Bindi: «Serve un leader di garanzia»
di Claudia Terracina - da Il Messaggero, 5 maggio 2013
Dopo le sue dimissioni da presidente del Pd, Rosy Bindi e i suoi sono rimasti fuori dal governo. Di lei si parla per la presidenza della commissione Antimafia, anche se l'interessata al momento frena perché - avverte - «l'ipotesi non è all'ordine del giorno».
Onorevole Bindi, a questo punto per il Pd meglio un comitato di reggenza o un segretario?
«Lo statuto prevede l'elezione di un segretario».
Ma tra Epifani e Cuperlo chi la convince di più?
«Non faccio questione di nomi. Al momento, non vedo in campo nessuno che incarni il profilo di una figura di garanzia che dovrà avere il compito di traghettarci con la collegialità verso il congresso, dove si dovranno confrontare progetti e proposte e dove si eleggerà il segretario del futuro partito».
Una precisazione che fa immaginare nuovi scontri.
«L'assemblea nazionale è stata eletta nel 2009 ed è stata superata dagli eventi ultimi giorni e, in particolare, dalle primarie tra Renzi e Bersani. Io mi sono dimessa da presidente del partito in polemica con Bersani. E altrettanto ha fatto il segretario. In questa fase così delicata, tutti insieme dobbiamo riflettere sui nostri problemi, sulle divisioni, sulle ragioni della sconfitta elettorale e sulla vicenda dell'elezione del Capo dello Stato. È una fatica, ma abbiamo il compito di sforzarci per individuare una figura davvero di garanzia».
Teme che l'eventuale reggente del Pd possa poi essere proposto come il segretario del partito?
«Non è questo il problema. In gioco c'è la ricostruzione del Pd. Per questo, dobbiamo avere il coraggio di un'analisi profonda su questi ultimi mesi, parlando anche delle divisioni e delle riserve nei confronti di questo governo».
Lei ha ancora molti dubbi...
«Sì, non lo nascondo. Non ci sto alla chiamata di corresponsabilità sulla gestione politica di questi ultimi anni da parte del centrodestra. La mia è l'unica componente che non ha chiesto di essere rappresentata in questo esecutivo. Tuttavia, assicuro lealtà al presidente del Consiglio».
Lei dice di sentirsi ancora ulivista, onorevole Bindi, difficile però che Prodi possa tornare a credere nell'Ulivo dopo quel che è successo.
«Io continuo a battermi per l'idea dell'Ulivo, che è il progetto fondante del Pd e che non è stato realizzato. Quanto a Prodi, mai dire mai. Ma occorre un percorso senza ipocrisie che ci consenta di fare appello a tutte le intelligenze, le esperienze e le volontà di cui dispone il Pd perché è nostro compito rimetterci in sintonia con il Paese e con i suoi bisogni per ricostruirlo».
Lavoro non semplice, viste le divisioni del Pd.
«Ci siamo riusciti in passato, ci riusciremo ancora. Intanto, non dobbiamo avere fretta di cambiare le regole che ci siamo dati. Sento parlare di stravolgimento dello Statuto del partito, di distinzione tra premiership e leadership, ma non si possono piegare le regole alle convenienze politiche del momento, anche se capisco bene cosa c'è sotto».
E cosa c'è sotto?
«C'è che il possibile candidato alla presidenza del Consiglio non è interessato alla gestione del partito. Sono una donna di mondo, capisco, ma le regole sono la sentinella della nostra idea di partito e non vanno cambiate senza una adeguata riflessione. E la stessa preoccupazione è stata espressa da Veltroni».
Lei ha detto che se per la segreteria saranno in campo solo Renzi e Barca si adopererà per trovare un terzo nome. Quel nome sarà il suo? O quello di un giovane?
«Non certo il mio. Non servono semplificazioni generazionali o culturali. Tutti sono utili. Io certo continuerò a battermi per il Pd e nel Pd. Non ci sto a scrivere la parola fine».
Cosa pensa della proposta messa in campo da Barca?
«Apprezzo che voglia superare il funzionariato del partito, ma mi preoccupa la sua idea di ricostruire un Pd sbilanciato a sinistra. Noi siamo un partito plurale, di centrosinistra, dove convivono tante culture diverse».
A proposito della Convenzione per le riforme, condivide l'idea di Violante di escludere i parlamentari?
«Credo, come lui, che occorra procedere alla revisione della seconda parte della Costituzione. Ma occorre rispettare il dettato della nostra Carta».
Perciò?
« Perciò, non penso si possa partire da un impianto anticostituzionale, mettendo in piedi una sorta di Costituente, che, in maniera surrettizia, sostituisca il Parlamento».
Quindi, niente esterni? E cosa pensa della richiesta di Berlusconi di diventare il presidente della Convenzione?
«Sì anche a esperti esterni, non condivido la rigidità di Rodotà. Quanto a Berlusconi, chiedo che non ci metta in imbarazzo e ricordo che per presiedere la Convenzione occorre una personalità non divisiva. Cosa che non si può dire di Berlusconi».
Quale è la prima cosa che dovrebbe fare il governo Letta?
«Affrontare l'emergenza sociale e, assolutamente, cambiare la legge elettorale, perché non ci ricapiti di dover rivotare con il Porcellum, se ci dovesse essere un inciampo».
