Bindi: "Non si cambia la Carta a colpi di maggioranza"
di Wanda Marra - da Il Fatto Quotidiano
Bindi: «Il nostro destino non si lega al premier»
di Alessandra Chello - da Il Mattino
28/7/2013 - Bindi: "Non si cambia la Carta a colpi di maggioranza"
di Wanda Marra - da Il Fatto Quotidiano
"Dobbiamo subito fermare i tentativi di chi vorrebbe cambiare la Costituzione a colpi di maggioranza". Rosy Bindi venerdì in direzione Pd c'è andata giù pesante ("non sacrifico la Carta a questo governo"), una tra i pochi dirigenti democratici a prendere una posizione netta sul tentativo di Pd e Pdl di cambiare la Carta a passo di marcia. Con annesse forzature.
di Wanda Marra - da Il Fatto Quotidiano
"Dobbiamo subito fermare i tentativi di chi vorrebbe cambiare la Costituzione a colpi di maggioranza". Rosy Bindi venerdì in direzione Pd c'è andata giù pesante ("non sacrifico la Carta a questo governo"), una tra i pochi dirigenti democratici a prendere una posizione netta sul tentativo di Pd e Pdl di cambiare la Carta a passo di marcia. Con annesse forzature.
Onorevole Bindi, il senso del suo intervento?
Dobbiamo sostenere questo governo perché non ha alternative, e perché innegabilmente sta facendo del suo meglio.
Innegabilmente?
Date le condizioni economiche, politiche e finanziarie sta cercando di lavorare al meglio per il paese. Però siamo consapevoli che questo e un governo sostenuto da una maggioranza di necessità. Sono larghe intese, con tutti i limiti del caso italiano.
E dunque?
Alcuni temi come la riforma costituzionale, i principi, le questioni etiche, i diritti civili, le regole non possono essere sacrificate al rispetto di un vincolo di maggioranza. Tanto più che questa è molto larga e molto strana. Non possiamo umiliare le minoranze e la stessa Costituzione.
Quali sono i rischi?
Quando la destra ha provato a cambiare la Costituzione voleva stravolgerla. Il punto d'incontro tra noi e loro è molto difficile.
Si riferisce al presidenzialismo?
Non solo. Anche a un tentativo di rivedere l'impianto di pesi e contrappesi. La pensiamo in modo opposto su molti temi.
II presidenzialismo però va bene anche a buona parte del Pd.
Quando ci siamo espressi la nostra assemblea ha votato per il superamento del bicameralismo, il dimezzamento dei parlamentari, la razionalizzazione del federalismo, il rafforzamento del premier e del governo, il rafforzamento di garanzie e tutele. Non per il presidenzialismo.
Ma quando e accaduto?
Nel 2010.
Un po' di tempo fa.
La Costituzione ha 60 anni... Con tutto quel che e successo è fondamentale rendere più autorevoli i partiti, più funzionante la democrazia parlamentare.
A cosa si riferisce?
All'elezione del presidente della Repubblica e alla formazione del governo, che sono avvenuti in uno stato di necessità. Chi ha chiesto a Napolitano di assumersi certe responsabilità, sa che queste sono nel quadro della Costituzione, ma inedite per la nostra storia.
Alcuni dicono che Napolitano stia forzando la Costituzione, tanto da porsene al di fuori.
Non penso che sia così. Il presidente della Repubblica è una figura di garanzia, ma ha molti poteri. Non ce n'eravamo accorti prima, perché i partiti erano forti e la democrazia funzionava. Anche per questo abbiamo il dovere di fare alcuni cambiamenti. Intorno a questa prospettiva serve una maggioranza più ampia di quella di governo.
Quindi anche una maggioranza diversa?
Qualche giomo fa l'ex ministro Romani mi ha detto che non sono possibili maggioranze variabili sulla Costituzione. Io ho risposto che non mi sento legata a vincoli di maggioranza, ma allo spirito della Carta.
Lei è stata l'unica nella Direzione del Pd a porre la questione.
Ho esplicitato una posizione sulla quale erano d'accordo anche altri. Anzi, rivendico il risultato raggiunto ieri a tutto Pd. Sel e Cinque Stelle stanno dimostrando la disponibilità a non opporsi ad alcuni cambiamenti, ma a partecipare.
L'ostruzionismo dei Cinque Stelle è stato determinante.
