venerdì 4 marzo 2011

Un'altra sanità è possibile (in Lombardia)

sentenza 8254 della quarta Sezione Penale Cassazione: no a logiche mercantili e a dimissioni rapide negli ospedali
Annullata l'assoluzione di un medico dall'accusa di omicidio colposo: «I criteri di economicità non possono prevalere sul diritto alla salute dei cittadini»

MILANO - La volontà di contenere la spesa sanitaria non può prevalere sul diritto alla salute dei cittadini e le dimissioni dei pazienti dagli ospedali devono essere decise solo in base a valutazioni di ordine medico. È quando sottolinea la Cassazione nella sentenza 8254 della quarta sezione penale con cui ha annullato l'assoluzione di un medico dall'accusa di omicidio colposo di un paziente dimesso dopo 9 giorni da un intervento cardiaco, secondo le linee guida in uso nella struttura sanitaria.

NO SALVACONDOTTO - Se le linee guida in uso negli ospedali «dovessero rispondere solo a logiche mercantili», il rispetto delle stesse «a scapito dell'ammalato, non potrebbe costituire per il medico una sorta di salvacondotto, capace di metterlo al riparo da qualsiasi responsabilità, penale e civile, o anche solo morale» scrivono i giudici, aggiungendo che «sul rispetto di quelle logiche non può innestarsi un comportamento virtuoso del medico che, secondo scienza e coscienza, assuma le decisioni più opportune a tutela della salute del paziente». Secondo la Cassazione le linee guida possono «legittimamente essere ispirate anche a logiche di economicità di gestione purché non siano in contrasto con le conclamate esigenze di cura del paziente».

IL RICORSO - Con questa decisione la quarta sezione penale ha accolto il ricorso dei familiari del paziente deceduto per essere stato dimesso troppo frettolosamente, contro l'assoluzione di un medico dell'ospedale di Busto Arsizio. Lì il paziente era stato ricoverato il 9 giugno 2004 per infarto al miocardio. Sottoposto ad angioplastica con applicazione di uno spent medicato, è stato dimesso dopo 9 giorni, il 18 giugno, dal momento che risultava «asintomatico e stabilizzato». Quella stessa notte l'uomo ebbe un nuovo scompenso e arrivò in ospedale quando era già in arresto cardiocircolatorio. Se non fosse stato dimesso, ha accertato la perizia legale, sarebbe sopravvissuto grazie alle cure che avrebbe ricevuto in reparto. In primo grado il medico firmò che le dimissioni venne condannato a 8 mesi di reclusione e a risarcire i danni morali ai familiari. In appello invece fu assolto «perché il fatto non costituisce reato» in quanto il medico aveva seguito le linee guida in tema di dimissioni. Una tesi non condivisa dalla Cassazione che ha accolto il reclamo della Procura della Corte d'Appello di Milano e dei familiari. I supremi giudici criticano le linee guida obiettando che «nulla si conosce dei loro contenuti, né dell'autorità dalle quali provengono, né del loro livello di scientificità, né delle finalità che con esse si intende perseguire, né è dato di conoscere se rappresentino un'ulteriore garanzia per il paziente o se altro non sono che uno strumento per garantire l'economicità della gestione della struttura ospedaliera».

NUOVO PROCESSO - «A nessuno - prosegue la Cassazione - è consentito anteporre la logica economica alla logica della tutela della salute, né diramare direttive che, nel rispetto della prima, pongano in secondo piano le esigenze dell' ammalato». Inoltre i supremi giudici ricordano ai medici che prima di tutto devono rispondere al loro codice deontologico in base al quale hanno il dovere «di anteporre la salute del malato a qualsiasi altra diversa esigenza» e, pertanto, non sono tenuti «al rispetto di quelle direttive laddove esse siano in contrasto con le esigenze di cura del paziente, e non possono andare esenti da colpa ove se ne lascino condizionare, rinunciando al proprio compito e degradando la propria professionalità e la propria missione a livello ragionieristico». Adesso per il medico in questione si apre quindi un nuovo processo. Il paziente, oltre ad essere stato colpito da infarto, aveva un quadro clinico che consigliava prudenza in quanto era un fumatore obeso: per questo probabilmente non rientrava nei criteri statistici delle linee guida.

Redazione online, 03 marzo 2011 - tratto da http://www.corriere.it/salute/11_marzo_03/cassazione-dimissioni-ospedali_63c8de40-45a1-11e0-be93-d37b38d5ef64.shtml

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