sabato 11 maggio 2013

10 suggerimenti al PD

Giuseppe Civati nel suo blog scrive ben 101 commenti sulla situazione attuale del PD.LINK
Forse troppi.
Ne ho selezionati 10, quelli che a mio (sindacabile) parere sono più interessanti.
Voi quali aggiungereste?

7. A che cosa serve avere fatto partecipare tre milioni di elettori sei mesi fa, se poi si prescinde da loro nella partecipazione alla campagna elettorale e nella soluzione per cui si opta per il governo? Che fine ha fatto l’albo degli elettori del Pd? Lo vogliamo finalmente utilizzare per consultarli, gli elettori, e per farli partecipare al prossimo Congresso?

16. Riusciamo a mandare in tv qualcuno che spieghi che corruzione e conflitto d’interessi non sono solo soluzioni moralistiche (contro Berlusconi), ma questioni di senso politico ed economico e vere e proprie priorità per tutti (appunto, non solo per Berlusconi)?

22. Quelli del Pd negli ultimi giorni non sono stati errori (magari casuali), come si sente ripetere spesso: sono state scelte politiche.

32. Oltre ai costi della politica, ci sarebbero i costi della Pubblica Amministrazione, che valgono qualche miliardo in più, a cominciare dai super-stipendi che superano (appunto) quelli del Presidente della Repubblica.

35. Non facciamo gli ipocriti: lo sapevamo anche prima che certi argomenti, al governo con Berlusconi, non avremmo potuto affrontarli.

42. Il «mai» con il Pdl di qualche settimana fa rischia di trasformarsi in un «mai più» con il Pd, per molti elettori, vale la pena di ricordarlo.

54. Chi si è dichiarato contrario al governo con il Pdl, poteva almeno evitare di entrare a farne parte (così, uno sfogo).

71. I nostri circoli sono il nostro punto di ascolto verso la società, ma sono privi di mezzi e non sono degnati di attenzione. E così appassiscono.

81. La domanda ricorrente: «sì, ma qual era l’alternativa?». L’alternativa era puntare i piedi per un governo leggero, con scopi chiari, durata breve, personalità neutre. Non si è voluto. Ora ci cucchiamo Formigoni, Lupi, Biancofiore e compagnia. Cosa pensavamo, che Berlusconi tenesse in cantina una riserva della Repubblica?

85. Se ci fossimo scusati, tutti quanti, come ha chiesto di fare qualche nostro circolo, i nostri elettori avrebbero apprezzato.


Viva la libertà!

