Marò,
tutto salvo fuorché l’onore
Il 16/2/12 Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, militari italiani in servizio di sicurezza sulla petroliera
Enrica Lexie, ammazzano Gelastine Valentine e Ajesh Binki, due
pescatori indiani che si erano avvicinati con un peschereccio, probabilmente
per vendere pesce. Li scambiano per pirati e li colpiscono a morte con i loro
fucili. Sono
arrestati dalle autorità indiane e si apre una
controversia internazionale. L’India, per la verità non la gestisce male. La
Corte Suprema di New Delhi sottrae la competenza al Tribunale di Kerala che
manteneva i due marò in stato di detenzione e, il 2/6/2012, li scarcera, con
l’obbligo di restare a disposizione ; si riserva di decidere su quale
nazione li debba giudicare: Italia o India? L’attività diplomatica è intensa.
Il problema è: dove è avvenuto il fatto? Acque territoriali indiane, acque
internazionali? Se il fatto è avvenuto in acque internazionali la competenza a
giudicare dovrebbe essere italiana; e la Enrica Lexie era a 20 miglia dalla
costa indiana; il limite delle acque territoriali è 12 miglia. New Delhi ci
pensa su parecchio e, alla fine dell’anno, ancora non ha deciso. Però arriva
Natale e l’Italia chiede alla Corte un permesso: i due marò
trascorrano le feste a casa loro, promettiamo che ritorneranno. La
Corte acconsente. Massimiliano e Salvatore sono ricevuti con tutti gli onori: Napolitano gli stringe la mano, tutti li
trattano come eroi; dei pescatori ammazzati non importa a nessuno.
Finite le ferie, i due rispettano l’impegno preso e tornano in India, dove
ancora si deve decidere chi li giudicherà. Il 18/1/2013, la Corte di New Delhi
stabilisce che la competenza appartiene all’India perché l’incidente è avvenuto
in acque territoriali indiane. Ma come, le navi erano oltre le 12 miglia. Sì,
ma si deve applicare la convenzione di Montego Bay secondo cui il limite è
di 200 miglia. Ma la convenzione riguarda le attività commerciali, la pesca. Fa
lo stesso, è questa che si deve applicare, i marò saranno giudicati da un Tribunale
indiano. La decisione non piace all’Italia; così, quando arrivano le elezioni,
si chiede un nuovo permesso per i marò; l’India lo concede e,
alla scadenza, il nostro ambasciatore comunica che, siccome la decisione della
Corte di New Delhi è in violazione di “norme internazionali consuetudinarie”, i due non
faranno ritorno in India. Scoppia un casino e l’Italia fa
una figura barbina internazionale. Perché?
Intanto perché le
manifestazioni di giubilo con cui a Natale 2012 i due fucilieri furono accolti
in Italia sono considerate del tutto fuori luogo. Si tratta di gente che ha
ammazzato due poveri cristi; che probabilmente si sia trattato di omicidio
colposo (che vuol dire che si erano sbagliati, che credevano davvero che erano
pirati) è probabile. Ma certo questo consola poco i familiari
dei pescatori; e non depone a favore delle qualità professionali dei
militari. È comprensibile che i loro genitori siano contenti di rivederli; ma è
del tutto inopportuno che Napolitano li riceva e gli stringa la mano: che
hanno fatto per meritare le congratulazioni del presidente
della Repubblica? Si fosse limitato a dire che ringraziava l’India della fiducia e che
garantiva il rispetto dei patti sarebbe stato meglio.
Ma soprattutto, perché rispettare i patti a Natale e violarli a Pasqua? Si
sapeva già, fin dal giugno 2012, che gli indiani stavano ponzando sulla
competenza a giudicare; questione che poteva essere risolta solo in tre modi:
India, Italia o altro organismo internazionale. Allora perché non dire subito:
io non mi fido tanto di voi, magari decidete che il processo si deve fare
in India; quindi abbiate pazienza, vi abbiamo fregato, abbiamo promesso che
ritornano e invece ce li teniamo a casa. Non sarebbe stata una bella figura ma
almeno saremmo stati chiari fin dall’inizio. Ma no, glieli abbiamo restituiti.
Perché? Magari perché speravamo che la decisione della Corte di Delhi ci
sarebbe stata favorevole? Si, avrebbe potuto dire, la competenza spetta
all’Italia. Fosse andata così ne saremmo usciti con tutti gli onori e senza incidenti
internazionali. Era opportuno aspettare. Ma, guarda che jella, l’India, dopo il
ritorno dei marò, decide in senso contrario; e questo non ci sta bene. Nuovo
permesso e questa volta, tiè, li volete giudicare voi? Non se ne parla. Un po’
come fa B. che, quando lo assolvono, loda i giudici imparziali e, quando
lo condannano, li insulta e spiega che lo perseguitano perché sono comunisti.