Da loro è stata una forte presa di posizione. Ma il Pd ha dato la sua disponibilità e alla fine pure il governo. Il Parlamento venerdì ha fatto un buon lavoro.
Nel merito cosa c'è che non va nella riforma del 138?
E' un buon testo, lo voterò. Ci abbiamo lavorato e il referendum confennativo è un'ulteriore garanzia. Abbiamo scongiurato l'idea di affidare le riforme a una Convenzione, depotenziando il Parlamento. Ma prima o poi arriveremo al merito. Ed e importante che partecipino tutti, perché la Carta è di tutti.
Ma il vostro art. 138 è in contrasto con il 72.
I principi sono rispettati. Chiedo: è più importante formalizzarsi oppure fare le modifiche necessarie?
Anche forzando la Costituzione?
Non è violato il principio, ma la sua applicazione.
Ma non le pare ci siano altre priorita in questo momento?
Certo, quelle economiche e sociali. Ma è altrettanto urgente che la nostra democrazia funzioni e per questa alcune riforme vanno fatte.
28/7/2013
Bindi: «Il nostro destino non si lega al premier»
di Alessandra Chello - da Il Mattino
Della serie: non dimentichiamo che questo non è il nostro governo. Rosy Bindi ex presidente del Pd ricorda subito che «l'esecutivo Letta è nato per uno stato di necessità. Nessuno di noi ha mai lavorato per un governo così».
Ora però il congresso è una carta importante per la rinascita del Pd: come va giocata?
«Sarà la prima occasione che abbiamo perché il nostro partito ritrovi se stesso e si presenti agli italiani come quello che vincerà le prossime elezioni. Ma la gente vuol sapere le nostre intenzioni e con chi vogliamo governare. Ecco perché dobbiamo fare un congresso aperto, competititivo. Se ci sono idee vanno confrontate, ma se ci si concentra solo sul profilo del leader... Non si può insistere sull'idea di un congresso chiuso, in due tempi, senza primarie aperte a tutti. Serve un congresso con un confronto vero e non acquietato solo perché non si deve disturbare il governo».
Per quanto tempo ancora potrete andare avanti così divisi?
«Il sostegno leale a Letta non deve impedire al partito di avere un suo profilo e una sua proposta. A chi si candida alla segreteria del Pd dobbiamo chiedere di fare il segretario, non di rinunciare a correre per la guida del Paese. A nessuno interessa un partito che non sia anche una forza del cambiamento. Quanto alla Costituzione non si può blindare il confronto nella sola maggioranza mentre sui temi etici, sui diritti e sulle politiche sociali dobbiamo avere una nostra iniziativa perciò se il Pd non si identifica in questa fase, non si capisce perché si deve cambiare statuto. Questa fase deve concludersi presto: vanno definite le regole e poi condivise perché tutti sono portatori di buone idee anche se diverse».
Incluso Matteo Renzi?
«L'ho detto e lo ribadisco: secondo me anche Renzi in sede congressuale deve dire quel che ha da proporre, io non lo voterò, ma al partito farà bene un momento di confronto e poi si ritroverà l'unità intorno a chi vince».
Lei ha detto che non sacrificherà la carta costituzionale per questo esecutivo...
«Premesso che Letta sta lavorando bene anche a livello internazionale, va detto che mentre questo governo può creare le condizioni per mettere a punto le riforme, non possiamo però sentirci vincolati alla maggioranza che lo sostiene. Perché la Costituzione è di tutti e va cambiata nel metodo e nel merito includendo anche le minoranze».
Franceschini parla della fine del bipolarismo il che potrebbe aprire la porta al proporzionale. È d'accordo?
«L'affermazione del Movimento Cinque Stelle ha messo a rischio il bipolarismo. Ma proprio non possiamo rinunciarvi. Dobbiamo lavorare per una legge maggioritaria che superi il Porcellum una delle cause principali della distanza tra la politica e il Paese. In tutto il mondo le democrazie funzionanti sono quelle basate sul bipolare e il Pd deve lavorare per mettere in sicurezza il bipolarismo».
Strappi, lacerazioni, quale è stata l'origine del caos in casa democratica?
«Eravamo convinti di vincere le elezioni e non abbiamo saputo dire chiaro e forte alla gente quale fosse il nostro programma. Il Sud ad esempio ne è la prova dal momento che la debacle c'è stata proprio lì. E poi Bersani avrebbe dovuto fare un passo indietro al momento giusto. Di certo non si arrivava a questo punto. Altro che governo delle larghe intese...».
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