008
Un commissario per la Gelmini
Il Tesoro crea un comitato a fianco del ministro. A rischio 1600 scuole

di Raffaello Masci - da La Stampa



La Gelmini «commissariata» e messa di fronte ad una «mission impossible», come l'ha definita il leader della Cisl scuola Francesco Scrima. Il ministro ha illustrato ai sindacati l'agenda per la ripresa di settembre e la situazione è sconfortante: una cura dimagrante di tre anni ma la cui tabella di marcia deve essere approntata entro il 31 dicembre. Tutto l'elenco comincia con l'avverbio «meno»: meno scuole (si parla di 1.600 accorpamenti), meno ore di lezione, meno indirizzi di studio (oggi sono 912), meno risorse per l'autonomia scolastica (e quindi meno libri, meno pc, meno corsi di recupero), meno personale (87 docenti e 43 mila impiegati). «Ma per decidere tutti questi tagli - dice Scrima - occorrono accordi sia con i sindacati per tutto ciò che riguarda la materia contrattuale, sia con gli enti locali che hanno competenza sulla rete scolastica. E poi, che trattativa è quella in cui i risultati sono già tutti decisi?». Il ministro - dicono i sindacati - è in un vicolo cieco: «o riesce o salta tutto». Tant'è che Tremonti ha voluto affiancarle (articolo 64 della manovra, comma 7) «un comitato di verifica tecnico-finanziaria composto da rappresentanti dei ministeri dell'Istruzione e dell'Economia». «Di fatto l'hanno già commissariata».


Meno scuole
La sfida più difficile alla quale la Gelmini è attesa è certamente quella della «razionalizzazione» della rete scolastica. Le scuole sono 10.600 distribuite in 46 mila sedi. Un istituto per godere dell'autonomia deve avere un numero di allievi tra i 500 e 900. Moltissimi, però, specie in piccoli centri, sono oggi in «regime di deroga». Ora l'ipotesi è di alzare il minimo a 600 allievi e di bloccare le deroghe: le 46 mila sedi resterebbero, ma le scuole come istituzioni potrebbero diminuire di circa 1.600 unità. Che vuol dire meno presidi, meno segretari, meno impiegati.


Il peso degli «arretrati»
La finanziaria 2007 (approvata a dicembre 2006) prevedeva già tagli per la scuola distribuiti fino al 2009, per un totale di 1,4 miliardi di euro (1.432 milioni per l'esattezza). Il ministro Fioroni provò a fare la prima tranche di riduzioni (535 milioni nel 2007) ma ci riuscì solo in parte. Chiese, e ottenne, che il piano di rientro venisse «rimodulato»: stessa somma ma ridistribuita nel 2008 e 2009. Padoa-Schioppa accettò con la «clausola di salvaguardia», che vuol dire: ci riesci o no io quei soldi te li tolgo. Il conto, per quest'anno, è arrivato a quota 560 milioni. Ora, dei 44,5 miliardi del bilancio dell'istruzione, 42 (pari al 97% del totale) sono bloccati per le spese di personale e quindi intoccabili, e due vanno a finanziare l'autonomia scolastica (cioè tutto: dai corsi di recupero per i debiti formativi fino ai detersivi per i pavimenti). Il resto sono briciole che si danno alle scuole paritarie (50 milioni circa) e alle spese in conto capitale (che non arrivano a 30 milioni). Conclusione: quei 560 milioni che la Gelmini non si ritroverà disponibili, saranno tolti all'autonomia delle scuole. Per ora la situazione è stato tamponata con una «pezza» da 200 milioni trovata dal Tesoro. Ma il resto? Bisognerà tagliare, questa volta per davvero. Con i fondi per l'autonomia si pagano anche i corsi per il recupero dei debiti formativi. Se non si troveranno altri soldi, il ministero teme la marea dei ricorsi, del tipo di quello avvenuto a Torino: poiché la scuola deve fare questi corsi, se non li fa non può nemmeno bocciare. Sarebbe un disastro per il sistema di valutazione.


Meno prof
Ma non è finita, perché al taglio ereditato da finanziarie precedenti (1,4 miliardi entro il 2009), il ministero dovrà aggiungere i 3,2 miliardi (3.188 milioni per l'esattezza) in tre anni varati dalla manovra attuale «e incassati dal ministro - lamentano i rappresentanti dei lavoratori - senza battere ciglio». Come realizzare questi altri risparmi è cosa che il ministro deve decidere entro Natale, aprendo una duplice trattativa, con i sindacati e con le Regioni. I sindacati dovranno affrontare il taglio agli organici: 87 mila insegnanti in meno (67 mila di Tremonti e 20 mila di Padoa-Schioppa) e 43 mila impiegati, entro il 2011. Le voci su cui incidere le specifica la manovra stessa. La prima è riformare le «classi di concorso», cioè i raggruppamenti di materie per cui un insegnante si candida a lavorare nella scuola: «italiano e storia», «matematica e fisica», eccetera. Rivedere questo significa, per esempio, che un insegnante di lettere, non deve insegnare solo «italiano e storia» oppure «latino e greco», ma può fare per una parte di orario la prima cosa e per un altra parte la seconda. Questo eviterebbe il fenomeno degli «spezzoni» di orario dati a più insegnanti e agevolerebbe riduzioni di organico.


Meno ore
Un altra questione è quella della riduzione dell'orario. Soprattutto negli istituti tecnici si può arrivare a 36-40 ore a settimana. Un taglio del monte-ore comporterebbe una riduzione di docenti. Ma occorre rivedere anche l'eccesso di offerta formativa: oggi alla domanda «cosa studi?» un ragazzo può rispondere in 912 modi diversi. Si tratta soprattutto di indirizzi tecnici e professionali. Ma su questi il ministero non ha competenza: ce l'hanno le Regioni. Ma si può trovare un accordo quando alle regioni non sono state ancora trasferite le competenze sulla scuola stabilite dalla modifica del capo V della costituzione? Poi c'è il problema delle scuole da chiudere: altro scoglio impervio. Neppure su questo, però, il ministero non può decidere da solo.

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