Un ragionamento che non condivido al 100%, ma sul quale suggerisco una riflessione anche fuori dal giro delle persone attivamente impegnate in politica (nei partiti) per migliorare la nostra società.
PD: e ora?
Anche se mancano ancora i ballottaggi, si può affermare senza timor di smentita che il Partito Democratico ha passato il test delle amministrative. Non ci sono stati risultati particolarmente esaltanti, ma ha dimostrato di essere l’unica formazione politica a disporre degli anticorpi per uscire da questa fase di grave crisi.
Se poi ci si prendesse la briga di andare al di là delle percentuali e di verificare quanti comuni sono stati conquistati, ci si dovrebbe dire piuttosto soddisfatti del risultato.
Inoltre il voto amministrativo è venuto a breve distanza dalla bella vittoria del socialista Hollande in Francia, candidatura che Bersani ha sostenuto con forza. Anche coraggiosamente, nonostante una parte del partito lo avesse criticato e si fosse schierata a sostegno del moderato Bayrou. In Francia nessuno sa dell’appoggio di Fioroni per il candidato centrista, ma avendo questi perso il 10% rispetto alle precedenti presidenziali, ci piace pensarlo.
Tutto lasciava presagire che un così forte endorcement del Segretario a sostegno della causa francese, lasciasse intravedere la volontà di portare a termine l’ininterrotta transizione del PD (forse partita nel remoto ’89) per darsi un’identità di grande partito socialista di respiro europeo.
Nell’intervista di ieri a Repubblica, però, Bersani non si è librato in volo: nonostante intorno alla rinsaldata foto di Vasto non ci siano che detriti, benchè il Terzo Polo sia brutalmente naufragato, il Segretario si è lasciato andare a un’affermazione che in questo momento è tutt’altro che dimostrata (e dimostrabile): ”il centrosinistra non è sufficiente per governare”.
Ciò che invece è stato verificato è che Terzo Polo, UDC e Casini non sono in grado di raccogliere neanche una piccola parte del consenso che fino a un paio di anni fa le folle tributavano a Berlusconi. Casini,il vero sconfitto dal voto amministrativo, si sta agitando molto per smarcarsi in vista di nuove e più proficue alleanze, ma comincia a sorgere il dubbio che sia proprio lui ad essere inadatto a svolgere un ruolo di primo piano in quella che inevitabilmente sarà la Terza Repubblica. Evidentemente la sua stessa immagine, complici le tante rotazioni nella sua tolemaica posizione al centro degli schieramenti, si è logorata. Se ne faccia una ragione.
Sempre nell’intervista Bersani fornisce questa risposta:
Perché non ci prova il Pd a occupare il vuoto moderato?
“Ci proviamo. Il centrosinistra per la prima volta può sfondare il muro di gomma tra guelfi e ghibellini che è radicato nella storia d’Italia. È una responsabilità nuova e il Partito democratico non basta. Vogliamo essere più aperti nei programmi e nelle proposte. Ci rivolgiamo a intellettuali, autorità morali, rappresentanti della vita economica per dire diamoci la mano. Penso a un rassemblement democratico contro il ripiegamento difensivo della destra”.
“Ci proviamo. Il centrosinistra per la prima volta può sfondare il muro di gomma tra guelfi e ghibellini che è radicato nella storia d’Italia. È una responsabilità nuova e il Partito democratico non basta. Vogliamo essere più aperti nei programmi e nelle proposte. Ci rivolgiamo a intellettuali, autorità morali, rappresentanti della vita economica per dire diamoci la mano. Penso a un rassemblement democratico contro il ripiegamento difensivo della destra”.
In questa dichiarazione di francese è rimasto solo il termine “rassemblement”, totalmente decontestualizzato rispetto all’accezione hollandista del lo stesso: “Je suis socialiste, j’ai toujours voulu le rassemblement de la gauche”
Non mi convince il ragionamento di Bersani per due motivi.
Innanzitutto, parto dal presupposto che questa crisi richiede scelte di campo: non l’ha di fatto ancora ratificata il PD. Non credo la possano ratificare i centristi, UDC incluso. Si parla di “rassemblement democratico”, ma non è chiaro quale estensione abbia il termine democratico… Ciò che bisogna costruire è un fronte comune, non solo in Italia, che abbia le idee chiare su come reimpostare la sovranità della democrazia sulla finanza e sul mercato, che si batta per la riduzione delle disuguaglianze sociali, che abbia progetti comuni per la crescita, che aggiorni ma mantenga il patto sociale e che rilanci il sogno europeista. L’UDC si potrà mai sentire parte di questo progetto? Ho seri dubbi.
Inoltre a me pare che il Partito Democratico stia già svicolando sul terreno delle alleanze senza mai aver chiarito l’equivoco di fondo relativo alla sua identità. Per il momento è l’essenza vaga e indefinita degli albori. Nè guelfa nè ghibellina, per riprendere le parole di Bersani.
E come fa un soggetto politico in cui coesistono tante anime senza che nessuna sia in grado di dettar la linea a costruire una rete di alleanze senza esserne influenzata, spostata, condizionata? Come può questo PD essere il baricentro di un’ampia coalizione se è per sua natura cangiante ed incolore?
Buon ultima si ricomincia a parlare di primarie per la candidatura a Primo Ministro.
Non credo sia accettabile pensare a un Partito Democratico che sia un carrozzone in cui il cocchiere che vince le primarie decide programmi ed alleanze per il 2013.
Credo invece che sarebbe utile andare a congresso. In maniera trasparente. E ci si fronteggi sulle tante questioni aperte ed irrisolte. Ad esempio la legge elettorale, argomento su cui non è possibile che una forza politica realmente popolare assuma una posizione basandosi esclusivamente sull’opinione dei vertici. Un eventuale superamento del bipolarismo non può essere sostenuta dal PD dopo essere stata condivisa da Bersani, D’Alema, Veltroni e qualche prodiano. Dovrebbe essere argomento congressuale in cui si riconosca la base.
La posizione “equivoca” (o mediatrice) che Bersani sta tenendo rischia di logorarlo: le critiche cominciano già a fioccare e ci sarebbero comunque (pare che pure Prodi abbia mosso delle critiche dalle pagine de L’Espresso), ma seguendo questo tracciato il Segretario non raccoglierebbe certo consensi.
Perchè allora non dare seguito alle buone intenzioni di qualche mese fa? Perchè non essere l’interprete di quella transizione in chiave socialista del PD che ha il vento in poppa che spira dalla Francia e che avrebbe piena legittimazione su scale europea? Perchè non far costruire la cornice alla foto di Vasto e far confermare agli iscritti che quello è il punto di partenza per qualsiasi alleanza futura?
Inutile dire che alla piatta rincorsa del voto moderato – non una novità ma una costante soprattutto per gli ex PCI dall’89 che non ha mai portato a risultati significativi – preferisco la formulazione di una proposta chiara che getti le basi per un lavoro comune tra i principali partiti progressisti europei sui grandi temi che abbiamo davanti. Anche perchè, sempre per dirla alla Bersani, temo che “nel tentativo di sfondare il muro di gomma tra Guelfi e Ghibellini” ci ritroveremo pieni di Guelfi e con i Ghibellini estinti.
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