27/11/2012
Filiazione, la dichiarazione di voto di Rosy Bindi
di Rosy Bindi
Filiazione, la dichiarazione di voto di Rosy Bindi
di Rosy Bindi
L'intervento alla Camera della presidente del Pd sul provvedimento volto a superare definitivamente le discriminazioni tra i figli nati dentro e fuori dal matrimonio.
Signor presidente, colleghi, signor sottosegretario, voglio innanzitutto ringraziare il mio gruppo per avermi affidato la dichiarazione di voto finale su questo importante provvedimento, perché altre e altri, in particolare i componenti della Commissione giustizia, che hanno lavorato molto e che voglio ringraziare in maniera particolare, avrebbero avuto titolo e competenze per svolgere questo intervento.
Credo che mi sia stato chiesto perché, nella legislatura precedente, come ministro per le politiche della famiglia, avevo presentato un disegno di legge volto a superare definitivamente le discriminazioni tra i figli nati dentro e fuori dal matrimonio. Quel disegno di legge si arrestò per la fine della legislatura. Sono contenta, come penso ciascuno di noi, oggi, nel constatare che, al termine di questa legislatura, noi riusciamo a dare al nostro Paese una legge di civiltà.
Oggi Francesco, 28 anni, che ha perso il padre quando ne aveva 10, vede finalmente riconosciuto il suo diritto ad appartenere a pieno titolo alla famiglia paterna. Non dovrà più sentirsi un parente di serie B per il fatto che i suoi genitori non erano sposati. Quando pochi anni fa sono morti anche i nonni, Francesco non ha potuto ereditare alcunché perché niente era dovuto a un «nipote fantasma». È tardi per avere l'eredità, ma non è troppo tardi per sanare almeno una ferita affettiva.
Oggi Chiara, 9 anni, continuerà a giocare con gli stessi coetanei che finalmente sono diventati suoi cuginetti. Nessuno le aveva ancora detto che in realtà non lo erano e che per legge i cugini con cui sta crescendo erano per lei degli estranei, come gli zii, i nonni e gli altri parenti, a parte mamma e papà. Chiara ha la fortuna di essere troppo piccola per aver saputo in quale maglia di arretratezza culturale era incappata solo perché figlia di una coppia di fatto.
Oggi Giulia, 20 anni, che invece ha scoperto da tempo di non essere la nipote legale della nonna molto amata e non glielo ha rivelato per non darle un grande dolore, andrà sicuramente ad abbracciarla. Nulla sarà cambiato nell'affetto che la lega alla nonna, se non la soddisfazione di sapere che finalmente è stato fatto l'ultimo passo per l'equiparazione giuridica tra i figli legittimi e i figli naturali.
Matteo è nato lo scorso 13 novembre. È il terzo figlio di Margherita. Suo fratello e sua sorella sono figli del precedente matrimonio, mentre Matteo è nato dall'unione di fatto della madre con il suo nuovo compagno. L'approvazione di questa legge sarà il regalo più bello della sua venuta al mondo. Credo che debba essere sottolineata la maturità di questa Camera, che, in terza lettura, ha approvato un testo che è ritornato dal Senato con norme che questa Camera non aveva voluto e sulle quali, come abbiamo ascoltato oggi - ma ben sappiamo quanto lavoro è stato fatto in Commissione - era tutt'altro che scontato il consenso.
Nel disegno di legge proposto dall'allora governo Prodi le norme sul riconoscimento del figlio nato da un rapporto incestuoso non erano state introdotte. Ho ascoltato con molta attenzione le argomentazioni che sono state espresse dalle due parti che, in qualche modo, si sono confrontate. Credo che siano tutte degne di attenzione e dopo averle ascoltate non solo sono convinta che non potevamo modificare ancora questo provvedimento - pena non vederlo davvero definitivamente approvato neppure in questa legislatura - ma credo anche che, pur nella perfettibilità delle norme, vi siano delle ragioni che ci fanno dire oggi che abbiamo fatto bene ad approvare questa proposta di legge anche con il contenuto delle norme che il Senato della Repubblica ha introdotto autonomamente.
