sabato 3 gennaio 2015

Quando il sindacato difende i fannulloni. E si mette in condizione di essere ininfluente.

Gli assenteisti e il pubblico impiego: quando il sindacato sbaglia tutto.

A Roma, il 31 dicembre, 4 vigili urbani su 5 si sono dati per ammalati o hanno scelto proprio quel giorno per donare il sangue e godere del relativo permesso per le ore seguenti. La cosa è subito servita al governo per tuonare contro gli irresponsabili e annunciare: “cambieremo il pubblico impiego, licenzieremo i fannulloni”.
La Uil, che non perde una occasione per dire scemenze, ha subito difeso i vigili: “Chi dona, dona sempre” e, quindi, non di assenteisti si tratta, ma di nobili donatori di sangue. Insomma: non è la faccia quello che manca!
Qui dobbiamo capirci. Renzi (che la Uil, come la Cisl e la Cgil hanno abbondantemente votato) aveva iniziato il ritornello della lotta ai “fannulloni” già prima dell’incidente romano, ed ora ha preso la palla al balzo. La cosa non va disgiunta dalle polemiche sull’applicabilità della nuova disciplina del job act al pubblico impiego. Come si sa, prima la Madia ha detto che essa non riguarda il pubblico impiego, subito smentita da Pietro Ichino che ha detto che invece si applica anche lì, a sua volta rismentito da Renzi che ha detto che no, non è il caso…
Il punto è che la strategia del governo punta a due cose: in primo luogo, buttare fuori il sindacato da dovunque sia possibile, attraverso una politica discriminatoria dei licenziamenti. In secondo luogo, assecondare la richiesta dei mercati finanziari all’Italia di operare profondi tagli nella spesa pubblica (a cominciare dalle dimensioni del pubblico impiego) per reperire le risorse necessarie a far fronte al debito pubblico.
La questione dell’assenteismo si presta ottimamente come grimaldello ideologico per far passare una riforma che risponda a questi disegni.

