venerdì 2 aprile 2010

Commenti ai risultati elettorali: Matteo Renzi

Renzi: tutta colpa dei fifoni del Pd
Il sindaco di Firenze: «Ora Bersani apra all'esterno e la smetta con i caminetti»
«Nel Lazio Zingaretti e altri si sono tirati indietro, Bonino un ripiego»

MILANO — «Che si perdeva in Piemonte io lo sapevo già».
Davvero?
«Sì, qualche settimana prima delle candidature ero a Torino per il congresso Anci, e mi trovai a pranzo con Chiamparino, Cota e altri a Eataly. All’improvviso Cota fece a Chiamparino: "Chiampa, ma tu ti candidi? Perché se accetti io non scendo in campo: tanto si sa che con te non ce n’è per nessuno". Insomma, persino a Cota era chiaro che il nome per vincere in Piemonte c’era, ed era quello del sindaco di Torino». Il giorno dopo le elezioni regionali Matteo Renzi, giovane sindaco di Firenze ed esponente della nuova generazione del Pd, ha un tono più rassegnato che polemico. Anche se ieri è stato obbligato a occuparsi di tattiche calcistiche e non politiche: «Abbiamo il caso Fiorentina, qui: bella gatta da pelare».
Peggio delle Regionali?
«Mah, dipende dai punti di vista. Però sulle elezioni c’è poco da fare filosofia. Alcuni risultati come il Piemonte e il Lazio, ripeto, erano prevedibili. Chiamparino doveva correre e scegliere Emma Bonino è stato un errore. Per fortuna in Puglia siamo riusciti a fare le primarie, altrimenti anche lì finivamo suonati. Insomma, qualche problema di candidature c’è stato».
In Lazio errore strategico, dunque, secondo lei.
«Abbiamo perso contro una candidata senza lista... Valuti lei. Siamo stati proprio bravi, vero? Spero che qualcuno oggi, tra i dirigenti chiamati in causa durante le candidature e che si sono tirati indietro per viltà, oggi faccia autocritica».
Si riferisce a Nicola Zingaretti?
«Certo. Ma non solo a lui. I nomi sono noti. Alla fine Emma Bonino è stata un ripiego. Ma anche lei: si preoccupava più delle sue liste a Brescia che di quelle nel Lazio».
Mi faccia qualche esempio vincente, allora.
«Lodi, Mantova, Faenza, Venezia, Lecco, Lodi... Perché? Perché abbiamo messo in campo storie credibili. Come quella del mio amico Pippo Civati a Monza».
E adesso? Bersani dice di voler ripartire dal modello Liguria, che prevede un allargamento a Sinistra, Idv e Udc.
«Modello Liguria? Io direi invece modello Monza... Guardi, qui dobbiamo prima di tutto capirci su che tipo di partito vogliamo. Io sono per dire basta alle riunioni di caminetto e ai giochi di coalizione. Il mondo intorno a noi sta cambiando. L’astensionismo e il successo di Grillo dimostrano che la gente è arrabbiata con noi. Perché la politica non riesce più a emozionare. A Bersani dico che a me interessano poche idee ma chiare. E non i compagni di viaggio, perché le coalizioni non ci salvano. Se così fosse, in Piemonte avremmo vinto... Se Bersani riparte col dibattito sulle coalizioni saremo condannati al pecoraroscanismo. Con Di Pietro al posto di Mastella e Grillo al posto di Pecoraro Scanio. Ecco, se cominciamo così, mi prende male».
Il segretario pd teme però adesso una resa dei conti interna.
«Io sono contrario. Non serve a niente sostituire ogni sei mesi un segretario, ma è evidente che è necessario un cambio di passo. Faccia uno scatto, si tiri fuori dal pastone politico, e torni a dialogare con i cittadini. E basta con l’antiberlusconismo improduttivo. Anche perché il premier ha dimostrato che quando ci mette la faccia lui, e solo lui, vince. Vedi che miracolo ha fatto con la Polverini».
Ma esiste una questione Nord?
«Sì, certo. Però la verità è che se cominciamo a contestare questo governo sulle promesse mancate, forse i cittadini ci apprezzeranno di più. Ad esempio, dov’è la tanto decantata riforma fiscale? E la semplificazione? Io ho una città bloccata da procedimenti giudiziari e amministrativi. Allora dico, facendo sì il leghista: lasciateci lavorare senza imbrigliarci più nella vostre beghe romane».
Lei rappresenta la nuova generazione del Pd. E spesso ha parlato di un modello Toscana esportabile anche a livello nazionale. Ci crede ancora?
«Certo. La mia esperienza, ma anche quella del governatore Enrico Rossi, è più che esportabile. Da noi abbiamo ottenuto risultati significativi. Vedi il recupero di Prato. O i numeri del Pd toscano, che è il primo d’Italia. O il caso di Pontassieve, dove abito: percentuali bulgare. Insomma, abbiamo superato persino l’Emilia Romagna, dove secondo me hanno scontato l’effetto dello scandalo Delbono a Bologna. Noi giovani del Pd, dunque, siamo pronti a dare una mano. Ma basta coi caminetti. Parliamo di praterie».

Angela Frenda, 31 marzo 2010, tratto da: http://www.corriere.it/politica/speciali/2010/elezioni/notizie/frenda-pd-renzi-errori-prevedibili_1a80b028-3ca1-11df-80d0-00144f02aabe.shtml

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