sabato 22 settembre 2007

Ma dobbiamo parlare di Grillo ?


Non avevo ancora commentato le affermazioni fatte da Beppe Grillo nelle ultime settimane.

E' il momento di farlo

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1 commento:

Franco Gatti ha detto...

Antipolitica.
CHI DISTRUGGE LA POLITICA

Scritto da Nando dalla Chiesa

Friday 14 September 2007
(l'Unità, 14 settembre 2007) -

“Maestà il popolo ha fame, manca il pane”. “Dategli le brioches!”. Viene in mente il celebre dialogo del dignitario di corte con Maria Antonietta vedendo le misure che i leader politici italiani propongono di adottare dopo la giornata di sabato scorso, passata alle cronache come il Vaffa-day di Beppe Grillo. Che cosa chiedono gli italiani che si sono sentiti rappresentati da quelle piazze? Chiedono che i “rappresentanti” vengano scelti dai loro “rappresentati”; che non è, ammettiamolo, un principio così bizzarro in una democrazia, ma anzi è il fondamento della democrazia. Mentre abbiamo una legge elettorale che proprio di questo ha fatto piazza pulita: la possibilità del cittadino di scegliersi chi lo rappresenta in parlamento. Una legge che, tra i deputati e i senatori, ha aumentato i funzionari di partito del 250 per cento. E che ha giocato un ruolo cruciale nell’alimentare la rabbia popolare. Chiedono ancora, gli italiani che si sono sentiti rappresentati da quelle piazze, che in parlamento non siedano più i condannati per i reati più diversi, compresi i più gravi. Per dire forte e chiaro che le istituzioni parlamentari sono incompatibili con il crimine o con l’illegalità.



E la politica come risponde a chi chiede di potere votare e di non avere condannati in parlamento? Diminuiamo i ministri. Ottimo. Come le brioches. Perché il numero dei ministri e dei sottosegretari poteva e doveva essere tenuto a bada all’atto della formazione del governo, quando partiti e correnti si scatenarono nel rivendicare posti e postazioni di controllo. Ma le richieste di sabato scorso sono chiare, fondatissime, non consentono fughe. Perché sono, appunto, il “pane” della democrazia. E attendono risposte. Quali?

Per esempio, più che parlare di ridurre i ministri (che va sempre bene, per carità), il partito democratico avrebbe un’arma straordinaria per dimostrare di avere inteso il messaggio del popolo dei blog. Potrebbe dire: purtroppo la legge elettorale l’hanno voluta quelli del centrodestra, ma noi nella democrazia ci crediamo per davvero; dunque là dove possiamo decidere autonomamente si torna alla libera scelta dei propri rappresentanti. E quindi sapete che vi diciamo? Che, alleluia, il 14 ottobre per le primarie si torna alla preferenza; e le liste bloccate le buttiamo finalmente alle ortiche perché non fanno parte della nostra cultura. E poi vi diciamo pure che avete ragione a non volere condannati per gravi reati in parlamento. In effetti, come si fa a chiedere sacrifici e rischi a magistrati e forze dell’ordine quando tra quelli che fanno le leggi ci sono anche coloro che le hanno violate?

E’ stupefacente la difficoltà che ha la politica nel rispondere del proprio operato. Mostra la coda bagnata, fa annunci e promesse a raffica. Ma di facciata. A volte si esercita in truffe semantiche (come quando il finanziamento dei partiti venne sostituito con i rimborsi elettorali). Di più: spesso, addirittura, proprio avendo la coda bagnata, asseconda senza dignità le pulsioni demagogiche che inevitabilmente si scatenano dentro i moti di rabbia e di contestazione. Magari immaginando che per mostrarsi “vicini ai cittadini” basti andare in tivù a ridere e ballare e a far da spalla al comico di turno (che politico simpatico, lui sì che è come noi).

Già, perché mentre opta per le brioches la politica evita anche di difendere se stessa rinunciando a combattere i luoghi comuni. Perciò (guarda che mi tocca fare.. ma qui bisogna sapere andare controcorrente sia rispetto ai partiti sia rispetto alla piazza…) dico che essa, mentre è chiamata a cambiare il cuore delle regole, deve anche sentire la responsabilità di dare ai cittadini informazioni corrette sulla “materia infiammabile” di questi mesi. Che mentre deve bonificare radicalmente i territori inquinati, dalle prebende a pioggia e incontrollate agli attici di favore, deve sapere difendere o spiegare ciò che va difeso o spiegato. Giusto per “pulire” il campo. Perché non diventi tutto uno stesso mazzo di vergogne.