Pregherei i colleghi che ho ascoltato con molta attenzione e che, invece, erano contrari a questa approvazione di provare a cogliere gli aspetti assolutamente positivi delle norme che abbiamo introdotto e ad evitare di comunicarle anche all'esterno, penso in maniera particolare alla sensibilità del mondo cattolico su queste norme.
Rompere il tabù della irriconoscibilità di un figlio nato da un rapporto incestuoso non vuol dire assolutamente legittimare l'incesto, soprattutto quando questo è accompagnato da violenza. Non mettiamoci sempre e comunque su questo strano piano inclinato che ci impedisce di dare al nostro Paese leggi di civiltà, sempre per un atteggiamento che rischia di essere più moralistico che obiettivo rispetto alle situazioni. Soprattutto, evitiamo di dire ciò che non c'è. Non è vero che chi si è macchiato del reato di incesto potrà esercitare la patria potestà. Il riconoscimento di un figlio non porta con sé automaticamente l'esercizio della patria potestà.
In particolar modo, aggiungo che, in questa riflessione che ho fatto con molta attenzione, mi ha convinto una citazione di Alfredo Carlo Moro secondo cui questo residuo divieto di riconoscimento appare più come una punizione per i genitori incestuosi che una tutela dei minori i quali continuano a subire discriminazioni nell'ordinamento giuridico. Questo aspetto va sanato e va sanato, da questo punto di vista, il nostro atteggiamento.
Senza togliere al legislatore del futuro la possibilità di ritornare su questo argomento, credo che oggi dobbiamo davvero essere soddisfatti del lavoro che abbiamo fatto. In questa legislatura così complessa regaliamo al nostro Paese una legge di civiltà. Era quasi impensabile che ancora vi fosse un retaggio di tanta arretratezza, una arretratezza che, lasciatemelo dire, mi ricordava in qualche modo il Don Gesualdo del 1889 dove la «roba» tutto involveva, a cominciare dalla verità, per non consentire al figlio, frutto di una trasgressione da tenere nascosta, di partecipare ai beni della famiglia.
Una norma assolutamente arretrata e incivile oggi, di fronte al cambiamento profondo che è in atto nella nostra società. Oggi un figlio su quattro di quelli che vengono al mondo nasce in una unione di fatto. Sono 120mila bambini all'anno. Non era pensabile che il nostro ordinamento avesse un atteggiamento discriminatorio nei confronti di questi bambini che sono uguali a tutti gli altri e che erano privati della loro famiglia, dei nonni, degli zii, dei cugini, dei fratelli, delle sorelle. Noi, in questo senso, facciamo un passo avanti estremamente significativo.
Mi sia consentito dire che con questo provvedimento noi, di fatto, eliminiamo anche le conseguenze discriminatorie nei confronti dei figli che possono discendere da una libera scelta o da una situazione costrittiva dei loro genitori. Credo che l'articolo 29 della nostra Costituzione sia un articolo fondamentale, dove si parla di famiglia fondata sul matrimonio, ma ritengo che oggi molte delle famiglie italiane siano fondate su unioni di fatto e credo che non possiamo far ricadere la libertà di scelta dei genitori sulla personalità giuridica dei loro figli. In qualche modo, da oggi riconosciamo anche l'esercizio di una libertà che la nostra Costituzione non nega, pur affidando alla famiglia quella priorità e quel primato che giustamente le viene riconosciuto.
Un'ultima parola, signor presidente. Credo che per completare questo lavoro si debba davvero auspicare che nella prossima legislatura il nostro Paese abbia l'istituzione del tribunale per la famiglia. In questo provvedimento si fa un passo avanti anche in tal senso. Si fa un passo avanti dando un unico giudice a tutti i minori e a tutti i figli, ma credo si debba davvero affidare ad un giudice specializzato una problematica che diventa sempre più ricca e sempre più forte nella vita del nostro Paese.
Questo Parlamento, dopo aver approvato mozioni impegnative per la giornata dell'infanzia, oggi dà attuazione a una parte importante di quelle mozioni, perché non solo elimina con questo provvedimento ogni discriminazione nell'ordinamento, ma affida al governo una legge che consente la revisione di parti importanti del codice civile. Finalmente i bambini non sono soltanto le donne e gli uomini di domani: sono le persone di oggi.