Ovviamente, la risposta di chi sta dalla parte del lavoro non può essere che la difesa dei diritti, a cominciare dall’illicenziabilità nel pubblico impiego e dalla libertà di azione sindacale, dunque, bisogna respingere il tentativo renziano. Per quanto riguarda, poi, la “cura dimagrante” da imporre alla Pubblica Amministrazione, osserviamo che, certamente ci sono organici pletorici (eredità della Dc che gonfiò il pubblico impiego dove poteva, per ragioni clientelari) e certamente la spesa pubblica deve calare, ma bisogna stare attenti alle cure da cavallo che finiscono… per ammazzare il cavallo.
In primo luogo c’è da tener presente che si tratta di persone (e relative famiglie) che resterebbero sul lastrico, il che, da un punto di vista sociale, non mi pare una bella cosa. In secondo luogo, un taglio simile della spesa pubblica significherebbe un crollo della domanda sul mercato interno con conseguenti chiusure di aziende ed esercizi commerciali. Insomma non mi pare la cura migliore per uscire dalla crisi. Peraltro, questo surplus di personale non è uniformemente distribuito e, se ci sono settori (come archivi, musei, biblioteche ecc.) che rischiano di chiudere per il personale che man mano va in pensione e non viene rimpiazzato, poi ci sono enti (per tutti la Regione Sicilia) dove ci sono caterve di personale inutile.
Insomma, occorrerebbe una indagine molto accurata per individuare le aree in eccesso su cui intervenire, ma con le modalità opportune (prepensionamenti, contratti di solidarietà, eventuali trasferimenti ecc.) e non con licenziamenti brutali. Ma questa è cosa diversa dal tema dell’assenteismo, cosa che va tenuta ben separata.
Certamente, la cosa più cretina che si può fare è assumere le difese degli assenteisti, giustamente odiati da qualsiasi onesto contribuente. So di fare infuriare molti dei miei lettori, ma, al solito, la cosa non mi turba affatto. Anzi, aspetto con ansia gli interventi di dissenso ed anche gli eventuali insulti. Se non dovessero esserci vorrebbe dire che sono stato troppo moderato sul punto, ed allora qui cerco di spiegarmi al meglio.
Dobbiamo metterci in testa una cosa: che siamo di fronte ad una crisi delle peggiori, che siamo ancora nel suo cuore e che essa durerà molto altro tempo. Il che significa che certi comportamenti – peraltro, sempre indecenti- che, in altri tempi, potevano essere sopportati, oggi non sono più sopportabili. In un momento in cui la pressione fiscale supera il 54% non è più concepibile che lo Stato debba pagare dei nullafacenti. E meno che mai se si tratta di clienti di qualche politico o sindacalista. Il sindacato serve a difendere i lavoratori e chi non lavora, per definizione, non è un lavoratore, ma un parassita ed i parassiti non vanno difesi. Mai.
Il nullafacente non è solo quello che semplicemente non si presenta in ufficio, accampando le scuse più diverse o, semplicemente, senza accampare nessuna scusa. Nullafacente è anche quello che in ufficio ci va ma occupa il tempo con i videogiochi o la chat, o magari al telefono, o al bar. E intanto le sue pratiche giacciono nel cassetto ed i cittadini attendono invano la soluzione dei propri problemi. Uno così va ammonito, poi, se insiste, sospeso e multato e, se proprio continua, licenziato senza troppi complimenti. Il guaio è che in questo paese gli assetti disciplinari della Pa sono dimenticati da troppo tempo (anche grazie al sindacato) e questo ha prodotto guasti enormi.
Badate che non credo sia necessario fare stragi: sono convinto che con meno di 200 licenziamenti disciplinari in tutto il paese, tempestivi e ben pubblicizzati, poi la macchina amministrativa funzionerebbe meglio che in Svizzera. Gli italiani sono intelligenti e capiscono subito che aria tira.
Una volta uno dei miei collaboratori (molti anni fa) mi disse che, si poteva esserci del giusto in questa mia posizione, ma che… era di destra. Gli risposi che ad essere di destra era la sua posizione, non la mia: la sinistra è il partito dei diritti, per cui un cittadino riceve dall’amministrazione un determinato servizio, non per graziosa concessione, ma perché è un suo diritto che deve essergli reso nel tempo più breve possibile. Ma se lui ha diritto a qualcosa, qualcuno ha il dovere (dovere, dovere, ricordiamo questa parola un po’ caduta in desuetudine) di dargliela, ed il dovere implica una sanzione in caso di mancanza. O no?! Mi pare abbastanza logico. E, dunque chiedere sanzioni disciplinari contro chi non lavora è una posizione di sinistra. Bisogna, però, vigilare con molta attenzione che questo non diventi un pretesto per colpire non chi non lavora, ma chi, magari, fa attività sindacale. Insomma, che non diventi una discriminazione camuffata.
Per cui, la manovra renziana va respinta, sia per il suo carattere antisindacale, sia per il disegno di generale precarizzazione, senza però far l’errore di assumere la difesa dei lavativi che, invece, vanno colpiti. Al contrario gli si farebbe un regalo immenso, rendendo la sua battaglia molto popolare. O non vi siete accorti che, fra chi non lavora nella Pa, c’è un odio diffuso verso il Pubblico Impiego, che colpisce anche chi non ha alcuna colpa? La bandiera della lotta ai fannulloni non va lasciata a Renzi, pena squalificare la lotta in difesa dei diritti di chi lavora (insisto: di chi lavora).
Questo è stato dimenticato per troppo tempo dal sindacato che, nel pubblico impiego ha prodotto solo disastri terribili, comportandosi come una delle peggiori corporazioni del paese. Il sindacato ha avuto grandi meriti nell’industria dove ha agito come un potente strumento egualitario e di modernizzazione del paese; ma nel pubblico impiego non si può assolutamente dire la stessa cosa. Ed è ora che iniziamo a fare certe distinzioni.
Aldo Giannuli

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