Quel che è certo è che il testo, poi pubblicato sul sito internet del governo (con il generico titolo “Schema di decreto legislativo recante disposizioni sulla certezza di diritto nei rapporti tra fisco e contribuente”), fino a un giorno prima del via libera del consiglio dei ministri del 24 dicembre, non conteneva il famoso articolo 19 bis tanto discusso. Lo ha spiegato il sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti e lo confermerebbero anche altre circostanze.
LA RIFORMA DEL FISCO
Norma salva-Berlusconi, ma chi l’ha scritta? Il giallo della legge senza padri
Il sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti: «Il giorno prima del consiglio dei ministri quell’articolo del decreto non c’era»
di CORINNA DE CESARE
Resta una questione. Chi ha inserito la norma salva Berlusconi nella complessiva riforma fiscale approvata alla vigilia di Natale? Non lo ha spiegato Palazzo Chigi, non lo ha detto il premier Matteo Renzi nella sua intervista al Tg5 in cui ha annunciato ufficialmente il passo indietro sul testo e non lo ha spiegato neanche il ministero dell’Economia. Quel che è certo è che il testo, poi pubblicato sul sito internet del governo (con il generico titolo “Schema di decreto legislativo recante disposizioni sulla certezza di diritto nei rapporti tra fisco e contribuente”), fino a un giorno prima del via libera del consiglio dei ministri del 24 dicembre, non conteneva il famoso articolo 19 bis tanto discusso. Lo ha spiegato il sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti e lo confermerebbero anche altre circostanze.
L’articolo
L’articolo 19bis depenalizza i reati fiscali, compresa la frode, «quando l’importo delle imposte sui redditi evase non è superiore al tre per cento del reddito imponibile». Una soglia che interessa Berlusconi perché, al netto delle molte prescrizioni che avevano già cancellato parecchie accuse, alla fine la condanna Mediaset era stata sotto questo fatidico 3%: 4,9 milioni evasi su 410 di imponibile nel 2002 e 2,6 su 312 nel 2013. La norma sarebbe arrivata in extremis in consiglio dei ministri tanto che, a quanto pare, non era nero su bianco neanche nei documenti arrivati sulle scrivanie dei tecnici dell’Agenzia delle Entrate. Su tutte le riforme fiscali c’è infatti una stretta collaborazione con l’amministrazione finanziaria e i tecnici dell’Agenzia intervengono direttamente sui testi che poi sono destinati ad arrivare in consiglio dei ministri.
L’Agenzia delle entrate
Sul reato di frode fiscale la stessa Rossella Orlandi, da meno di un anno alla guida dell’Agenzia, è stata in passato molto netta: «Sicuramente sarà rafforzato il contrasto alle frodi - aveva detto al Messaggero parlando proprio della delega fiscale - la differenza la fa l’esistenza di un dolo, di un’associazione a delinquere, con un danno di centinaia di milioni e la sottrazione di appalti e lavoro agli onesti». Ma in quell’intervista aveva proprio spiegato che l’ampiezza del ricorso al penale era uno dei temi caldi dell’attuazione della delega. «Sono in questa amministrazione da tanto - aveva spiegato - ho iniziato nel 1982 ai tempi della famosa legge “manette agli evasori”. Ho passato anni della mia vita nei corridoi dei tribunali. Tutto era penale: l’omissione di una ritenuta, il ritardo su un termine. Risultato: abbiamo intasato tribunali e procure e non abbiamo concluso quasi niente. Poi nel 2000 è arrivata una nuova disciplina che ha introdotto dei criteri, ma ormai risale a 15 anni fa e non coglie tutto. Non so come sarà il testo finale dei decreti, ma sono una donna pragmatica: troppo penale vuol dire nessun penale». Fatta salva la frode però, su cui la Orlandi aveva, al contrario di quanto poi effettivamente accaduto, annunciato un rafforzamento del contrasto.
Il sottosegretario
Ed è stata proprio la frode a far alzare le antenne al sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti. Un curriculum di ferro in tema di fisco e tributi, tanto che prima ancora di entrare in politica era un “esperto” Ipsoa in materia di fisco e diritto societario. «Avevo visto il testo del decreto il 23 dicembre, un giorno prima del consiglio dei ministri - spiega -. Il 24 non c’ero, il 25/26 mi sono dedicato alla famiglia, ma poi il giorno dopo sono andato a leggermi il testo del decreto direttamente sul sito web del governo». E lì ha notato qualcosa che non andava. «Succede frequentemente che ci siano ulteriori variazioni nel testo finale durante il consiglio dei ministri - precisa - e alcune modifiche erano anche molto condivisibili, come quella sul raddoppio dei termini per l’accertamento. Ma l’articolo 19 bis ha attirato la mia attenzione perché faceva riferimento a tutti i reati. Depenalizzazione per tutto, anche la frode». Da tecnico, più che al caso Berlusconi, Zanetti ha da subito contestato il principio della legge. «L’idea di aumentare la soglie che fanno scattare il penale sulle dichiarazioni infedeli è condivisibile - aggiunge - perché purtroppo in Italia c’è una demagogia fiscale che causa solo un inutile ingolfamento delle procure. Ma andare a creare franchigie anche sulle frodi mi ha lasciato subito perplesso». La questione però, come conferma Zanetti, era stata affrontata a livello di dibattito tecnico proprio in sede di formulazione del decreto sulla riforma fiscale. «Si ma non c’era stata comunanza di vedute se applicarla o meno anche sui reati di frode. Alla fine mi sembrava che il dibattito si fosse concluso in un’altra direzione». Cioè l’esclusione della frode dalla depenalizzazione. E invece chi ha inserito la salva-Berlusconi nel testo finale? «È una domanda che va fatta a Palazzo Chigi, fino al 23 mattina quella norma non c’era» aggiunge Zanetti.
Renzi
«Se qualcuno immagina che in questo provvedimento ci sia non si sa quale scambio, non c’è problema: noi ci fermiamo». Così ha detto Renzi al Tg5 che ha risposto anche a chi sottintendeva un’intesa che rientrava all’interno del patto del Nazareno. Renzi ha annunciato che la norma sarà rinviata «in Parlamento» soltanto dopo l’elezione del Quirinale, «dopo che Berlusconi avrà completato il suo periodo a Cesano Boscone e dimostreremo che non c’è nessun inciucio strano di cui temere». Quello che non ha spiegato è come l’articolo 19 bis sia finito nel testo del decreto. Silenzio dal ministero dell’Economia e delle Finanze, che pure ha un capo ufficio legislativo e silenzio da Palazzo Chigi dove l’attività di coordinamento del presidente del consiglio e del sottosegretario alla Presidenza in materia di attività normativa è affidato ad Antonella Manzione, ex capo dei vigili urbani di Firenze.
«Forse - aggiunge Zanetti - bastava garantire sin d’ora che, dopo i pareri delle Commissioni Finanze di Camera e Senato, nella norma contestata del 3% sarebbe stata inserita la precisazione che si applicava solo ai reati diversi dalle frodi. Così invece si blocca tutto, comprese alcune decisioni giuste e importanti che erano state prese con questo decreto».
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