Signor presidente, colleghi, signor sottosegretario, voglio innanzitutto ringraziare il mio gruppo per avermi affidato la dichiarazione di voto finale su questo importante provvedimento, perché altre e altri, in particolare i componenti della Commissione giustizia, che hanno lavorato molto e che voglio ringraziare in maniera particolare, avrebbero avuto titolo e competenze per svolgere questo intervento.
Credo che mi sia stato chiesto perché, nella legislatura precedente, come ministro per le politiche della famiglia, avevo presentato un disegno di legge volto a superare definitivamente le discriminazioni tra i figli nati dentro e fuori dal matrimonio. Quel disegno di legge si arrestò per la fine della legislatura. Sono contenta, come penso ciascuno di noi, oggi, nel constatare che, al termine di questa legislatura, noi riusciamo a dare al nostro Paese una legge di civiltà.
Oggi Francesco, 28 anni, che ha perso il padre quando ne aveva 10, vede finalmente riconosciuto il suo diritto ad appartenere a pieno titolo alla famiglia paterna. Non dovrà più sentirsi un parente di serie B per il fatto che i suoi genitori non erano sposati. Quando pochi anni fa sono morti anche i nonni, Francesco non ha potuto ereditare alcunché perché niente era dovuto a un «nipote fantasma». È tardi per avere l'eredità, ma non è troppo tardi per sanare almeno una ferita affettiva.
Oggi Chiara, 9 anni, continuerà a giocare con gli stessi coetanei che finalmente sono diventati suoi cuginetti. Nessuno le aveva ancora detto che in realtà non lo erano e che per legge i cugini con cui sta crescendo erano per lei degli estranei, come gli zii, i nonni e gli altri parenti, a parte mamma e papà. Chiara ha la fortuna di essere troppo piccola per aver saputo in quale maglia di arretratezza culturale era incappata solo perché figlia di una coppia di fatto.
Oggi Giulia, 20 anni, che invece ha scoperto da tempo di non essere la nipote legale della nonna molto amata e non glielo ha rivelato per non darle un grande dolore, andrà sicuramente ad abbracciarla. Nulla sarà cambiato nell'affetto che la lega alla nonna, se non la soddisfazione di sapere che finalmente è stato fatto l'ultimo passo per l'equiparazione giuridica tra i figli legittimi e i figli naturali.
Matteo è nato lo scorso 13 novembre. È il terzo figlio di Margherita. Suo fratello e sua sorella sono figli del precedente matrimonio, mentre Matteo è nato dall'unione di fatto della madre con il suo nuovo compagno. L'approvazione di questa legge sarà il regalo più bello della sua venuta al mondo. Credo che debba essere sottolineata la maturità di questa Camera, che, in terza lettura, ha approvato un testo che è ritornato dal Senato con norme che questa Camera non aveva voluto e sulle quali, come abbiamo ascoltato oggi - ma ben sappiamo quanto lavoro è stato fatto in Commissione - era tutt'altro che scontato il consenso.
Nel disegno di legge proposto dall'allora governo Prodi le norme sul riconoscimento del figlio nato da un rapporto incestuoso non erano state introdotte. Ho ascoltato con molta attenzione le argomentazioni che sono state espresse dalle due parti che, in qualche modo, si sono confrontate. Credo che siano tutte degne di attenzione e dopo averle ascoltate non solo sono convinta che non potevamo modificare ancora questo provvedimento - pena non vederlo davvero definitivamente approvato neppure in questa legislatura - ma credo anche che, pur nella perfettibilità delle norme, vi siano delle ragioni che ci fanno dire oggi che abbiamo fatto bene ad approvare questa proposta di legge anche con il contenuto delle norme che il Senato della Repubblica ha introdotto autonomamente.
Pregherei i colleghi che ho ascoltato con molta attenzione e che, invece, erano contrari a questa approvazione di provare a cogliere gli aspetti assolutamente positivi delle norme che abbiamo introdotto e ad evitare di comunicarle anche all'esterno, penso in maniera particolare alla sensibilità del mondo cattolico su queste norme.
