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L'elusione di Mondadori: ecco i verbalidi Gianluca Di Feo
Con quattro mosse si è chiusa l'operazione che ha fatto risparmiare al premier oltre 300 milioni di euro tra tasse multe e interessi. I documenti originali
I verbali dell'inchiesta sulla P3 mostrano come una serie di interventi anomali – ancora oggetto di indagine – abbiano permesso di evitare che la Cassazione si pronunciasse sulla controversia tra il Fisco e la Mondadori. Una causa che senza questi interventi si sarebbe chiusa nell'ottobre 2009. E che sarebbe stata giudicata da un magistrato che in casi del genere aveva sempre obbligato le aziende a pagare. Il rischio per l'azienda del presidente del Consiglio era di dover versare entro il 2010 oltre trecento milioni di euro, tra tasse non pagate, multe e interessi
Le mosse chiave di questa operazione Mondadori sono quattro
1) Il 15 ottobre 2009 – due settimane prima dell'udienza decisiva – il sottosegretario alla Giustizia, senatore Pdl Giacomo Caliendo, chiede al giudice incaricato del verdetto quale fosse il suo orientamento perché la sentenza «poteva essere molto pesante per la parte privata». Il giudice gli fa capire che non avrebbe cambiato la sua linea.
2) Immediatamente la Mondadori passa al piano B. Chiede che non sia quel giudice a occuparsi della causa, ma le Sezioni Unite – la massima istanza della Cassazione -, il che avrebbe implicato il rinvio di almeno un anno. Il 18 ottobre Nicolò Ghedini parla con l'avvocato generale dello Stato, che si associa alla linea Mondadori.
3) Con il sostanziale placet del primo presidente della Cassazione, Vincenzo Carbone – sotto inchiesta per i suoi rapporti con gli uomini della P3 – viene deciso al volo lo spostamento chiesto da Mondadori. Salta l'udienza decisiva del 28 ottobre 2009.
4) Nell'estate 2010, prima che ci sia la nuova udienza, viene approvata una legge che permette di sanare le cause pendenti da più di dieci anni in cui la controparte abbia già vinto i primi due giudizi. E' previsto il pagamento solo del 5 per cento della contestazione originaria. La causa Mondadori risale al 1995 e lo studio Tremonti aveva vinto i primi due gradi. La contestazione originaria era di 173 milioni di euro: viene sanata con otto milioni di euro. Se Mondadori avesse perso la causa, avrebbe dovuto pagarne oltre 300.
IL PIZZINO DEL SOTTOSEGRETARIO
Enrico Altieri è il giudice della Cassazione che avrebbe dovuto pronunciarsi sulla causa Mondadori. Nel verbale inedito ricostruisce come venne avvicinato dal sottosegretario alla Giustizia, il senatore pdl Giacomo Caliendo, per trent'anni magistrato a Milano.
«Mi disse che le mie decisioni potevano essere molto pesanti per la parte privata» ossia per la casa editrice del presidente del Consiglio. Altieri gli dice di non avere ancora studiato la causa. Allora Caliendo prega il giudice di telefonargli non appena completato l'esame deli atti. E gli consegna un biglietto con la scritta "Mondadori", l'argomento del procedimento, la data dell'udienza e il numero di telefono del suo ufficio di Milano.
Altieri sostiene di averlo chiamato dopo un paio di giorni: «Gli ho detto che era un caso complesso, che lui conosceva bene la problematica».
Come sottolineano anche altri giudici interrogati, in altre situazioni simili a quella contestata alla Mondadori, Altieri aveva sempre condannato le aziende a pagare. Un giudice che anche i giornali specializzati hanno sempre definito "un duro", perché difendeva le ragioni del Fisco. E la sentenza sarebbe stata definitiva: nel 2010 l'azienda Fininvest avrebbe pagato oltre 300 milioni di euro di tasse Dopo la telefonata con il sottosegretario, avvocati ed emissari della Mondadori passano al piano B: impedire che Altieri emettesse la sentenza, che sarebbe costata al Cavaliere oltre 300 milioni di euro, trasferendo la causa ad altri giudici. Operazione realizzata in soli dodici giorni, mentre in genere i tempi della Cassazione sono biblici. Il sottosegretario alla Giustizia è indagato da un anno ma resta al suo posto. Qui potete vedere il pizzino originale che Caliendo consegnò ad Altieri e le dichiarazioni del giudice.
LA MISSIONE DI GHEDINI
L'avvocato generale dello Stato è un funzionario pubblico che dovrebbe tutelare lo Stato nelle cause. Oscar Fiumara invece si mostra molto attento alle ragioni delle parti private. Nel caso della Mondadori, è pronto ad accogliere il rinvio della difesa prima ancora che venga presentato. Ad anticipargli l'istanza di rinvio – dichiara a verbale – fu l'avvocato Nicolò Ghedini, deputato e legale del premier.
Fiumara sostiene di «dare del tu» a Ghedini e di incontrarlo periodicamente. Sorprende il ruolo dell'avvocato-deputato, che in genere non si occupa di diritto tributario e dagli atti non risulta avere avuto un ruolo formale in questo procedimento, seguito invece dallo studio fondato da Giulio Tremonti. Inoltre l'avvocato dello Stato dichiara di averne parlato con il sottosegretario Gianni Letta. A verbale, Fiumara sostiene che i suoi sottoposti erano d'accordo sul sostenere il rinvio. Ma viene smentito dalle loro dichiarazioni.
Fiumara racconta anche di avere frequentato Pasqualino Lombardi, l'uomo considerato dai giudici l'emissario della P3 Leggi il verbale
IL RINVIO ANOMALO DELLO "STUDIO TREMONTI".
Chi si occupava del ricorso in favore dell'azienda del premier? Anche a verbale, i magistrati interrogati parlano di "Studio Tremonti". In realtà l'attuale ministro ha firmato i ricorsi fino 2000, quando non era al governo. Negli anni al ministero delle Finanze ha lasciato l'attività professionale ma lo studio viene ancora indicato con il nome del suo fondatore: "Studio Tremonti", appunto. Che opera legalmente per far pagare meno tasse ai suoi clienti. Il verbale di Gianni De Bellis, il coordinatore degli avvocati dello Stato ossia l'organismo che deve tutelare le istituzioni, mostra come fosse anomalo il rinvio della causa Mondadori. E come fosse sorprendente la richiesta di Oscar Fiumara, il capo dell'avvocatura dello Stato, di sostenere il rinvio – preannunciato dall'avvocato Ghedini – prima ancora che venisse presentato. In particolare De Bellis ricorda di avere sottolineato come il giudice Altieri fosse il magistrato in assoluto più preparato nell'argomento della causa: era il giudice che aveva definito il concetto di abuso di diritto per indicare le operazioni societarie finalizzate solo a eludere le tasse. Come nel caso contestato alla Mondadori. E' De Bellis a opporsi al suo capo, sostenendo che appoggiare la richiesta della Mondadori avrebbe significato andare contro gli interessi dello Stato. Alla fine viene decisa la neutralità: l'avvocatura generale «non si è opposta» ai desideri di Mondadori. Leggi il verbale
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