giovedì 29 gennaio 2009

Io non mi rassegno - di Rosy Bindi

Tratto da "Il Riformista" (e ripreso dal sito http://www.democraticidavvero.it/adon.pl?act=doc&doc=3702 )

Ieri il segretario del Pd ha chiarito un aspetto importante: le elezioni non sono l'ultimo banco di prova del progetto di Pd, che vivrà comunque, semmai di una classe dirigente. E' quello che avevo già detto nell'intervista al Corriere della sera e che ha attirato l'attenzione di Peppino Caldarola. Il punto è: quale progetto di Partito democratico?

Io cerco, e cercherò sempre, di fare quel partito che volevamo costruire con le primarie del 2007. Un partito plurale e quindi non ondivago, di centrosinistra e quindi senza il trattino, democratico e quindi non leaderistico, laico e quindi non laicista, federale e quindi non balcanizzato. Penso che se il Pd non riuscirà ad essere così, avrà fallito la propria ragion d'essere. Ma fino a quel momento non smetterò di contestare tutti coloro che per motivi diversi, ma tutti a partire da una dichiarata l'inadeguatezza della classe dirigente, remano contro questo progetto.

Segue nei commenti; la scelta dele parole da indicare in grassetto è mia.

1 commento:

Franco Gatti ha detto...

tratto da: http://www.democraticidavvero.it/adon.pl?act=doc&doc=3702


28/1/2009

Io non mi rassegno
di Rosy Bindi - da Il Riformista


Ieri il segretario del Pd ha chiarito un aspetto importante: le elezioni non sono l'ultimo banco di prova del progetto di Pd, che vivrà comunque, semmai di una classe dirigente. E' quello che avevo già detto nell'intervista al Corriere della sera e che ha attirato l'attenzione di Peppino Caldarola. Il punto è: quale progetto di Partito democratico?

Io cerco, e cercherò sempre, di fare quel partito che volevamo costruire con le primarie del 2007. Un partito plurale e quindi non ondivago, di centrosinistra e quindi senza il trattino, democratico e quindi non leaderistico, laico e quindi non laicista, federale e quindi non balcanizzato. Penso che se il Pd non riuscirà ad essere così, avrà fallito la propria ragion d'essere. Ma fino a quel momento non smetterò di contestare tutti coloro che per motivi diversi, ma tutti a partire da una dichiarata l'inadeguatezza della classe dirigente, remano contro questo progetto.

Per me il Pd resta il compimento dell'Ulivo, di un soggetto politico nuovo che favorisce l'approdo del sistema politico italiano ad un bipolarismo maturo e stabilizza la democrazia dell'alternanza. Non sono disponibile ad una ritirata nei recinti delle vecchie appartenenze anche se è difficile mescolarci e fare una nuova amalgama mentre il campo è ostruito dalle diffidenze e dai tatticismi tra le diverse componenti. Ho detto altre volte che di fronte a noi, oltre il Pd, non c'è neppure il nostro passato.

In questo orizzonte il tema delle alleanze diventa centrale per delineare identità e profilo programmatico del partito. Così, Letta e Rutelli con la loro costante ricerca di una sponda politica nell'Udc, finiscono per assegnare al Pd il ruolo di partito della sinistra. Ma chi sceglie la vocazione maggioritaria, che non è l'autosufficienza vagheggiata nei primi mesi di vita del Pd ma la capacità che ha avuto l'Ulivo di essere il baricentro di una coalizione che porta alla responsabilità di governo anche la sinistra radicale, non affida il proprio futuro alle alleanze ma al compimento del progetto.

E perciò non mi rassegno all'ipotesi che il Pd rappresenti l'evoluzione del Pci-Pds-Ds, dove le altre componenti culturali, a cominciare dai cattolici democratici, sono metabolizzate dentro la storia del partito della sinistra e si parte alla ricerca di nuovi alleati. Ho dato il mio contributo alla nascita di questo partito senza nostalgie per il mio passato e tanto meno per quello di altri. Mi sono messa in gioco con una piattaforma alternativa, sfidando per prima il candidato-segretario. Con il mio 13% di consensi non credo proprio di essere sola e soprattutto, al contrario di altri, so con quanti e con chi sono in compagnia.

Considero Veltroni il possibile migliore interprete del progetto, ma se si fatica ancora a fare sintesi è perché il segretario, nato grazie ad un accordo tra i due vecchi partiti, continua a gestire il nuovo partito con la sua maggioranza. In un partito plurale le differenze non sono mai vissute come dissenso, ma come una ricchezza da cui partire per trovare, con pazienza e fatica, la sintesi di una posizione comune. Purtroppo questo metodo tarda ad affermarsi. Basta guardare a come abbiamo reagito sulla riforma dei contratti.

Caldarola non capisce perché dissento da Letta? Eppure mi pareva evidente. A differenza di Letta che aveva stigmatizzato la scelta di Epifani, considero, come il Presidente Ciampi un grave errore siglare un accordo sulla contrattazione senza Cgil. Non mi spaventano le divisioni sindacali. Mi spaventa un governo che, mentre la recessione incalza, si affretta a dividere i lavoratori invece di impegnarsi a difendere il lavoro e le buste paga, per ridurre al minimo i costi di una crisi così difficile e rilanciare la crescita. In politica il metodo e i tempi sono merito.

Oggi mi sento democratica senza essere mai stata comunista, e non so se questo per un ex comunista vuol dire essere di sinistra. Di certo, diversamente da Caldarola, vado ancora d'accordo con me stessa e sono convinta che il Pd sopravviverà malgrado l'inadeguatezza della sua attuale classe dirigente.

Post scriptum. Grazie comunque per il paragone con Bartali, che macinando salite ha ottenuto non poche vittorie.

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