mercoledì 15 aprile 2009

GAS, banche e grana

tratto da: http://milano.corriere.it/milano
Brescia - La banca nega il fido, caseificio salvatodai clienti con un'«adozione a distanza»
Mille famiglie dei gruppi d’acquisto solidale hanno pagato in anticipo le forme di grana

GOTTOLENGO (Brescia) — Strozzato dalle banche, in grave crisi di liquidità, ha ri­schiato di chiudere il caseifi­cio di famiglia, 200 anni di la­voro e tradizione alle spalle. Lo ha salvato un sos lanciato ai «Gas» — gruppi di acqui­sto solidale — che rappresen­tano lo zoccolo duro dei suoi clienti. Così 85 gruppi, quasi mille famiglie distribuite nel­le province di Bergamo, Bre­scia, Como, Lecco e Milano, hanno comprato in anticipo le forme di grana: un’adozio­ne a distanza lunga 36 mesi, il tempo necessario per la sta­gionatura del formaggio. Ma soprattutto un esperi­mento di finanza dal basso, con i clienti che si sostituisco­no alla banche, facendo spal­lucce alla crisi. ...
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1 commento:

Franco Gatti ha detto...

Brescia
La banca nega il fido, caseificio salvato dai clienti con un'«adozione a distanza»
Mille famiglie dei gruppi d’acquisto solidale hanno pagato in anticipo le forme di grana

GOTTOLENGO (Brescia) — Strozzato dalle banche, in grave crisi di liquidità, ha ri­schiato di chiudere il caseifi­cio di famiglia, 200 anni di la­voro e tradizione alle spalle. Lo ha salvato un sos lanciato ai «Gas» — gruppi di acqui­sto solidale — che rappresen­tano lo zoccolo duro dei suoi clienti. Così 85 gruppi, quasi mille famiglie distribuite nel­le province di Bergamo, Bre­scia, Como, Lecco e Milano, hanno comprato in anticipo le forme di grana: un’adozio­ne a distanza lunga 36 mesi, il tempo necessario per la sta­gionatura del formaggio. Ma soprattutto un esperi­mento di finanza dal basso, con i clienti che si sostituisco­no alla banche, facendo spal­lucce alla crisi. A un anno da quella che sembrava solo una gara di solidarietà, Massimo Tomasoni, 40 anni, proprieta­rio con i due fratelli del casei­ficio di famiglia, a Gottolen­go, tra Brescia e Cremona, ti­ra le somme: «Nel mese di marzo il fatturato è cresciuto del 30%, ma in generale abbia­mo avuto un incremento del 150%. E i nostri clienti per ef­fetto del passaparola sono tri­plicati». Un rapporto intensifi­cato dalla consegna porta a porta e dal continuo scambio di informazioni con i consu­matori.

La storia del caseificio To­masoni è singolare. «Ci sia­mo convertiti al biologico dal 2000 al 2004, tra le preoccupa­zioni dei miei fratelli. E’ anda­ta bene, anche se la scelta ha comportato sacrifici: il fattu­rato che nel 2003 era di 2,5 milioni, passa a 300mila euro l’anno successivo, per poi ri­salire al milione del 2008. Il 45% del prodotto è rivolto ai gruppi «Gas», il resto a distri­butori italiani e stranieri». Poi, la crisi: «I prezzi del latte si sono impennati, sono cre­sciuti del 25% in pochi mesi. C’erano esposizioni con le banche per un milione e sei­centomila euro circa, in parte ipoteche sullo stabilimento e in parte garantiti da pegno sul prodotto. In più avevamo forme di grana in stiva per tre anni: troppi, e quasi 27mi­la euro di costi per il magazzi­no, perché il formaggio ha bi­sogno di stagionare».

Quando i fornitori di latte battono cassa, Tomasoni ve­de nero. «Bastava un altro fi­do, servivano in tutto 150mi­la euro. Ma nessuno degli isti­tuti di credito cui mi sono ri­volto mi ha dato quei soldi». Non restava che informare i clienti del collasso. In una mail inviata a gennaio dell’an­no scorso, Tomasoni fa il pun­to: espone i problemi e antici­pa che con ogni probabilità non sarà in grado di fornire formaggio a lungo. La prima risposta arriva la sera stessa dell’invio. «Per me è stato il segnale della svolta — dice oggi l’imprenditore — erano spariti tutti, i miei clienti pe­rò rispondevano». E adesso che ha comincia­to a restituire il prestito ricor­da quelle testimonianze di so­lidarietà. «Non preoccuparti, studiamo insieme una possi­bile soluzione», scrivono da Lecco. E parte, via Internet, il tam-tam per salvare il caseifi­cio. «Difficile trovarne un al­tro biologico, e ci vuole trop­po tempo per convincerne uno tradizionale a diventare biologico», fanno eco gli altri «Gas». Che, convocata una riunione, decidono di finan­ziare Tomasoni raccogliendo 110mila euro come anticipo sulle forme di grana. Il resto lo mette una cooperativa fi­nanziaria solidale per il mi­crocredito, «Mag2».

Ora che è fuori dalla crisi, Tomasoni, pioniere di questa nuova economia, ne spiega il segreto: «Buon senso e rispet­to della persona: io guardo ne­gli occhi i miei clienti, non po­trei mai truccare il mio for­maggio solo per vendere di più». Il risultato Tomasoni lo racconta con un semplice confronto: «Nel 2002 ho ven­duto ai "Gas" 6mila euro di formaggi; quest’anno nei pri­mi tre giorni di aprile ne ho già incassati 9 mila».

Olga Piscitelli
15 aprile 2009

Tratto da: http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/09_aprile_15/caseificio_salvato_clienti-1501187909632.shtml

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