Insomma, finché c’era la possibilità che gli indiani ci dessero ragione, rose e
fiori; ma, se ragione non ce la danno, violano le norme internazionali,
commettono ingiustizie e legittimano il ricorso a…giusto, a cosa? Allo
spergiuro, alla truffa, alla circonvenzione? Fate voi.
Perché questa è la cosa
peggiore. Torto e ragione sono cose non sempre così evidenti in diritto. E non sempre è la ragione a prevalere. Però l’onore, la parola
data…“Perché quann’uno, caro mio, se vanta d’esse un omo d’onore, quanno ha
dato la parola, dev’esse sacrosanta. E sia longa la strada, o brutta o bella,
Magara Cristo ha da morì ammazzato, Ma la parola sua dev’esse quella”
(Pascarella – La scoperta dell’America).
il Fatto Quotidiano, 13 Marzo 2013
tratto da: http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/03/13/maro-tutto-salvo-fuorche-lonore/528670/
AGGIORNAMENTO DEL 16 MArzo 2013
Tratto da: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-03-16/delhi-confusione-immunita-ambasciatore-081350.shtml?uuid=AbejReeH
AGGIORNAMENTO DEL 16 MArzo 2013
Tratto da: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-03-16/delhi-confusione-immunita-ambasciatore-081350.shtml?uuid=AbejReeH
Le relazioni diplomatiche tra Italia e India hanno vissuto ieri una nuova complessa giornata, caratterizzata da un crescendo di tensione che solo in serata - e dopo le prese di posizione di Unione Europea e Nazioni Unite - è andato stemperandosi. Il primo segnale di distensione dopo cinque giorni di rapido deterioramento dei rapporti tra i due Paesi è giunto quando il ministro degli Esteri indiano Salman Kurshid ha dichiarato a una televisione locale che «l'ambasciatore italiano si può muovere liberamente e non può essere arrestato in quanto gode di immunità diplomatica».
Parole ovvie, ma non nel clima di tensione che solo poche ore prima era stato acuito oltremisura da un'iniziativa del ministero degli Interni indiano che si era spinto a diramare un comunicato a tutti gli aeroporti del Paese perché impedissero un'eventuale partenza dell'ambasciatore italiano Daniele Mancini. Un'iniziativa clamorosa - in aperta violazione della Convenzione di Vienna e in prospettiva potenzialmente dannosa per un Paese che ambisce a un seggio permanente nel Consiglio di sicurezza dell'Onu - giunta a 24 ore dalla non meno sorprendente decisione della Corte Suprema indiana di comunicare al capo della missione italiana il divieto a lasciare il Paese senza autorizzazione.
La marcia indietro del ministero degli Esteri è giunta dopo un vertice a cui hanno preso parte il primo ministro indiano Manmohan Singh, il ministro degli Esteri Salman Kurshid e il Consigliere per la sicurezza nazionale Shiv Shankar Menon.
E ha fatto seguito a due prese di posizione che, pur nel linguaggio prudente e misurato della diplomazia, sono parse tradire disappunto a livello internazionale per l'escalation di New Delhi. Attraverso il suo portavoce il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, ha rivolto un appello a India e Italia affinché «risolvano pacificamente» i contrasti legati alla vicenda dei marò, «rispettando il diritto internazionale». Mentre poco prima un portavoce della rappresentante per la politica estera europea, Catherine Ashton aveva detto che «l'Unione europea prende atto delle discussioni in corso tra India e Italia e continua a sperare che una soluzione consensuale possa essere trovata attraverso un negoziato».
Due formulazioni che, pur con tutte le cautele del caso, richiamano alla necessità dell'apertura di un dialogo tra i due Paesi e al rispetto del diritto internazionale, allineandosi di fatto alla posizione della diplomazia italiana che, prima dello strappo di lunedì, aveva chiesto a New Delhi - senza ottenere risposta - di negoziare una soluzione alla crisi nel rispetto delle convenzioni che regolano i rapporti tra Stati.