101 punti per raccontare quello che è successo, quello che sta succedendo e quello che succederà, se cambieremo il corso delle cose.
1. Il Congresso deve essere aperto, oggi più che mai.
2. Deve essere partecipato dagli elettori vecchi e nuovi (nuovissimi) e rivolto in primo a luogo ai delusi, di una delusione che ha conosciuto strati geologici diversi (c’è quella antica, c’è quella dell’astensionismo crescente, quella del segnale-di-un-voto-dato-a-Grillo, quella del «perché non Rodotà?», quella di Prodi, quella per il governissimo tutto politico Pd-Pdl). Pare che in un mese abbiamo perso un milione e mezzo di voti. Per non parlare di quelli che avevamo perso in precedenza.
3. La questione della separazione delle carriere tra segretario e premier è una questione importante, ma il bello di un Congresso è che una discussione del genere si può affrontare al Congresso (non prima, non certo ora, sicuramente non da parte di chi sei mesi fa votò nella stessa assemblea nazionale per separare le due figure solo temporaneamente).
4. Chi ha governato il Pd negli ultimi anni deve lasciare ad altri, senza prefigurare nulla: l’azzeramento consentirà di scegliere un nuovo gruppo dirigente, nella massima libertà e autonomia.
5. Il problema del Pd non sono gli «indisciplinados» eletti con le primarie (come ha dichiarato Enrico Rossi), ma le logiche correntizie che ancora lo strutturano (se proprio c’è stato un limite di quelle primarie, è stato averle fatte tra Natale e Capodanno, come avevamo chiesto che non fosse fatto, guarda caso).
6. Il Pd si chiama così perché dovrebbe essere democratico: e invece il dibattito in questi giorni è stato annichilito, non sono stati consultati gli elettori, nei passaggi decisivi non sono stati consultati nemmeno i parlamentari.
7. A che cosa serve avere fatto partecipare tre milioni di elettori sei mesi fa, se poi si prescinde da loro nella partecipazione alla campagna elettorale e nella soluzione per cui si opta per il governo? Che fine ha fatto l’albo degli elettori del Pd? Lo vogliamo finalmente utilizzare per consultarli, gli elettori, e per farli partecipare al prossimo Congresso?
8. Il Pd deve diventare un luogo ospitale e trasparente e razionale, per tutti coloro che si muovono nella società. Non solo le organizzazioni tradizionali, eh, anche i soggetti nuovi e portatori di diritti e di cambiamento.
9. Il Pd è un partito dell’alternanza di governo: il governo con il Pdl deve immediatamente chiarire i propri obiettivi (quelli realistici, visto che siamo continuamente chiamati al realismo, giusto?).
10. Facile dire che non ci sono più alternative, dopo avere contribuito a demolirle tutte.
11. La rete è una straordinaria opportunità per organizzare la politica, altro che storie.
12. Cambiamento e governo, come abbiamo provato a spiegare, devono andare insieme. Non c’è uno senza l’altro. Due settimane fa lo ripetevamo tutti, spero che non ci siamo dimenticati anche di questo.
13. Prima di sciogliere una coalizione di governo, sarebbe il caso di discuterne. E il Congresso del Pd deve considerare Sel come il primo degli interlocutori. Fino a tre settimane fa avremmo dovuto costituire un unico partito, ora sembra che non ci siamo nemmeno mai conosciuti.
14. La prossima volta che si presenta un candidato come Stefano Rodotà, siete pregati di non rispondere con strani giri di parole, né con l’attribuzione del candidato stesso a questo o a quello. Ciò che conta – sempre – è la sostanza.
15. Le parole sono importanti: parlare per un mese di cambiamento, e poi riproporre l’alleanza politica che ha sostenuto Monti con l’elezione dello stesso Presidente della Repubblica suona paradossale, almeno un po’.
16. Riusciamo a mandare in tv qualcuno che spieghi che corruzione e conflitto d’interessi non sono solo soluzioni moralistiche (contro Berlusconi), ma questioni di senso politico ed economico e vere e proprie priorità per tutti (appunto, non solo per Berlusconi)?
17. La numero 17 è la legislatura presente, che non può durare all’infinito.
18. Sono opportuni e preziosi tutti i contributi alla discussione, ma si ricorda che la politica si fa, facendola.
19. Riusciamo a raccogliere tutti i progetti di legge che riteniamo essenziali per descrivere il profilo del Pd?
20. Se si sceglie un segretario ora (nel senso di sabato), per rispetto dell’intelligenza e della sensibilità di tutti, deve essere un segretario pro tempore, di garanzia e di scopo.
21. Evitiamo che il Pd adotti per il partito lo stesso metodo di discussione alla rovescia che è stato utilizzato per la formazione del governo.