Ad esempio i famosi viaggi gratis dei parlamentari. Che esprimerebbero, si dice, un privilegio di deputati e senatori di fronte alla società civile. Ma perché non dire che è proprio la società civile che beneficia di quei viaggi gratis, ossia le centinaia e centinaia di circoli, associazioni, scuole, cineforum, biblioteche, riviste, che sanno di potere invitare un parlamentare per dare slancio e forza alle loro iniziative senza dovere pagare il costo di un aereo o di un treno? Perché non dire, anzi, che questo privilegio rientra esattamente nei calcoli di chi organizza e invita, il quale mai - altrimenti - potrebbe permettersi di sopportare i costi del convegno o del dibattito o del cineforum? Perché far credere al cittadino che questo privilegio venga usato per farsi crociere personali quando in più anni l’unico desiderio che io e tanti altri abbiamo avuto è stato quello di festeggiare l’arrivo delle vacanze estive con una settimana di sosta a casa, provvidenziale riposo dopo un anno passato a viaggiare in frenesia (fine delle votazioni in aula-partenza-dibattito serale-rientro all’alba)? Naturalmente si può discutere se questo sia giusto o no. Probabilmente non lo è. Fatto sta che (salvi, accidenti!, gli aerei di Stato per usi di svago) questo è l’uso che centinaia di parlamentari fanno di quel “privilegio”: metterlo al servizio, farne una forma di finanziamento indiretto, della democrazia diffusa, della società civile.

Oppure ancora, altro esempio: perché continuare a presentare come una forma di moralizzazione politica la abolizione del Senato? Davvero crediamo che i nostri padri costituenti non sapessero o capissero nulla di politica e di meccanismi istituzionali? O forse nel tempo non si è mostrata ancora più lungimirante la loro previsione? Quella cioè che fosse necessaria una doppia lettura delle leggi per metterle al riparo dalle consorterie ambientali o dagli stati emotivi di massa? Forse che nella società dei media non è ancora maggiore il pericolo che un evento o una campagna d’opinione scatenino istinti e sentimenti, travolgendo il buon senso e portando una camera a votare un provvedimento del quale essa si potrebbe vergognare dopo una settimana? Non dice nulla il caso della cura Di Bella? E davvero pensiamo che se fosse stato rispettato lo spirito del bicameralismo (il “raffreddamento” invece della corsa forsennata), sarebbe passata una legge sciagurata come quella dell’indulto?

O infine, per andare alla terza richiesta del “popolo di Grillo”. Perché non dire che il tetto dei due mandati parlamentari, oltre a cozzare con il principio della libera scelta degli elettori (lo stesso, si badi, invocato contro le liste bloccate) può abbassare proprio la qualità dei rappresentanti? Un conto è diffidare dei senza mestiere che si installano per una vita in parlamento. Altro è precludere alle istituzioni di potersi servire anche a lungo di persone di qualità. Ricordo, per capirsi, la delusione che provai quando Stefano Rodotà mi annunciò che non si sarebbe più ricandidato. La prima cosa che pensai fu che il parlamento perdeva qualcosa. E, se può servire la mia esperienza, devo dire (ora che non sono più parlamentare) che, delle tre legislature che ho fatto, quella in cui ho potuto dare il massimo al Paese è stata la terza. Perché quando sulla scena si scatenano i poteri forti dell’economia e dei media è utile, decisivo perfino, avere almeno parlamentari di esperienza.

Ecco. Ho fatto solo tre esempi. Per dire che spesso si scelgono bersagli falsi. Agnelli sacrificali, alternativamente, per deviare la rabbia o per esasperarla. E per dire che chi fa politica con passione ha dieci volte il dovere di spiegarlo. E magari di dire pure che la proposta di rendere ineleggibili i condannati non è nata sabato scorso ma è già stata presentata e portata al voto in commissione (perdendo) nella scorsa legislatura da un gruppo di senatori. Giustissimo firmarla e presentarla di nuovo. Ma dei parlamentari - non complici, non accidiosi - ci avevano già pensato prima. Così come quaranta parlamentari, non altri, convocarono la famosa manifestazione di piazza Navona nel 2002 per una legge “uguale per tutti”. Il rischio insomma è sempre lo stesso. Ed è un rischio micidiale. Che la rabbia monti cieca, spenda tempo ed energie contro totem sbagliati, metta nello stesso mazzo tutti i politici (in un dibattito su Radio Popolare sono stato perfino accusato di avere per portavoce un pregiudicato…), inietti in circolo nuovi veleni dai quali risorgerà, più forte di prima, la politica più cinica. Pronta a flettersi quando arriva la piena, e altrettanto pronta a rialzarsi con baldanza quando la piena è passata. Nel frattempo il finanziamento pubblico sarà stata abolito per dar vita ai rimborsi elettorali, le preferenze saranno state abolite per dar vita alle liste bloccate, il ministero dell’agricoltura sarà stato abolito per fare nascere quello delle Politiche agricole. La rabbia e l’inganno. Il “sono tutti uguali”, il “nessuno fa niente”. Che è la ricetta ideale perché, dentro la politica, i rapporti tra innovatori e conservatori restino identici. Poi, passata la marea, i conservatori rialzeranno orgogliosamente la propria bandiera sulle mura della città. Ma davvero deve sempre andare così?

Tratto da:
http://www.nandodallachiesa.it/public/index.php?option=com_content&task=view&id=692&Itemid=123

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