lunedì 27 maggio 2013

Ora il PD dovrebbe avere capito cosa vogliono i suoi elettori!

... poi potrà far finta di niente, e continuare come negli ultimi tre mesi, oppure cambiare rotta, sia a livello nazionale, sia a livello locale!

Bocciati i fondi alle private - Ma l'affluenza è ai minimi storici

Referendum: a scrutinio ultimato, il fronte che chiede di abolire il finanziamento del Comune alle materne private sfiora il 60 per cento. Molto bassa però la partecipazione, ferma al 28,7% degli aventi diritto

Affluenza ai minimi storici, ma referendari in festa per la vittoria. E' a due facce la notte bolognese, a urne chiuse e spoglio ultimato. Perché se il Comitato Articolo 33, che aveva promosso il referendum per l'abolizione del finanziamento pubblico delle scuole materne paritarie, intasca una vittoria piuttosto netta - 59% contro 41- è altrettanto vero che la maggioranza dei bolognesi ha deciso di disertare la consultazione.

I dati sull'affluenza, del resto, sono incontrovertibili: su 290mila aventi diritto, ieri sono andati a votare soltanto 85.934, pari al 28,71 per cento. E' il dato più basso della storia della città: mai, neppure nei precedenti referendum cittadini - che per regolamento sono comunque soltanto consultivi e dunque sono senza quorum - si era scesi sotto la soglia del 30 per cento.

Chi ha votato, tuttavia, si è espresso in modo abbastanza netto. La "A" (questa la lettera che contrassegnava il voto a favore della revoca del contributo comunale alle materne private) ha sfiorato il 60%. Motivo, questo, che ha spinto i promotori della consultazione, riuniti in attesa dei risultati, a festeggiare la vittoria tra abbracci e bottiglie di vino. Poi, nell'euforia generale, è scappata anche una dichiarazione un po' audace sulla partecipazione,  definita "buonissima, perché gli elettori superano di gran lunga il numero delle persone direttamente coinvolte".

Quello che emerge dalle urne è "un risultato del quale l'amministrazione dovrà tenere conto", nota comunque il Comitato Articolo 33, che ha promosso la consultazione: "La scuola pubblica - aggiungono - ha vinto il referendum nonostante una larga alleanza di forze politiche ed economiche abbia sostenuto l'opzione B con tutto il proprio peso. Un risultato che lancia un messaggio al paese: la scuola di tutti, laica e gratuita, è un bene comune e deve rimanere un diritto come sancito dalla nostra Costituzione".

Musi lunghi, invece, in casa "B". Dove la speranza era di riuscire a vincere nelle urne. Nessuno dei principali protagonisti, infatti, aveva fatto campagna per l'astensione. Al contrario, lo stesso sindaco Virginio Merola si era speso in una lunga serie di incontri con la cittadinanza per invitarla a partecipare al voto e a rigettare il quesito referendario. Nondimeno, a sconfitta maturata, non è mancato qualche tentativo di minimizzare la portata del risultato: "I dati sull'affluenza - è il commento del deputato Pd Edoardo Patriarca - dimostrano che ha votato una minoranza. Si è trattato di una battaglia ideologica che non interessa la gran parte dei cittadini. I bolognesi hanno capito che la sussidiarietà è la chiave di volta laddove lo Stato non riesce ad arrivare".

Al termine di una campagna elettorale contrassegnata a tratti da toni molto forti, i bolognesi erano stati chiamati a votare sul destino della convenzione - avviata nel 1996 dall'allora sindaco Walter Vitali - tra il Comune e le scuole materne paritarie. Convenzione che prevede lo stanziamento di un milione di euro all'anno a favore dell'istruzione privata, e che i referendari vogliono abolire per destinare i fondi alle materne comunali.

