E cosa dire della Germania, che taccia di razzismo ed estremismo il secondo partito politico del paese, o della Francia che manda in prigione chi insulta i politici, e denuncia di apologia di terrorismo chi sbandiera per la Palestina? 

Il problema di una legge che vuole proteggere dall’insulto è che crea un incentivo per i buoni e giusti a denunciare l’offesa, ed un altro per le forze dell’ordine a lasciar stare i veri malviventi per inseguire qualcuno sui social media. In poco tempo, questo sforzo per proteggere la sensibilità delle anime pie si ritorce come un boomerang, ed alcuni termini diventano tabù, indiscutibili. Provate ad argomentare che a Gaza ci sia un genocidio, per toccare con mano quanto una sola parola possa diventare radioattiva. O provate a mandar via un turista insolente dal vostro ristorante, se siete sfortunati con la nazionalità del tipo: una bomba antisemita per la vostra attività commerciale.

La strigliata di JD Vance va riconsiderata per quello che è: un caro invito a tornare al dibattito rumoroso, fastidioso, offensivo della democrazia, che sarà sempre migliore del silenzio della censura del totalitarismo. E se abbastanza cittadini formano un partito sulla base di idee particolari, la soluzione non è classificarli come terroristi, ma dibattere e convincere più gente possibile a votare per idee diverse. I leader europei sono ovviamente liberi di insultare JD Vance a piacere, ma non comprendere la sua strigliata sarebbe un grave errore.