PAOLO NATALE
I sondaggi erano giusti, il
flop è dei sondaggisti
La colpa della scorretta previsione è di coloro che fanno le stime di previsione del voto e che non si sono fidati, se non in parte, di ciò che emergeva dai sondaggi
Prima era soltanto un sospetto, qualcosa che riguardava unicamente i sondaggi che mi erano capitati tra le mani. Poi, poco alla volta, quel flebile sospetto è iniziato ad ingigantirsi, fino a diventare una (quasi) certezza, come il venticello del Barbiere di Siviglia. Nessuno ne parlava però apertamente; pochi lo ammettevano, e anche questi soltanto tra le righe, implicitamente, come se fosse qualcosa che non potesse venir dichiarato in maniera netta.
Ma le reticenze lentamente hanno iniziato a diradarsi, complice un’amicizia più solida nel tempo, oppure la garanzia del completo anonimato. La verità alla fine è venuta a galla in maniera significativamente evidente. Ed è una verità piuttosto sconvolgente, che getta una nuova luce su tutto quanto è stato affermato, ribadito, sottolineato nei giorni immediatamente seguenti il dato elettorale reale, quello delle ultime consultazioni europee.
Riassumiamo. Il Pd è stato sottostimato da tutti i sondaggi di almeno 9-10 punti. Le aspettative più accreditate dagli istituti demoscopici erano che il Partito democratico non dovesse superare il 32 per cento, ad andargli bene. Il Movimento 5 Stelle veniva ipotizzato quanto meno in lieve miglioramento rispetto al dato dello scorso anno: non avrebbe dovuto prendere meno del 25-26 per cento, con possibile sfondamento vicino al 30. Veniva dunque sovrastimato di almeno cinque punti percentuali. Le altre forze politiche, al contrario, avevano stime tutto sommato abbastanza precise, con scarti non particolarmente significativi dal punto di vista statistico.
Dopo errori così madornali, per i due principali contendenti, da più parti sono iniziate a piovere forti critiche sulla consueta incapacità degli analisti elettorali e dei sondaggisti di comprendere ciò che sta accadendo dal punto di vista delle scelte e del comportamento elettorale dei cittadini chiamati alle urne. E, devo dire, non senza ragioni, considerato il fatto che anche lo scorso anno pochi di questi soggetti avevano dato una migliore prova delle proprie capacità previsive.
Come si sono difesi, allora come ora? Campioni troppo miseri per mancanza di soldi, reticenza da parte degli elettori nel dichiarare il proprio orientamento di voto, forte indecisione nelle scelte di voto, comportamenti di voto decisi solamente all’ultimo momento, addirittura nella cabina elettorale, voto liquido per mancanza delle antiche appartenenze, eccetera.
Tutto il classico armamentario giustificativo che, benché abbia le sue valide ragioni, non dovrebbe permettere alle stime di trovare una degna attenzione. Come dire: se non sapete esattamente cosa ipotizzare, meglio che non lo facciate, meglio astenersi da previsioni così incerte.
E invece, dopo qualche giorno, lentamente ma in maniera inesorabile, cosa si scopre? Che nella realtà molti dei sondaggi che venivano realizzati fornivano esattamente il risultato che c’è poi stato nella consultazione europea. O, comunque, non ci andavano molto lontano. Dunque, i campioni funzionavano, i cittadini intervistati non mentivano in maniera significativa, le tendenze di voto che emergevano dalle rilevazioni demoscopiche non erano dissimili dal voto effettivo.
Solamente, i sondaggisti non credevano ai propri occhi e, memori del flop dello scorso anno, nelle stime che pubblicavano, e perfino in quelle “segrete”, tendevano a togliere punti percentuali al Pd per regalarli al M5S. Ipotizzando talora un quasi pareggio tra i due contendenti.
Qual è la morale, dunque? Che la colpa della scorretta previsione non è dei sondaggi, non è dei cittadini che mentono e ancora sono indecisi, non è dei campioni poco numerosi. La causa prima del fallimento demoscopico è quasi unicamente di coloro che quelle stime di previsione del voto le fanno, i quali non si sono fidati, se non in parte, di ciò che emergeva dai sondaggi. C’è da riflettere…
@PaoloNataleMi
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