LA LEGGE ELETTORALE
Non entro nello specifico di ogni singolo punto della nuova legge elettorale. Anche perché al momento in cui scrivo essa deve ancora andare in Aula alla Camera dove potrebbe essere in parte modificata, e magari su punti rilevanti (anche se non credo), oppure addirittura affondata dai franchi tiratori (ma in quel caso non solo sarebbe finita la legislatura ma si darebbe a Grillo l’arma di distruzione finale, il che sarebbe una tragedia per il Paese, per cui non penso vedremo all’opera una nuova versione dei 101). La analizzeremo dunque nel dettaglio a bocce ferme. Ora mi limito a una sola “macro” considerazione. Per quanto mi riguarda la legge elettorale teoricamente perfetta è quella proporzionale. Una testa, un voto e ogni voto pesa uguale nella ripartizione
dei seggi. Punto. Ma l’ottimo è spesso nemico del bene, si dice. E purtroppo nella nostra condizione l’ottimo è nemicissimo del bene. L’esito di una elezione col proporzionale (e non dimentichiamo: la Corte Costituzionale con la sua sentenza anti-Porcellum, sulla quale ci sarebbe molto, ma molto da dire anche senza essere dei costituzionalisti, ma lasciamo perdere, ha rimesso in piedi la vecchia legge elettorale, quella della Prima Repubblica, appunto proporzionale. Per cui se non si fa una nuova legge si tornerà alle urne col proporzionale puro) sarebbe la sicura ingovernabilità. Finirebbe con un governo di larghissime intese immobilizzato dalle contraddizioni interne, dai veti reciproci, dai do ut des, dal trattativismo permanente. Un disastro per l’Italia. Ai tempi della Prima Repubblica il proporzionale funzionava bene. Non solo perché in un Paese uscito da una guerra civile esso garantiva possibilità di rappresentanza a tutti e ciò era sacrosanto in uno spirito di ricomposizione dell’unità nazionale. Ma anche perché il contesto internazionale creava due campi ognuno dei quali presidiato da un partito principale. E quindi di fatto il sistema si orientava da solo verso il bipolarismo. Senza alternanza, ai tempi. Ma il motivo era la divisione del mondo in blocchi, era un motivo esterno. Venuto meno quello è venuta meno la capacità attrattiva anche dei due partiti principali che avevano segnato quell’epoca. Oggi col proporzionale nascerebbero decine di “partiti” nazionali e regionali e centinaia di liste locali: all’insegna di una frammentazione totale. Non ci sono più le ideologie; non ci sono più valori unificanti forti; non ci sono più interessi uniti; tutto è parcellizzato, individualizzato, atomizzato. Lo sbarramento al 4% o anche al 5% verrebbe aggirato attraverso l’aggregazione elettorale temporanea, magari sottoscritta in segreto dal notaio. Per contrastarne gli evidenti malefici effetti bisognerebbe impedire la formazione di gruppi parlamentari autonomi diversi da quelli che hanno presentato il simbolo alle elezioni (ed ecco riemergere la indispensabilità della riforma dei regolamenti parlamentari). E probabilmente aprire la libera competizione interna attraverso le preferenze: ma essa significherebbe una spropositata crescita dei costi individuali delle campagne elettorali, con la inevitabile domanda: caro deputato, posto che il vantaggio economico che ne ricavi, a maggior ragione nel prossimo futuro, con la ipotizzata riduzione dell’indennità e quant’altro, non è così consistente perché hai fatto una campagna tanto costosa? Chi ti ha dato tutti quei soldi? Lo sapete che per la prossima campagna per le Europee magari anche solo per disincentivare una tua partecipazione ti dicono che ci vogliono 200,300,400 mila euro? Ma io dico: è morale tutto ciò? E chi te li dà tutti quei soldi? Cosa vuole in cambio? Sono cifre raggiungibili con tanti piccoli contributi? Sì, forse, ma solo se sei Obama. Insomma: fatte le debite proporzioni su collegi più piccoli ma con forte competizione esterna contro gli avversari e interna con gli altri candidati le cifre spese rischierebbero di divenire troppo alte. Non solo al sud. E con i rischi che abbiamo visto in Lombardia nel caso Zambetti. E in ogni caso con la negatività implicitamente insita in una competizione dove girano troppi quattrini. No, nell’Italia di oggi il proporzionale non va bene. Ecco perché la nuova legge dovrà necessariamente avere un impianto maggioritario e sostanzialmente bipolare. L’Italicum non è perfetto ma va nella giusta direzione considerando il contesto attuale. Fra 20 o 30 anni chissà…
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