Anche se lo spauracchio della violazione dell'immunità diplomatica dell'ambasciatore italiano dovesse effettivamente svanire, allo stato attuale la crisi in corso sembra destinata comunque ad avere ricadute, almeno sul breve periodo. «Ci saranno inevitabilmente ripercussioni sulle relazioni bilaterali», ha detto una fonte del ministero degli Esteri indiano, e tra le misure potrebbe esserci anche una revisione del regime dei visti dei cittadini italiani. Mentre secondo altre fonti l'India potrebbe addirittura valutare la possibilità di ridimensionare la sua presenza diplomatica in Italia. Non a caso New Delhi ha già congelato l'arrivo del nuovo ambasciatore a Roma la cui partenza era prevista per ieri.
Si tratterebbe di ritorsioni per la mossa del Governo italiano che lo scorso lunedì ha annunciato che i due marò accusati di avere ucciso due pescatori nel corso di una missione antipirateria non sarebbero rientrati da un permesso elettorale in Italia. In India li attendeva l'istituzione di un tribunale speciale che avrebbe dovuto decidere a quale giurisdizione dovessero sottoporsi.
Nonostante la marcia indietro fatta in serata dal governo indiano, l'ambasciatore Mancini dovrà comunque spiegare alla Corte Suprema entro il 18 marzo le ragioni della decisione presa dalla Farnesina in accordo con i ministeri degli Interni e della Difesa.
marco.masciaga@ilsole24ore.com
Parole ovvie, ma non nel clima di tensione che solo poche ore prima era stato acuito oltremisura da un'iniziativa del ministero degli Interni indiano che si era spinto a diramare un comunicato a tutti gli aeroporti del Paese perché impedissero un'eventuale partenza dell'ambasciatore italiano Daniele Mancini. Un'iniziativa clamorosa - in aperta violazione della Convenzione di Vienna e in prospettiva potenzialmente dannosa per un Paese che ambisce a un seggio permanente nel Consiglio di sicurezza dell'Onu - giunta a 24 ore dalla non meno sorprendente decisione della Corte Suprema indiana di comunicare al capo della missione italiana il divieto a lasciare il Paese senza autorizzazione.
La marcia indietro del ministero degli Esteri è giunta dopo un vertice a cui hanno preso parte il primo ministro indiano Manmohan Singh, il ministro degli Esteri Salman Kurshid e il Consigliere per la sicurezza nazionale Shiv Shankar Menon.
E ha fatto seguito a due prese di posizione che, pur nel linguaggio prudente e misurato della diplomazia, sono parse tradire disappunto a livello internazionale per l'escalation di New Delhi. Attraverso il suo portavoce il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, ha rivolto un appello a India e Italia affinché «risolvano pacificamente» i contrasti legati alla vicenda dei marò, «rispettando il diritto internazionale». Mentre poco prima un portavoce della rappresentante per la politica estera europea, Catherine Ashton aveva detto che «l'Unione europea prende atto delle discussioni in corso tra India e Italia e continua a sperare che una soluzione consensuale possa essere trovata attraverso un negoziato».
Due formulazioni che, pur con tutte le cautele del caso, richiamano alla necessità dell'apertura di un dialogo tra i due Paesi e al rispetto del diritto internazionale, allineandosi di fatto alla posizione della diplomazia italiana che, prima dello strappo di lunedì, aveva chiesto a New Delhi - senza ottenere risposta - di negoziare una soluzione alla crisi nel rispetto delle convenzioni che regolano i rapporti tra Stati.
Anche se lo spauracchio della violazione dell'immunità diplomatica dell'ambasciatore italiano dovesse effettivamente svanire, allo stato attuale la crisi in corso sembra destinata comunque ad avere ricadute, almeno sul breve periodo. «Ci saranno inevitabilmente ripercussioni sulle relazioni bilaterali», ha detto una fonte del ministero degli Esteri indiano, e tra le misure potrebbe esserci anche una revisione del regime dei visti dei cittadini italiani. Mentre secondo altre fonti l'India potrebbe addirittura valutare la possibilità di ridimensionare la sua presenza diplomatica in Italia. Non a caso New Delhi ha già congelato l'arrivo del nuovo ambasciatore a Roma la cui partenza era prevista per ieri.
Si tratterebbe di ritorsioni per la mossa del Governo italiano che lo scorso lunedì ha annunciato che i due marò accusati di avere ucciso due pescatori nel corso di una missione antipirateria non sarebbero rientrati da un permesso elettorale in Italia. In India li attendeva l'istituzione di un tribunale speciale che avrebbe dovuto decidere a quale giurisdizione dovessero sottoporsi.
Nonostante la marcia indietro fatta in serata dal governo indiano, l'ambasciatore Mancini dovrà comunque spiegare alla Corte Suprema entro il 18 marzo le ragioni della decisione presa dalla Farnesina in accordo con i ministeri degli Interni e della Difesa.
marco.masciaga@ilsole24ore.com
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