martedì 20 agosto 2013

Letta: "te ne vai o no, te ne vai sì o no..."

Una interessante analisi della situazione da parte di Simone Negri.
Già il titolo da solo è un perfetto editoriale!  
http://simonblacks.wordpress.com/2013/08/20/letta-eterno/#comment-302


Letta Eterno

Premetto che nelle ultime settimane ho seguito poco la politica nazionale.
Il giro in bici (di cui penso di scrivere a breve…) nel centro-Italia mi ha occupato abbastanza e non avevo nessun interesse a seguire gli strascichi della vicenda legata a Berlusconi.

Ho leggiucchiato qualcosa delle grigie mosse di Napolitano, ma vorrei ripartire dal discorso di Letta di fronte alla platea del Meeting di Rimini 2013 – Emergenza Uomo (a proposito: ha del miracoloso che la rassegna sia sopravvissuta alla tempesta giudiziaria degli ultimi mesi).
Interesserà a pochi sapere che non mi ritrovo nelle parole dell’attuale Premier, condite da una melassa di buoni sentimenti da libro Cuore e da accenni di una visione di largo respiro (“ah, l’Europa dei fondatori!” si sospira) pur infarcite qua e là da precise stilettate democristiane.
La sostanza del messaggio è che il governo delle Larghe Intese deve proseguire perché è l’unica maggioranza possibile in grado di condurre l’Italia sull’unica strada possibile per la ripresa economica. Strada già imboccata per via dell’unica ricetta già seguita da tempo e anzi staremmo – a detta di Letta – intravedendo già i primi risultati (quando si parla di ripresa, fatto x l’anno in corso, si prevedono miglioramenti per l’anno x+1).
Di fronte alla platea acclamante del Meeting – lì si applaude il potere in tutte le sue manifestazioni – il Primo Ministro si è peraltro spinto oltre nella nuova impostazione neo-conservatrice che prevedendo appunto un’unica via per uscire dalla crisi, la loro, tende a mal sopportare e mettere al bando qualsiasi tipo di pensiero diverso e sminuisce il ruolo dell’opposizione. Un fastidio permanente, anche perché di ostacolo alle decisioni da prendere in virtù dello stato di calamità costante in cui ci si trova e della necessaria stabilità dei governi.
Non importa cosa fa un esecutivo. L’importante è che ci sia e che sia stabile. 
E’ la pacificazione, baby! (e qui parte il noto riff di chitarra dei Pearl Jam)
Normale quindi che quando si parla di “conflitto” non si pensi a consuete dinamiche di vita democratica in cui forze politiche che rappresentano settori diversi della società si scontrano (prima) trovando un equilibrio che vada bene a tutte le parti (poi) ma esclusivamente alle sterili contrapposizioni, alla violenza verbale, alle sceneggiate (cappi, mortadelle, manifesti di lutto, fischi etc) a cui purtroppo il nostro parlamento ha assistito negli ultimi decenni.
Letta ha paciosamente scomodato il concetto di “incontro”. Ossia le parti si incontrano e la sua parte propone la sua soluzione. Ovvio che agli altri debba andare bene per forza, essendo l’unica possibile. Con argomentazioni simili alle mie, ieri Francesco Nicodemo ha scritto unilluminante articolo, che consiglio di leggere, per L’Espresso.
Queste le mie considerazioni. Vorrei però soffermarmi sulla fotografia della situazione.
Berlusconi è il protagonista de “Il Sesto Senso”. Non mi riferisco al bambino sensitivo, ovviamente, ma al personaggio interpretato da Bruce Willis, il dottore che non si è reso conto di essere morto da settimane.
Mi sbilancio: credo che stavolta sia veramente finita! Si dimenerà ancora un po’ ma poi si renderà conto che gli conviene chetarsi e riportarsi in seconda fila (per quanto la seconda fila non sia praticabile dal personaggio).
Il Governo è destinato a durare. Ci sono vari segnali di questo.
Innanzitutto l’uscita di scena di Berlusconi rende automaticamenteLetta un punto di riferimento per i moderati del centrodestra in cerca di nuova collocazione. Spintaneamente si va formando il tanto auspicato grande centro, progetto che da Tangentopoli ad oggi ha solo incontrato fallimenti (buon ultimo Monti).
