domenica 6 aprile 2014

Ibernazione..., o semplicemente ipotermia...

Salute:  via con i test di ibernazione umana

Molte persone che giungono in pronto soccorso con ferite gravi da arma da fuoco o da armi da taglio, non hanno davanti a sé molto tempo prima che le loro ferite diventino fatali.
La rapidità con cui giungono dai medici ed iniziano ad essere trattate, in genere fa la differenza tra la vita e la morte.
Gli stessi medici spesso, nonostante intervengano rapidamente, non hanno a volte il tempo necessario per salvare la vita di questi pazienti.
Per ovviare a questo problema, i ricercatori dell'Upmc Presbyterian Hospital di Pittsburgh, coordinati dal Professore Samuel A. Tisherman, hanno descritto sulla rivista [I]Scientific American[/I], una metodologia che potrebbe “creare“ il tempo necessario a salvare la vita di questi pazienti a rischio.
Si tratta di una specie di tecnica di [B]ibernazione [/B]nella quale il sangue dei pazienti verrebbe sostituito da una soluzione [B]salina fredda[/B] che bloccherebbe l’attività cellulare del paziente.
In questo modo, per circa due ore, [B]non ci sarebbero battiti cardiaci né attività neurologica[/B] e l’equipe di urgenza avrebbe una specie di time-out della vita, in cui poter operare per salvare il soggetto ferito o comunque in grave situazione.


Alla fine di questa “[B]sospensione[/B]”, il sangue verrebbe rimesso ed il cuore ripartirebbe.
La soluzione salina, spiegano gli scienziati, deve essere fredda in modo da abbassare rapidamente la temperatura del corpo bloccando quindi quasi ogni attività delle cellule.
Il chirurgo Peter Rhee della University dell’Arizona, a Tucson, che ha contribuito a sviluppare la tecnica, ha dichiarato che "ee un paziente viene da noi due ore dopo la morte non è possibile riportarlo in vita. Ma se stanno morendo e puoi sospendere la loro vita, c’è allora la possibilità di risolvere i loro problemi e di riportarli alla vita riattivandola”.
I vantaggi del raffreddamento, o [B]ipotermia indotta[/B], sono noti da decenni.

A temperatura corporea normale ossia a circa 37°C, le cellule hanno bisogno di un apporto regolare di ossigeno per produrre energia.
Quando il cuore smette di battere, il sangue non trasporta l'ossigeno alle cellule, e senza ossigeno il cervello può sopravvivere solo per circa 5 minuti prima che il danno divenga irreversibile.
Tuttavia, a temperature molto basse, le cellule richiedono meno ossigeno perché tutte le reazioni chimiche sono rallentate.
Questo spiega perché le persone che cadono in laghi ghiacciati a volte possono essere rianimate più di mezz'ora dopo che hanno smesso di respirare.

Il funzionamento di questa tecnica è stato dimostrato in primo luogo nei suini, nel 2002 da Hasan Alam, professore di chirurgia d’emergenza presso l'Università del Michigan Hospital, di Ann Arbor.
Gli animali sono stati sedati e un'emorragia è stata indotta per simulare l'effetto di ferite multiple da arma da fuoco.
Il loro sangue è stato drenato e sostituito da una soluzione salina che ha provocato un rapido raffreddamento del corpo di circa 10°C.
Dopo il trattamento delle ferite, gli animali sono stati gradualmente riscaldati mentre la soluzione salina è stata rimpiazzata dal sangue.
In genere il cuore del maiale ha cominciato a battere autonomamente, anche se per alcuni degli animali sono state necessarie delle manovre di rianimazione.

Ora secondo i ricercatori il prossimo passo sarà quello di sperimentare questa tecnica sull’uomo.
Non si tratta di fantascienza , visto che come ha detto Samuel Tisherman, "stiamo cercando di salvare vite umane, non di spedire la gente oltre Marte. Alla domanda se possiamo rimanere più di un paio d'ore senza il flusso di sangue, rispondo che non lo so”
Ha poi aggiunto “Forse, tra vari anni qualcuno avrà capito come farlo, ma certamente ci vorrà molto tempo prima di avere questo tipo di risposte".

Pubblicato 28 Marzo 2014,  di Antonio Luzi

Tratto da:  http://www.vitadidonna.org/salute/11043-via-con-i-test-di-ibernazione-umana-l-animazione-sospesa.html

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