Il quesito ha spaccato la società e la politica bolognese. A favore dell'abolizione si sono schierati Sel (che è in giunta col Pd) e Movimento 5 Stelle. Contro, il Pd (a partire dal sindaco Virginio Merola), Il Pdl, la Lega, Scelta Civica e la Curia. Nella battaglia sono poi scesi in campo anche molti esponenti di spicco della politica e della cultura nazionale: primi fra tutti, Stefano Rodotà (per l'abolizione del finanziamento pubblico) e il cardina Bagnasco (in sua difesa).




3 commenti:

Andrea D. ha detto...

Ciao Franco, in realtà le cose non stanno proprio così. Le scuole pubbliche, secondo la legge sulla parità scolastica attualmente vigente, si dividono in scuole statali e scuole paritarie che, a loro volta, possono essere gestite da privati o dai comuni. Quindi tutte le scuole che beneficiavano dei contributi a Bologna erano pubbliche. Il referendum ha assimilato, per convenienza ideologica, le scuole paritarie comunali alle statali e ha messo la paritarie a gestione privata dall'altra parte.
Comunque così hanno deciso i Bolognesi e ora la Giunta dovrà tenerne conto, entro novanta giorni. Per inciso se Bologna dovesse coprire con posti nelle scuole dell'infanzia comunali (che non ci sono) tutta la domanda che ora è coperta dalle paritarie a gestione privata dovrà trovare almeno 12 milioni di euro aggiuntivi! Auguri!

Franco Gatti ha detto...

Caro Andrea
Grazie per il commento.

So che purtroppo, e contrariamente a quanto previsto dalla nostra Costituzione, c'è che considera come scuole pubbliche anche le scuole paritarie gestite da privati.
Non sono d'accordo, e continuo a chiamarle private, ed a chiedere che venga attuata la Costituzione, e che quindi non ricevano alcun contributo pubblico.

Continuerò inoltre a sperare, e ad agire per quanto posso nel mio piccolo, perchè le famiglie possano scegliere per i propri figli delle scuole pubbliche, senza essere costretti a subire l'imposizione della frequenza a scuole di proprietà privata.
Purtroppo, come sto per pubblicare in un altro post relativo alla associazione Dimora, l'attuale amministrazione di Buccinasco sembra invece essere orientato nella direzione opposta.

Riuscendo contemporaneamwente a deludere quanti li hanno eletti ed a commettere quello che a mio parere è uno spreco di risorse pubbliche.

Andrea D. ha detto...

La legge sulla parità scolastica è legge dello Stato, in vigore e, quindi, non mi risulta sia stata dichiarata incostituzionale. La libertà di scelta è condizionata dalla presenza di una pluralità di offerte: senza offerte diversificate NON può esserci libertà. Senza alternative cosa potrò mai scegliere?

Nel merito dello spreco di risorse pubbliche dobbiamo capirci: a mio avviso si ha spreco di risorse quando pago 100 per qualcosa che se fatto internamente, a parità di qualità, avrei potuto spendere meno. Ma se per offrire lo stesso servizio, fossi costretto a spendere 300, non sarebbe uno spreco, ma un risparmio!

La nostra Costituzione è stata scritta nel dopoguerra ed è frutto di compromessi tra visioni contrastanti: non parla di assenza di contributi, ma di assenza di oneri e, basandoci sull'esempio precedente, spendendo meno di quanto costerebbe una gestione diretta, la condizione è rispettata (nessun onere, anzi risparmi).

Per finire, per quanto non sia, come ben sai, un supporter di questa maggioranza, sul punto (il finanziamento alla scuola dell'infanzia) la posizione presa dall'attuale maggioranza in campagna elettorale è stata chiara e, semmai, disattesa in senso contrario (hanno fatto meno di quanto avrebbero potuto fare). Accanto a noi per la gestione della scuola dell'infanzia comunale, con un numero di iscritti inferiore al nostro, si spende, se non ricordo male, un milione e mezzo di euro! Vuoi davvero che il Comune spenda un milione di euro in più?

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