22. Quelli del Pd negli ultimi giorni non sono stati errori (magari casuali), come si sente ripetere spesso: sono state scelte politiche.
23. Chi cita in continuazione Berlinguer e Moro, prende un po’ troppo seriamente l’attuale governo (per dirla gentilmente). E soprattutto il modo in cui ci siamo arrivati.
24. Non ho niente contro i nomi che sono stati fatti in questi giorni per guidare il Pd, purché si candidino al Congresso se vogliono fare i segretari, e all’assemblea se vogliono fare i ‘reggenti’ (brutta parola, ma ci siamo capiti).
25. Il richiamo all’ordine lo condivido solo se è preceduto dal dibattito e se il richiamo è, appunto, successivo al dibattito (per sua natura i dibattiti sono aperti, altrimenti si chiamano in un altro modo).
26. Come nel film citato nel titolo, mi pare che esista da qualche parte un gemello del Pd, lasciato ai margini, che dovrebbe finalmente irrompere sulla scena.
27. Al centrosinistra italiano, dopo i risultati elettorali, s’impone una profonda analisi del potere in questo Paese e sui legami tra politica e grandi gruppi industriali (Grillo è partito da lì).
28. L’Europa non può essere solo un termine di riferimento retorico o metafisico, ma un luogo di iniziativa politica.
29. Il Pd non adotterà più l’aureo argomento dell’emergenza e della necessità (anche nella versione perifrastica: «per il bene del Paese).
30. La questione dell’uguaglianza si deve imporre, perché la sinistra italiana è l’unica sinistra nel mondo che non ne parla quasi mai (non nel senso di «siete tutti uguali»: quello ce lo sentiamo ripetere spesso).
31. Uguaglianza per me è un sinonimo di concorrenza leale (vedi al punto 16).
32. Oltre ai costi della politica, ci sarebbero i costi della Pubblica Amministrazione, che valgono qualche miliardo in più, a cominciare dai super-stipendi che superano (appunto) quelli del Presidente della Repubblica.
33. Cambiare il sistema di finanziamento della politica, può cambiare il modo di fare politica. Anzi, lo impone, questo cambiamento.
34. Quando restituiremo i 34 milioni di euro di rimborso elettorale che non abbiamo speso (più dell’80% del totale)?
35. Non facciamo gli ipocriti: lo sapevamo anche prima che certi argomenti, al governo con Berlusconi, non avremmo potuto affrontarli.
36. Prima di tagliare anche una sola tassa sul patrimonio, è il caso di abbassare le tasse sul lavoro e sulla produzione.
37. Qualcuno aveva scritto un mese fa che c’erano 120 parlamentari che non volevano votare Prodi. Era una giornalista del Corriere, che diceva che esisteva una lettera già pronta contro l’ex premier. Secondo me, per arrivare al punto 101, si può chiederle un aiuto.
38. Perché nessuno parla più di contrasto all’evasione fiscale (capisco che quelli del Pdl non capirebbero, ma così non ci capiscono più i nostri)?
39. Senza il punto 38, è un po’ scandaloso andare a chiedere sconti agli altri Paesi europei.
40. A questo stesso proposito, come va la convenzione con la Svizzera per la tassazione dei capitali illegalmente esportati?
41. Non bisogna spostare il Pd più a sinistra o più a destra (più a destra è difficile, di questi tempi): bisogna riposizionarlo nel campo che sta occupando, non sempre virtuosamente.
42. Il «mai» con il Pdl di qualche settimana fa rischia di trasformarsi in un «mai più» con il Pd, per molti elettori, vale la pena di ricordarlo.
43. La legge elettorale va presentata subito, altrimenti potrebbe diventare – com’è già accaduto in passato – uno straordinario alibi per ‘tirare avanti’ con la presente legislatura.
44. Lo so che non abbiamo vinto le elezioni. Appunto, mi verrebbe da aggiungere.
45. Oltre a perdere i voti di chi non ci capisce dal punto di vista politico, rischiamo di perdere tutti quelli che votano con il portafoglio (per usare un’espressione un po’ volgare ma comprensibile). L’obiettivo per i cittadini è arrivare alla fine del mese, non alla fine della legislatura.
46. L’argomento della concretezza è corretto: infatti, chi è scettico nei confronti di questo governo lo è soprattutto perché teme che non riuscirà a fare le cose più importanti e utili, anche per via dell’alleato principale.
47. Se si toglie l’Imu (per altro ideata da Berlusconi) e si introduce una tassa nuova, chiamiamola tassa Berlusconi. Non è una battuta.
48. Se Berlusconi è sinonimo di Imu, il Pd – che non vuole essere sinonimo di Berlusconi, giusto? – quali tormentoni dell’estate sceglierà?
49. Non citare più il giaguaro, potrebbe essere scambiato per un gattopardo. E noi con lui.