Il PD è logorato da guerre intestine e molti dei candidati al congresso si presentano come figure stabilizzatrici. Emblematico a mio parere il caso di Cuperlo che sicuramente ha in mente un partito di sinistra, ma che mi pare voglia concentrarsi sulla (ri)costruzione del PD, a partire dalle questioni valoriali ed ideali, staccandolo però (ossia rendendolo mansueto) nei confronti del Governo. Con tutte le contraddizioni che ne derivano (…)
A livello del Partito Democratico, in questo momento, le uniche due figure di rottura rispetto all’esecutivo sarebbero, pur per motivi diversi,Civati e RenziCivati perché da sempre schierato su posizioni critiche rispetto alle Larghe Intese, Renzi perché da mesi coccola l’idea di essere a capo del governo e di imprimere una svolta liberale al PD.
Temo che entrambi questi tentativi siano destinati a fallire.
In particolare, rispetto a Renzi, mi ha colpito il significativo editoriale di Scalfari su Repubblica di domenica.
Detto che qualche settimana fa già si parlava di “Partito Renzi-Repubblica” per via dell’avvicinamento tra De Benedetti (e quindi Scalfari) e il Sindaco, suggellato dall’ormai celebre “prima mi stava antipatico, ora mi sta simpatico“, oggi Scalfari ipotizza un tandem Epifani-Barca (rispettivamente segretario-primo ministro?) per il futuro del PD. Ma ciò che più importa è che spiega che questo scenario è lontano dal realizzarsi. Ora c’è il governo Letta che andrà avanti, forse addirittura fino a fine mandato.
Parallelamente, tra le righe, scarica Renzi. E in effetti la probabile stabilità del Governo tende ad arrugginire e non poco il Rottamatore.
Mi pare che troppo spesso ci accaniamo sulle dinamiche interne anziché osservare il quadro – incombente ed influente – da una prospettiva più larga, anche internazionale.
Quanto hanno influito le pressioni internazionali sulle scelte degli ultimi mesi (penso alla bocciatura di Prodi e al mancato passaggio delPresidente Incaricato Bersani alle Camere per la fiducia, senza dimenticare Grillo e Casaleggio in visita all’ambasciatore americano in Italia…)
Mi è venuta in mente Wikileaks. Ricordo di aver letto i report americani sui nostri politici, buon ultimo Berlusconi ma pure i leader degli anni ’70, Moro, Zaccagnini etc. E penso a Letta.
Mi limito a ragionare solo sugli Stati Uniti senza prendere in considerazione la Germania, l’Europa, le banche internazionali e via discorrendo anche se immagino che per certi versi il ragionamento possa essere esteso anche agli altri.
Oggi per gli USA in Italia è Primo Ministro una persona moderata, filoatlantica, si presume onesta (quasi un’eccezione per la politica italiana, leggete cosa ne pensano loro a riguardo) la cui massima trasgressione pare essere il subbuteo. Non sono considerazioni banali, soprattutto dopo la stagione berlusconiana.
A differenza di Monti, Letta è politicamente preparato e sicuramente più capaci di gestire i processi decisionali. Rispetto a Renzi, ha il vantaggio di non essere una scommessa e offre più garanzie in termini di capacità e preparazione.
Dalla sua ha anche l’età piuttosto giovane che gli permette di essere una persona su cui investire nei prossimi anni. Se adeguatamente supportato, può crescere anche nel consenso (lo ha già fatto in parte in questi mesi – ed è un suo merito – nonostante il governo bicefalo che presiede).
Insomma, una figura seria ed affidabile. Ben inserito negli ambienti che contano ma non così legato dal governare inseguendo pedissequamente interessi personali.
E allora mi chiedo: perché quelli che ci dettano le ricette economiche in Italia e dall’estero dovrebbero fare a meno di un potenziale del genere?

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