Dopo le sue dimissioni da presidente del Pd, Rosy Bindi e i suoi sono rimasti fuori dal governo. Di lei si parla per la presidenza della commissione Antimafia, anche se l'interessata al momento frena perché - avverte - «l'ipotesi non è all'ordine del giorno».
Onorevole Bindi, a questo punto per il Pd meglio un comitato di reggenza o un segretario?
«Lo statuto prevede l'elezione di un segretario».
Ma tra Epifani e Cuperlo chi la convince di più?
«Non faccio questione di nomi. Al momento, non vedo in campo nessuno che incarni il profilo di una figura di garanzia che dovrà avere il compito di traghettarci con la collegialità verso il congresso, dove si dovranno confrontare progetti e proposte e dove si eleggerà il segretario del futuro partito».
Una precisazione che fa immaginare nuovi scontri.
«L'assemblea nazionale è stata eletta nel 2009 ed è stata superata dagli eventi ultimi giorni e, in particolare, dalle primarie tra Renzi e Bersani. Io mi sono dimessa da presidente del partito in polemica con Bersani. E altrettanto ha fatto il segretario. In questa fase così delicata, tutti insieme dobbiamo riflettere sui nostri problemi, sulle divisioni, sulle ragioni della sconfitta elettorale e sulla vicenda dell'elezione del Capo dello Stato. È una fatica, ma abbiamo il compito di sforzarci per individuare una figura davvero di garanzia».
Teme che l'eventuale reggente del Pd possa poi essere proposto come il segretario del partito?
«Non è questo il problema. In gioco c'è la ricostruzione del Pd. Per questo, dobbiamo avere il coraggio di un'analisi profonda su questi ultimi mesi, parlando anche delle divisioni e delle riserve nei confronti di questo governo».
Lei ha ancora molti dubbi...
«Sì, non lo nascondo. Non ci sto alla chiamata di corresponsabilità sulla gestione politica di questi ultimi anni da parte del centrodestra. La mia è l'unica componente che non ha chiesto di essere rappresentata in questo esecutivo. Tuttavia, assicuro lealtà al presidente del Consiglio».
Lei dice di sentirsi ancora ulivista, onorevole Bindi, difficile però che Prodi possa tornare a credere nell'Ulivo dopo quel che è successo.
«Io continuo a battermi per l'idea dell'Ulivo, che è il progetto fondante del Pd e che non è stato realizzato. Quanto a Prodi, mai dire mai. Ma occorre un percorso senza ipocrisie che ci consenta di fare appello a tutte le intelligenze, le esperienze e le volontà di cui dispone il Pd perché è nostro compito rimetterci in sintonia con il Paese e con i suoi bisogni per ricostruirlo».
Lavoro non semplice, viste le divisioni del Pd.
«Ci siamo riusciti in passato, ci riusciremo ancora. Intanto, non dobbiamo avere fretta di cambiare le regole che ci siamo dati. Sento parlare di stravolgimento dello Statuto del partito, di distinzione tra premiership e leadership, ma non si possono piegare le regole alle convenienze politiche del momento, anche se capisco bene cosa c'è sotto».
E cosa c'è sotto?
«C'è che il possibile candidato alla presidenza del Consiglio non è interessato alla gestione del partito. Sono una donna di mondo, capisco, ma le regole sono la sentinella della nostra idea di partito e non vanno cambiate senza una adeguata riflessione. E la stessa preoccupazione è stata espressa da Veltroni».
Lei ha detto che se per la segreteria saranno in campo solo Renzi e Barca si adopererà per trovare un terzo nome. Quel nome sarà il suo? O quello di un giovane?
«Non certo il mio. Non servono semplificazioni generazionali o culturali. Tutti sono utili. Io certo continuerò a battermi per il Pd e nel Pd. Non ci sto a scrivere la parola fine».
Cosa pensa della proposta messa in campo da Barca?
«Apprezzo che voglia superare il funzionariato del partito, ma mi preoccupa la sua idea di ricostruire un Pd sbilanciato a sinistra. Noi siamo un partito plurale, di centrosinistra, dove convivono tante culture diverse».
A proposito della Convenzione per le riforme, condivide l'idea di Violante di escludere i parlamentari?
«Credo, come lui, che occorra procedere alla revisione della seconda parte della Costituzione. Ma occorre rispettare il dettato della nostra Carta».
Perciò?
« Perciò, non penso si possa partire da un impianto anticostituzionale, mettendo in piedi una sorta di Costituente, che, in maniera surrettizia, sostituisca il Parlamento».
Quindi, niente esterni? E cosa pensa della richiesta di Berlusconi di diventare il presidente della Convenzione?
«Sì anche a esperti esterni, non condivido la rigidità di Rodotà. Quanto a Berlusconi, chiedo che non ci metta in imbarazzo e ricordo che per presiedere la Convenzione occorre una personalità non divisiva. Cosa che non si può dire di Berlusconi».
Quale è la prima cosa che dovrebbe fare il governo Letta?
«Affrontare l'emergenza sociale e, assolutamente, cambiare la legge elettorale, perché non ci ricapiti di dover rivotare con il Porcellum, se ci dovesse essere un inciampo».
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