50. Nessuno giochi al «tanto peggio». Siccome il «meglio» è al di là della nostra portata, concentriamoci sul «bene». E sosteniamo tutte le cose buone che riusciremo a fare, al di là del giudizio più generale sulle scelte che abbiamo fatto in questi mesi.
51. Impegniamoci a fare nel partito quello che non siamo riusciti a fare in Parlamento.
52. Perché nessuno ha preso sul serio il piano C (governo Pd-M5S con premier scelto da entrambi), che avevo proposto in questa sede, prima di dire che con il M5S ci avevamo provato davvero?
53. La scissione più grave non è tra di noi, ma tra noi e gli elettori.
54. Chi si è dichiarato contrario al governo con il Pdl, poteva almeno evitare di entrare a farne parte (così, uno sfogo).
55. Se prima abbiamo presentato otto punti, quali sono quelli attuali?
56. Pluralismo è discutere prima, con calma e con finale aperto, e votare poi. Non il contrario.
57. Per il futuro, e per ridurre le emissioni, è il caso di spegnere i caminetti, semplificare la burocrazia del partito e rendere tutto esigibile (comprensibile, anche).
58. Né Blair, né altri modelli del passato: ci vuole una ricetta per l’Italia e per il suo futuro (a me viene sempre in mente quando Benigni si autodefiniva l’«Anna Magnani svizzera»).
59. Controcorrente (che poi è il titolo dell’ultimo libro di Massimo D’Alema, per dire).
60. I diritti non sono negoziabili, né rinviabili. In Parlamento, il Pd sosterrà Kyenge e don Ciotti e le battaglie sacrosante per la cittadinanza e la lotta alla corruzione, principale problema economico, civile, culturale e politico del Paese?
61. Ci vuole un rapporto costante con gli elettori. Siamo nel 3000. Si può fare, con poche e democraticissime soluzioni, che non negano il confronto né sostituiscono la relazione de visu, ma le danno altre possibilità.
62. Non è un caso, quello che è successo, ma il frutto di precise scelte politiche. Soprattutto quando queste scelte politiche sono maturate attraverso il voto segreto e non espresso.
63. Il partito deve essere ospitale, non esclusivo. Non è il momento di chiudersi, ma di spalancare le porte.
64. Non dimentichiamo che il nostro compito è precisare, spiegare, delimitare ciò che faremo al governo. Non ne abbiamo mai discusso ed è tutto ancora molto vago.
65. Rispetto al punto precedente, si fa notare che è saltata la convenzione per le riforme prima che ne potessimo discutere. Siamo arrivati tardi alla sua ideazione e anche al suo smantellamento.
66. Al congresso, basta con le liste utili solo a permettere alle correnti di contarsi: Socialdemocratici per Tizio, Liberisti per Caio, Cattolici per Sempronio. Non ha senso.
67. Con i tesserati che calano di anno in anno, i tre milioni di elettori delle primarie dobbiamo coinvolgerli di più, non di meno. E non mettere gli uni contro gli altri, come ancora – incredibilmente – si sta facendo.
68. Chi vuole un congresso aperto alla partecipazione dei nostri elettori non vuole affatto mortificare il ruolo dei militanti, al contrario: ne vorrebbe di più, più motivati, soprattutto più considerati.
69. Usiamo il compagno Excel (o foglio di lavoro, per chi si vuole sottrarre alle logiche ‘proprietarie’): raccogliamo nomi, cognomi, indirizzi mail e numeri di telefono da 10 anni, e li conserviamo nei sotterranei. Che spreco.
70. La campagna elettorale non si fa solo il giorno prima delle elezioni, si fa dal giorno dopo fino a quelle successive, contattando chi ci ha votato e coinvolgendolo sulle decisioni che dobbiamo prendere, raccogliendo le sue necessità.
71. I nostri circoli sono il nostro punto di ascolto verso la società, ma sono privi di mezzi e non sono degnati di attenzione. E così appassiscono.
72. I referendum sull’acqua pubblica sono l’esempio di scuola di cosa non va nel Pd. I nostri militanti raccolsero le firme e ne capirono subito l’importanza, i nostri vertici ci arrivarono all’ultimo minuto.
73. Mai più posizioni interscambiabili: non possiamo esser contro la corruzione in campagna elettorale, e poi dimenticarcene per non scontentare l’alleato Berlusconi.
74. Continuare a oscillare tra la protesta di piazza e di maniera e la retorica della governabilità, foss’anche con Berlusconi, non è opportuno. Si può avere un partito di sinistra e di governo, alternativo alla destra, come c’è in tutti gli altri Paesi normali?
75. Un partito forte nella sua organizzazione, ma più snello nel suo apparato, e che soprattutto non abbia la necessità di occupare sottogoverno e partecipate per l’esigenza di far mantenere (allo Stato) la sua classe dirigente.
