RESPONSABLITÀ DEL MEDICO
Omicidio colposo per il medico di famiglia che sbaglia la diagnosi sulla polmonite
Corte di cassazione – Sezione IV penale - Sentenza 20 marzo 2013 n. 12923
Omicidio colposo per il medico di famiglia che in prima battuta si rifiuta di andare a visitare un giovane di 18 e poi sbaglia la diagnosi – insufficienza respiratoria acuta con polmonite bilaterale - minimizzando le condizioni di salute del paziente, escludendo il coinvolgimento dei polmoni e effettuando una prescrizione del tutto inadeguata.La Corte territoriale con una giudizio immune da vizi e condiviso dalla Cassazione infatti non solo ha affermato: “Ora non occorre essere particolarmente esperti in materia per rilevare che, nel duemila, la morte di ragazzi diciottenni, a causa di polmonite sia evenienza statisticamente irrilevante, atteso che trattasi di malattia che, se diagnosticata in tempo, guarisce nella quasi totalità”, avendo anche “congruamente effettuato il giudizio controfattuale e preso ampiamente In considerazione le diverse conclusioni sul punto del consulente medico della difesa”. La Cassazione rammenta che “l’esistenza del nesso causale richiede una condicio sine qua non, un antecedente senza il quale l’evento non si sarebbe verificato, da valutare sulla base del criterio della elevata credibilità razionale o probabilità logica, conformemente all’insegnamento delle Sezioni unite”Dunque, secondo la Corte territoriale “se l’imputato avesse operato in maniera diversa, si sarebbero evitate le conclusioni infauste”.
Documenti e Approfondimenti - Approfondimento del 20-03-2013 - Corte di cassazione - Sezione IV penale - Sentenza 20 marzo 2013 n. 12923
GD Giuris.Lex 24 del 21-03-2013 - RASSEGNA LEX 24- PENALE
Tratto da: http://www.diritto24.ilsole24ore.com/guidaAlDiritto/penale/sentenzeDelGiorno/2013/03/omicidio-colposo-per-il-medico-di-famiglia-che-sbaglia-la-diagnosi-sulla-polmonite.html
L'errore è omicidio colposo
Omicidio colposo per il medico di famiglia che prescrive una cura sbagliata senza visitare il paziente.
Omicidio colposo per il medico di famiglia che prescrive una cura sbagliata senza visitare il paziente. Con la sentenza 12923, la Cassazione torna a censurare le "leggerezze" dei medici di base nel fare diagnosi senza una visita accurata o saltandola del tutto. Nel caso esaminato la superficialità del professionista è costata la vita a un ragazzo di 18 anni, morto per una polmonite bilaterale "sfuggita" al medico curante, che lo seguiva da alcuni anni per problemi di tonsillite. Alla base dell'errore fatale, una serie di inedempimenti, iniziati con la prescrizione di una terapia scelta "al buio" senza verificare le effettive condizioni del paziente con una visita. Anche dopo aver "auscultato" il paziente – che la madre aveva più volte accompagnato presso lo studio – aveva minimizzato il problema, assicurando che non c'era alcuna patologia polmonare e, ancora una volta, prescrivendo una cura del tutto inutile. In questo contesto era stata, ovviamente, negata anche la necessità del ricovero, malgrado il ragazzo avesse la febbre alta e facesse fatica a respirare.
La Cassazione risponde quasi "risentita" alla tesi della difesa che considera non provato il nesso di causalità con l'evento. La Suprema Corte sottolinea che i giudici di seconda istanza non si erano limitati a fare un'osservazione contestata dal ricorrente ma condivisa dalla Suprema corte, secondo la quale: «Non occorre essere particolarmente esperti in materia per rilevare che, nel 2000, la morte di ragazzi diciottenni, a causa di polmonite sia evenienza statisticamente irrilevante, atteso che trattasi di malattia che, se diagnosticata in tempo, guarisce nella quasi totalità». A parte l'appunto di buon senso, il collegio di merito aveva verificato, anche grazie alle consulenze tecniche, il collegamento tra le omissioni e gli errori del camice bianco e la morte del suo assistito, che non si sarebbe verificata se il professionista avesse operato in maniera diversa. Con l'occasione la Corte ricorda che «l'esistenza del nesso causale richiede una conditio sine qua non, un antecedente senza il quale l'evento non si sarebbe verificato, da valutare sulla base del criterio della elevata credibilità razionale o probabilità logica».
I medici di famiglia erano già finiti nel mirino della Cassazione per i certificati medici fatti per telefono senza visitare il paziente. Allora, con la sentenza 18.687 del 2012, la Suprema corte aveva considerato irrilevante l'esistenza o meno della malattia
Tratto da: http://www.assinews.it/articolo.aspx?art_id=15662
ed anche:
http://media.mimesi.com/cacheServer/servlet/CropServer?date=20130321&idArticle=169062271&authCookie=-1120327246
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