mercoledì 20 marzo 2013

Non solo Rugby!

Caschi e paradenti non proteggono gli sportivi

Possono aiutare a prevenire alcuni tipi di lesioni alla faccia e alla testa, ma non ci sono evidenze che caschi e paradenti tengano lontani i traumi cranici, anzi potrebbero addirittura favorirli invogliando i giocatori a prendere rischi maggiori.

Possono aiutare a prevenire alcuni tipi di lesioni alla faccia e alla testa, ma non ci sono evidenze che caschi e paradenti tengano lontani i traumi cranici, anzi potrebbero addirittura favorirli invogliando i giocatori a prendere rischi maggiori. Lo dice un documento pubblicato nella sezione Injury prevention and health protection del British journal of sports medicine, riscritto e approvato nell’ambito della quarta Conferenza internazionale sulla commozione cerebrale nello sport, tenutasi a Zurigo, in Svizzera, lo scorso novembre. Durante la 2 giorni di Zurigo, 32 ricercatori da tutto il mondo hanno fatto il punto sulla concussione, una condizione che, se non trattata in modo appropriato, può dare luogo a danni neurologici a lungo termine, soprattutto in sport come calcio, rugby, hockey su ghiaccio, equitazione, sci e boxe. Il Consensus statement on concussion in sport, questo il nome del documento, è la quarta revisione aggiornata di raccomandazioni scritte nel 2001 a Vienna, e fornisce le indicazioni su come riconoscere tempestivamente e trattare i casi di commozione cerebrale sulla base delle più recenti evidenze scientifiche. In particolare, queste linee guida sono rivolte ai medici dello sport e rappresentano un tentativo di fornire loro indicazioni pratiche su come valutare e trattare i traumi cerebrali, con particolare riferimento al tempo necessario prima che il giocatore ritorni in campo. Il secondo obiettivo del documento, che ha avuto anche il supporto di diverse organizzazioni sportive, come la Fifa o la commissione olimpica internazionale, è stato quello di creare consapevolezza verso questo tema delicato nel pubblico generale. In questo senso sono stati inclusi una sezione di domande-risposte, suggerimenti di ordine medico-legale e sulla prevenzione del trauma, oltre a uno strumento tascabile utile a riconoscere i sintomi del trauma cranico. «La definizione di commozione cerebrale non prevede necessariamente una perdita di coscienza» precisano Mark Aubry, della Federazione Internazionale di Hockey su ghiaccio,e  colleghi firmatari. «I sintomi possono andare dal generico mal di testa alla perdita di memoria, dall’irritabilità al disturbo del sonno o al rallentamento dei tempi di reazione». Inoltre, c’è anche un focus sui bambini, che «non dovrebbero tornare a giocare il giorno stesso del trauma perché, in genere, richiedono tempi di ripresa più lunghi rispetto agli adulti».

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