lunedì 27 maggio 2013

Ma dove va il PD?

Il portavoce "democraticamente eletto" ed attuale capogruppo in Consiglio Comunale a Buccinasco si pone pubblicamente una domanda che tanti elettori del PD si pongono:


25 Maggio, di David Arboit
«Il congresso del Pd deve avere – scrive giovedì 23 maggio Guglielmo Epifani sul suo profilo facebook – l’ambizione di dare al paese la proposta ed il programma per un cambiamento forte, di rafforzare e aggiornare l’identità e la cultura politica dei democratici, di ricostruire un rapporto di fiducia e di passione con i militanti, gli iscritti e gli elettori.» Affermazione tanto roboante quanto concretamente insignificante e fuori dalla realtà.
1) «Dare al paese la proposta ed il programma per un cambiamento forte». Suvvia non scherziamo Guglielmo. Abbiamo fatto una campagna elettorale insipida e incolore, evitando accuratamente di dare l’idea che avessimo in mente un “cambiamento forte”. I cittadino hanno premiato il Movimento 5 stelle che, almeno dal punto di vista retorico, ha mostrato di volere il “cambiamento forte”. Dopo le elezioni chi ha registrato questo errore, Pierluigi Bersani, e ha puntato tutto sul “cambiamento forte” è stato sabotato dalla maggioranza del suo partito con ogni mezzo. Abbiamo scelto di governare con una Maggioranza che rende assolutamente impossibile anche solo pensare a un “cambiamento forte”. Allora, visto quanto premesso, con quale credibilità è possibile avanzare ancora l’idea di un “cambiamento forte”? Ma soprattutto quale credibilità può avere una classe dirigente del PD che fin qui ha fatto di tutto per affossare la possibilità di un “cambiamento forte”?
2) Il «rapporto di fiducia e di passione con i militanti, gli iscritti e gli elettori» è stato distrutto da un’oligarchia di partito strategicamente ottusa e moralmente inetta, accecata dalla paura di perdere il potere, cioè il controllo del partito, orientata alla difesa del proprio ruolo e della propria poltrona. Questi oligarchi sono i responsabili del disastro, devono semplicemente sparire, ritirarsi a vita privata. Veltroni, D’Alema, Gentiloni, Bersani, Franceschini, Letta, Bindi, Fioroni, Finocchiaro, Marini, Bianco, Castagnetti, Fassino, Latorre, Melandri, Minniti: que sen vayan todos! questo è il grido che si alza dai Circoli. Se ne vadano perché la loro autorevolezza è ormai pari a zero. Sono questi i dirigenti impresentabili. Affannosamente e continuamente a caccia di visibilità mediatica, soffrendo l’idea di un’eventuale marginalità politica, concedono interviste a importanti quotidiani nazionali (che fanno leva sul loro narcisismo per strumentalizzarli), nelle quali ripetono per l’ennesima volta idee e piccole polemiche di bottega logore. Sono interviste che suscitano ben che vada grande ilarità e sbeffeggiamenti da parte di militanti ed elettori, e male che vada rabbia e propositi di vendetta (elettorale). I circoli stanno faticosamente facendo la campagna di tesseramento; cari oligarchi volete dare una mano? Tacete!
3) Riguardo alla possibilità di «rafforzare e aggiornare l’identità e la cultura politica dei democratici,» è un’evidente idiozia pensare di affidare la Congresso un compito che dal 2007 a oggi la suddetta oligarchia dominante non è mai riuscita a portare a termine, e anzi ha ostacolato e sabotato con ogni mezzo per garantirsi le mani libere. E sì, perché sia ben chiaro che opportunismi, personalismi e narcisismi di ogni tipo pullulano grazie a una situazione culturale ambigua, incerta, indistinta, confusa, volutamente tenuta nella indeterminazione, che ha prodotto orientamenti politici ondivaghi, contraddittori e cerchiobottisti. Il congresso potrà al massimo essere il luogo in cui una vecchia e logora oligarchia, armata di vecchie e logore idee, si scontrerà con chi avrà la forza di proporre uomini nuovi armati di proposte culturali radicalmente nuove. E poi ci si conterà: di qua i servi degli oligarchi, i vassalli che si prostreranno e giureranno fedeltà in cambio qualche piccolo o grande feudo, di là chi avrà il coraggio di affrancarsi dalla servitù feudale per percorre vie nuove.
4) L’affermazione di Epifani, che ha l’evidente sapore del ballon d’essai, ha anche scatenato una ridda di illazioni sulla data del Congresso. Non è chiaro se questa idea del rinvio sia veramente passata per la testa di qualcuno, ma è chiaro che se è così quel qualcuno è certamente un idiota. Si vuole dare l’immagine di un Partito terrorizzato dall’idea della possibilità di fare chiarezza ideologica e politica inchiodando così tutti a precisi orientamenti politici e quindi a precise responsabilità? Si vuole dare l’immagine di un Partito abbarbicato con le unghie e con i denti al governo, costi quel che costi? La suddetta oligarchia teme che durante il Congresso emerga nel Partito una maggioranza contraria all’attuale governo e favorevole soltanto a un brevissimo governo di scopo? È questo che si vuole?
5) Ecco allora che si ritorna al punto 1: il “cambiamento forte”. La domanda è: il PD vuole veramente, a partire da se stesso, il “cambiamento forte”? A chiacchiere forse sì, ma i comportamenti parlano diversamente, da certi comportamenti sembrerebbe proprio di no.

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