Caschi e paradenti non proteggono gli sportivi
Possono aiutare a prevenire alcuni tipi di
lesioni alla faccia e alla testa, ma non ci sono evidenze che caschi e
paradenti tengano lontani i traumi cranici, anzi potrebbero addirittura
favorirli invogliando i giocatori a prendere rischi maggiori.
Possono aiutare
a prevenire alcuni tipi di lesioni alla faccia e alla testa, ma non ci sono
evidenze che caschi e paradenti tengano lontani i traumi cranici, anzi
potrebbero addirittura favorirli invogliando i giocatori a prendere rischi
maggiori. Lo dice un documento pubblicato nella sezione Injury prevention and
health protection del British journal of sports medicine, riscritto e approvato
nell’ambito della quarta Conferenza internazionale sulla commozione cerebrale
nello sport, tenutasi a Zurigo, in Svizzera, lo scorso novembre. Durante la 2
giorni di Zurigo, 32 ricercatori da tutto il mondo hanno fatto il punto sulla
concussione, una condizione che, se non trattata in modo appropriato, può dare
luogo a danni neurologici a lungo termine, soprattutto in sport come calcio,
rugby, hockey su ghiaccio, equitazione, sci e boxe. Il Consensus statement on
concussion in sport, questo il nome del documento, è la quarta revisione
aggiornata di raccomandazioni scritte nel 2001 a Vienna, e fornisce le
indicazioni su come riconoscere tempestivamente e trattare i casi di commozione
cerebrale sulla base delle più recenti evidenze scientifiche. In particolare,
queste linee guida sono rivolte ai medici dello sport e rappresentano un
tentativo di fornire loro indicazioni pratiche su come valutare e trattare i
traumi cerebrali, con particolare riferimento al tempo necessario prima che il
giocatore ritorni in campo. Il secondo obiettivo del documento, che ha avuto
anche il supporto di diverse organizzazioni sportive, come la Fifa o la
commissione olimpica internazionale, è stato quello di creare consapevolezza
verso questo tema delicato nel pubblico generale. In questo senso sono stati
inclusi una sezione di domande-risposte, suggerimenti di ordine medico-legale e
sulla prevenzione del trauma, oltre a uno strumento tascabile utile a
riconoscere i sintomi del trauma cranico. «La definizione di commozione
cerebrale non prevede necessariamente una perdita di coscienza» precisano Mark Aubry, della
Federazione Internazionale di Hockey su ghiaccio,e colleghi firmatari. «I
sintomi possono andare dal generico mal di testa alla perdita di memoria,
dall’irritabilità al disturbo del sonno o al rallentamento dei tempi di
reazione». Inoltre, c’è anche un focus sui bambini, che «non dovrebbero tornare
a giocare il giorno stesso del trauma perché, in genere, richiedono tempi di
ripresa più lunghi rispetto agli adulti».
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