Rompere il tabù della irriconoscibilità di un figlio nato da un rapporto incestuoso non vuol dire assolutamente legittimare l'incesto, soprattutto quando questo è accompagnato da violenza. Non mettiamoci sempre e comunque su questo strano piano inclinato che ci impedisce di dare al nostro Paese leggi di civiltà, sempre per un atteggiamento che rischia di essere più moralistico che obiettivo rispetto alle situazioni. Soprattutto, evitiamo di dire ciò che non c'è. Non è vero che chi si è macchiato del reato di incesto potrà esercitare la patria potestà. Il riconoscimento di un figlio non porta con sé automaticamente l'esercizio della patria potestà.
In particolar modo, aggiungo che, in questa riflessione che ho fatto con molta attenzione, mi ha convinto una citazione di Alfredo Carlo Moro secondo cui questo residuo divieto di riconoscimento appare più come una punizione per i genitori incestuosi che una tutela dei minori i quali continuano a subire discriminazioni nell'ordinamento giuridico. Questo aspetto va sanato e va sanato, da questo punto di vista, il nostro atteggiamento.
Senza togliere al legislatore del futuro la possibilità di ritornare su questo argomento, credo che oggi dobbiamo davvero essere soddisfatti del lavoro che abbiamo fatto. In questa legislatura così complessa regaliamo al nostro Paese una legge di civiltà. Era quasi impensabile che ancora vi fosse un retaggio di tanta arretratezza, una arretratezza che, lasciatemelo dire, mi ricordava in qualche modo il Don Gesualdo del 1889 dove la «roba» tutto involveva, a cominciare dalla verità, per non consentire al figlio, frutto di una trasgressione da tenere nascosta, di partecipare ai beni della famiglia.
Una norma assolutamente arretrata e incivile oggi, di fronte al cambiamento profondo che è in atto nella nostra società. Oggi un figlio su quattro di quelli che vengono al mondo nasce in una unione di fatto. Sono 120mila bambini all'anno. Non era pensabile che il nostro ordinamento avesse un atteggiamento discriminatorio nei confronti di questi bambini che sono uguali a tutti gli altri e che erano privati della loro famiglia, dei nonni, degli zii, dei cugini, dei fratelli, delle sorelle. Noi, in questo senso, facciamo un passo avanti estremamente significativo.
Mi sia consentito dire che con questo provvedimento noi, di fatto, eliminiamo anche le conseguenze discriminatorie nei confronti dei figli che possono discendere da una libera scelta o da una situazione costrittiva dei loro genitori. Credo che l'articolo 29 della nostra Costituzione sia un articolo fondamentale, dove si parla di famiglia fondata sul matrimonio, ma ritengo che oggi molte delle famiglie italiane siano fondate su unioni di fatto e credo che non possiamo far ricadere la libertà di scelta dei genitori sulla personalità giuridica dei loro figli. In qualche modo, da oggi riconosciamo anche l'esercizio di una libertà che la nostra Costituzione non nega, pur affidando alla famiglia quella priorità e quel primato che giustamente le viene riconosciuto.
Un'ultima parola, signor presidente. Credo che per completare questo lavoro si debba davvero auspicare che nella prossima legislatura il nostro Paese abbia l'istituzione del tribunale per la famiglia. In questo provvedimento si fa un passo avanti anche in tal senso. Si fa un passo avanti dando un unico giudice a tutti i minori e a tutti i figli, ma credo si debba davvero affidare ad un giudice specializzato una problematica che diventa sempre più ricca e sempre più forte nella vita del nostro Paese.
Questo Parlamento, dopo aver approvato mozioni impegnative per la giornata dell'infanzia, oggi dà attuazione a una parte importante di quelle mozioni, perché non solo elimina con questo provvedimento ogni discriminazione nell'ordinamento, ma affida al governo una legge che consente la revisione di parti importanti del codice civile. Finalmente i bambini non sono soltanto le donne e gli uomini di domani: sono le persone di oggi.
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