sabato 31 dicembre 2011

La povertà in Italia secondo L' ISTAT

Istat, stabile povertà in Italia nel 2010, cresce numero famiglie con bassa intensità di lavoro Una ricerca Istat relativa a dati del 2010 dice che la povertà in Italia è stabile, ma secondo nuove stime un quarto degli italiani sono a rischio povertà
RICERCA ISTAT SUL 2010 CONFERMA DATI 2009 SU POVERTA’ IN ITALIA. E TRA NORD E SUD E’ SEMPRE DIVARIO

La ricerca dell’Istat sulle condizioni materiali delle famiglie italiane nel 2010 ha confermato quasi esattamente gli stessi dati del 2009. Anzi, ad essere precisi, i dati indicano che vi sarebbe stato persino un leggerissimo calo sia delle famiglie a rischio povertà che di quelle che si troverebbero in condizioni di forte privazione. Nel 2009, infatti, le famiglie esposte al rischio povertà erano in Italia il 18,4%, mentre nel 2010 sarebbero scese al 18,2%. E coloro che già si trovano in condizioni di relativa povertà sarebbero nel frattempo passate dal 7% al 6,9%.
La ricerca è stata effettuata su un campione di 19 mila famiglie, pari a 47.500 persone intervistate in tutto lo Stivale.
In termini percentuali di persone coinvolte nel problema povertà (anche solo potenziale), l’indice sintetico Istat mostra una stabilità rispetto al 2009, pari al 24,5%, ossia pari a 14,8 milioni di individui.

La fascia di età che soffre maggiormente del rischio povertà o della povertà relativa è quella tra i 16 e i 24 anni e questo dato ci accomuna alla Francia, anche se in questo Paese i livelli di povertà tendono ad essere inferiori.
E come ogni anno, torna un classico delle statistiche, quello che riguarda il ben noto divario tra Nord e Sud. Se, ad esempio, risulta dalla Org “Save the Children”, che in Italia sarebbe in condizioni di povertà relativa un minore su quattro, tuttavia, questo dato varia da un rapporto di uno a due in Sicilia a solo uno su quattordici in Lombardia.
E se si fa riferimento al reddito dichiarato, si scopre che al Nord metà delle famiglie vivrebbe sotto i 24.544 euro annui, pari a 2.050 euro al mese, mentre al Sud metà delle famiglie vivrebbe sotto i 20.600 euro all’anno, pari a 1.700 euro al mese. I dati si riferiscono all’esercizio 2009.
Ma se restano stabili il tasso di povertà e il rischio povertà, ciò che aumenta è la percentuale delle famiglie che lavora a bassa intensità, ossia che dedica al lavoro meno di un quinto del proprio tempo: dall’8,8% del 2009 si è passati al 10,2% del 2010.
Quanto alle famiglie che vivrebbero in condizioni di forti privazioni, esse ammonterebbe al 12,9% al Sud, al 5,6% al Centro e al 3,7% al Nord.

Diminuita ricchezza famiglie italiane
Letti congiuntamente, questi dati ci dicono che la povertà non aumenta (siamo ancora ai dati 2010), ma la Banca d’Italia ha fornito qualche settimana fa alcuni dati interessanti, secondo i quali la ricchezza delle famiglie italiane sarebbe diminuita dell’1,5% tra il 2009 e il 2010. Avrebbe allora ragione la Caritas, quando afferma che la stabilità del tasso di povertà sarebbe dovuto all’erosione dei risparmi che le famiglie avevano accumulato negli anni. In poche parole, le difficoltà sono state in parte tamponate, facendo ricorso ai risparmi di una vita.
Altro dato non positivo è che cresce la bassa intensità di lavoro tra le famiglie, a conferma che è l’occupazione il problema principale degli italiani, alla base della caduta del loro reddito prima e del livello di vita, dopo.

Divario tra Nord e Sud
Altra constatazione: il divario tra Nord e Sud esiste, ma è molto inferiore a quanto la stessa Istat o le Ong ci dicano. Vediamo perché. La povertà relativa viene calcolata, considerando “povero” colui o colei che guadagna meno della metà del reddito medio su base nazionale. Tuttavia, le medie nazionali in un Paese come l’Italia hanno poco senso, perché vivere in Sicilia o in Lombardia non è la stessa cosa. A dire il vero, vivere a Milano o a Buccinasco non è la stessa cosa, figuriamoci fare confronti tra regioni meridionali e settentrionali.
Per questo, molte famiglie al Sud sono considerate povere, sulla base di dati nazionali, ma molte di queste non lo sarebbero, se si considerassero dati regionali. Non solo. C’è il problema dell’evasione fiscale e del lavoro nero, che nel Meridione è notoriamente molto più accentuato che nel resto d’Italia. Questo significa che molti al Sud risultano statisticamente senza reddito o con reddito più basso del reale, in percentuali maggiori che altrove, facendo risultare poveri e/o senza lavoro coloro che non lo sarebbero con dati veritieri, con maggiore incidenza che al Nord o al Centro
Ieri, ore 14:43, tratto da:  http://www.investireoggi.it/news/istat-stabile-poverta-in-italia-nel-2010-cresce-numero-famiglie-con-bassa-intensita-di-lavoro/

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