giovedì 30 maggio 2013

Riforme Costituzionali


Intervento di Rosy Bindi alla Camera sulla mozione riforme costituzionali, 29/5/2013

Signor Presidente, colleghi, signor Ministro, quando ho avuto l'onore di intervenire sul voto di fiducia al Governo, certa di interpretare anche la volontà e la sensibilità di alcuni colleghi del nostro gruppo, assicurai un sostegno leale al Governo, a partire dai dubbi che avevo, e che tuttora sussistono, sulla formula politica che ha dato origine a questo Governo. Fu una fiducia non in bianco, appunto, da verificare intorno alle scelte e ai contenuti dell'azione del Governo.

  La mozione che ci apprestiamo a votare oggi rappresenta, in qualche modo, un punto davvero cruciale nel rapporto tra Parlamento e Governo, per la delicatezza della materia e anche, in un certo senso, per la irritualità con la quale stiamo procedendo.
  La delicatezza della materia è, appunto, la riforma e l'intervento riformatore sulla nostra Carta costituzionale. Il Governo ha legato la sua vita anche a questo contenuto, quello della riforma di alcune parti della nostra Carta costituzionale. Colgo l'occasione, oggi, per ribadire che il Governo deve essere al servizio del processo riformatore. Non può condizionare il processo riformatore, perché la Costituzione non è uno strumento in mano alla maggioranza che governa il Paese: la Costituzione è di tutti, è soprattutto delle minoranze, è uno strumento che include, non uno strumento attraverso il quale si esercita il potere. Se la regola della maggioranza è una regola principe della vita democratica, è una regola democratica se la maggioranza ha il senso del proprio limite e tanto più questa maggioranza è ampia, tanto più deve avere il senso del proprio limite; tanto più questa maggioranza è strana, tanto più deve avere il senso del proprio limite. In questo senso questo è un passaggio cruciale.

  Il Governo non può legare la propria sopravvivenza al merito delle riforme, perché non le può condizionare. La sua maggioranza non può essere condizionante di questo contenuto, nel senso di condizionarne il dibattito, l'approfondimento, la possibilità di modifiche e di cambiamenti che siano davvero rispettosi di tutto il Parlamento e che siano in ascolto di quello che sta avvenendo nel nostro Paese.

  È irrituale, in qualche modo, questo momento cruciale, perché noi, comunque, interveniamo sull'articolo 138, sulla sentinella della nostra Costituzione, e io penso che, quando si interviene sulla sentinella, qualche dubbio che si voglia intervenire sul tesoro che la sentinella custodisce è legittimo.

  Ecco perché, in questi giorni, si sono levati molti richiami nei nostri confronti che noi abbiamo ascoltato e io credo che oggi la mozione sulla quale siamo chiamati ad esprimerci in fondo se, da una parte, introduce un elemento di cambiamento, cioè quello di istituire un comitato che renderà comunque centrale il Parlamento nell'azione riformatrice, al tempo stesso, prevede un ricorso al referendum che è in senso più garantista. Eravamo partiti male da questo punto di vista, sembrava che volessimo fare una referendum confermativo delle decisioni assunte dalla maggioranza, un'ampia maggioranza appunto. Il fatto che questo referendum sia tornato ad essere uno strumento non in mano alla maggioranza ma in mano alle opposizioni ci consente di dire, anche a chi nutre dei dubbi su quello che stiamo facendo, che stiamo rafforzando la sentinella, non stiamo attentando alla sua vita. Vorrei che questo fosse molto chiaro.

  Resta un punto che è l'ampiezza del mandato che noi ci diamo in qualche modo pure attraverso l'intervento di una legge di iniziativa del Governo, una legge costituzionale, che è un intervento sostanzialmente su molte parti della seconda parte della nostra Carta costituzionale. Vorrei richiamare la differenza fra potere costituente e potere di revisione della Costituzione.
È il punto centrale, noi non abbiamo un potere costituente, noi abbiamo un potere di revisione della Costituzione. Non abbiamo il potere di intervenire con un progetto volto a cambiare le scelte fondamentali operate dai nostri costituenti; a noi spetta, in nome del patriottismo costituzionale, intervenire su revisioni puntuali per rendere funzionanti oggi quelle scelte che sono state compiute dai costituenti.
  Io penso che questo sia il senso del limite che noi dobbiamo avere, tanto più è ampia la maggioranza che ci consente oggi finalmente di mettere mano a quest'opera. Vorrei che qui ci ricordassimo che un referendum, l'unico referendum che c'è stato sulle riforme della Costituzione, è stato quello del 2006. Fu Leopoldo Elia, nel ricordare i sessant'anni della Costituzione, a richiamarci al significato di quel referendum. Egli diceva: non interpretiamo quel «no» al referendum e alla riforma semplicemente come un «no» alla devolution o alla correzione sul bicameralismo. No, il «no» del referendum costituzionale fu un «no» a un progetto di cambiamento complessivo e radicale della nostra Carta costituzionale che quella riforma fece nel 2005.
  Prepariamoci a fare un ampio dibattito ma con questo obiettivo: vogliamo cambiare la nostra Costituzione per rendere più attuale e più funzionante il disegno dei costituenti, non per stravolgerlo. Da questo punto di vista forse il mandato al comitato è troppo ampio .


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