76. Per cortesia, mai più dibattiti vuoti tra modello socialdemocratico e liberale. Non se ne può più.
77. Negli anni pari sostenitori di rigorosa austerità, in quelli dispari promotori della spesa pubblica. Tra finte e controfinte, possiamo tutelare i servizi ai cittadini, sempre più degradati, e tagliare le sacche di spreco nella PA che ci sono, è inutile far finta di no? Il debito pubblico non è un’invenzione dei media, dopotutto.
78. Possiamo, allo stesso modo, combattere le oligarchie e le consorterie aprendo i troppi mercati chiusi di questo Paese, e tutelare chi invece in questi anni si è visto la propria attività venire spazzata via dalla deregulation?
79. Prendiamone atto, siamo al governo con uno che non è solo un tycoon dei media, ma anche un signore del mattone. Non proprio il modello di sviluppo che dovremmo perseguire. Almeno cerchiamo di resistere alla retorica secondo cui l’edilizia è l’unica fonte di sviluppo, perché la difesa dell’ambiente e del suolo lo sarebbe allo stesso modo e anche di più (il consumo di suolo era uno degli otto punti, già).
80. Speriamo che non si ripresenti in aula un voto riguardante giovani ragazze a proposito delle quali bisogna certificare o meno il grado di parentela con capi di Stato stranieri. Non si sa mai.
81. La domanda ricorrente: «sì, ma qual era l’alternativa?». L’alternativa era puntare i piedi per un governo leggero, con scopi chiari, durata breve, personalità neutre. Non si è voluto. Ora ci cucchiamo Formigoni, Lupi, Biancofiore e compagnia. Cosa pensavamo, che Berlusconi tenesse in cantina una riserva della Repubblica?
82. «Riduzione del danno», l’avevamo chiamata. Perché deve essere chiaro, come ha scritto Veltroni, che questa è un’emergenza, non una soluzione auspicabile, né una svolta epocale (e chi lo dice, dovrebbe trattenere la gioia).
83. Il voto a Grillo è legato certamente alla casta e al sistema di potere della politica tradizionale, ma le sue ragioni vanno ricercate nel disagio sociale ed economico che vive larga parte della popolazione. Non scambiamo le cause per gli effetti.
84. Non adottare più in futuro l’argomento: «se fate così, mandate Berlusconi al governo». Ha già funzionato.
85. Se ci fossimo scusati, tutti quanti, come ha chiesto di fare qualche nostro circolo, i nostri elettori avrebbero apprezzato.
86. Dopo il tramonto della convenzione per le riforme, siamo intenzionati a rivedere le stime di durata di questo governo (si è parlato di 18 mesi: confermiamo?).
87. Se il governo farà buone cose, gli scettici di oggi saranno i primi a riconoscerlo.
88. Se il governo riconoscesse gli scettici di oggi, farebbe cose buone per il mortificatissimo popolo che lo sostiene (almeno una sua parte).
89. «Non è colpa delle stelle (o di Twitter) se servi siamo, ma nostra», Shakespeare.
90. Il problema non sono Ds e Margherita, ma che ancora se ne parli e si ragioni in questi termini.
91. Segue la precedente: se Letta è premier, non ci vuole un segretario che venga dalla sinistra, come si sente ripetere. Ci vuole un segretario del Pd.
92. Il prossimo segretario del Pd deve parlare con Grillo. Sì. Gli chieda un caffè, in streaming, in mondovisione, ma ci parli. E si confronti. Più o meno come si è fatto con Berlusconi (sic). Non averlo fatto, è stato uno stupido errore.
93. #OccupyPd lo usammo nel 2011. Tanto tempo fa. L’idea era che del Pd ci si dovesse occupare, entrarci, per cambiarlo. Idea ancora valida, se il Pd non deciderà di chiudersi (esattamente per lo stesso motivo, ma al rovescio).
94. Quanti sono gli elettori del Pd che hanno scelto il M5S? Sono troppi per poterci parlare?
95. Nessuno gioca al tanto peggio, tanto meglio, ma al tanto prima, tanto meglio (in tutti i sensi, per il governo e per il partito) sì.
96. Perché siamo stati così lenti e precipitosi nello stesso tempo?
97. Scusate le ripetizioni: vale per questi 101 punti, ma anche per quanto è successo in Parlamento (coazione a ripetere).
98. Chissà perché quello che è successo nelle ultime tre settimane mi ha ricordato così da vicino il 1998.
99. Dov’è finita la riflessione sul 99%? Il Pd, oltre a dare concretezza e senso alle politiche europee, ha intenzione di occuparsi di ciò che succede nel mondo?
100. Il numero massimo dei membri della direzione politica nazionale.
101. Chi sono i 101? E perché, caso unico nella storia dell’umanità, non si dichiarano? Hanno pure vinto, perché schermirsi?
E per voi, qual è il punto?


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