L’antimilitarismo anacronistico
A me, della contestatissima frase del Presidente della Repubblica, pronunciata in occasione della Festa della Liberazione, sull’antimilitarismo, ha colpito soprattutto l’aggettivo: anacronistico.
Perché sì, probabilmente è fuori tempo l’idea che sia necessario ripensare profondamente la nostra politica estera, scegliere mezzi e strumenti diversi per la nostra strategia anche militare, immaginare che l’Expo sia un’occasione per parlare di una presenza (e, se si vuole, un’influenza) italiana nel mondo che non sia legata tanto ai cacciabombardieri, quanto alla promozione di un’alimentazione per tutti e per quella guerra alla fame puntualmente rinviata perché ci sono ben altre guerre da fare.
Napolitano ha ragione: l’antimilitarismo di certe posizioni è anacronistico, ma non perché rinvii a un passato nel quale il Pci si intestava la campagna per il disarmo, no, perché rinvia al futuro di una politica nuova.
Una politica che in Italia i governi degli ultimi anni non hanno mai voluto affrontare. Anzi. Per via dell’anacronismo di strategie ormai consolidate, delle pressioni di alcune lobby e di una scelta molto tradizionale, che il Colle difende a spada tratta e non da oggi.
Perché la questione degli F-35 non è – almeno per me – solo una questione di riduzione delle spese (e di una scelta a favore di spese molto più sensate, anche in ambito militare, se si vuole), ma un momento in cui sarebbe profondamente da ripensare quello che fa l’Italia nell’ambito delle scelte europee sulla politica estera, verso un continente a due passi che esploderà in termini demografici nei prossimi cinquant’anni (è l’Africa).
Se volete, uno sguardo anacronistico sul futuro.
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