Questo articolo fa un po' di chiarezza sul tema "terapia con le cellulòe staminali":
PER IL CASO DI SOFIA, LA BAMBINA CURATA CON LE STAMINALI
Le cell factory lombarde chiamate in causa
«Non utilizziamo il metodo Stamina»
Si studiano ipotesi per mettere gli Spedali Civili di Brescia in condizione di ottemperare alle disposizioni dei giudici
MILANO - «Non utilizziamo il metodo Stamina». Il Policlinico di Milano, una delle 13 cell factory italiane autorizzate dall'Aifa dove vengono prodotte cellule staminali per terapie sull’uomo, fa chiarezza dopo che l'attenzione mediatica sulla vicenda della piccola Sofia ha fatto triplicare le richieste dei pazienti, che arrivano anche da fuori regione. L'Irccs di via Sforza ha deciso dunque di rispondere alle domande più frequenti attraverso un documento pubblicato sul blog dell'ospedale. «Diversi pazienti ci contattano per richiedere l'accesso a terapia compassionevole con cellule staminali o per entrare a far parte dei protocolli di sperimentazione approvati - si legge -. La cell factory del Policlinico di Milano non eroga direttamente cure, ma è un laboratorio per la produzione di staminali che vengono utilizzate nell'ambito di protocolli clinici sperimentali. Per alcuni protocolli sono i medici della Fondazione a seguire i pazienti». Poi un chiarimento sul cosiddetto "metodo Stamina": «Nella nostra cell factory non è in corso alcuna produzione di cellule staminali secondo il metodo Stamina».
SPERIMENTAZIONI - La cell factory del Policlinico sta lavorando a una sperimentazione clinica sulla paralisi sopranucleare progressiva, una forma grave di Parkinsonismo; inoltre sono in attesa di autorizzazione altre due sperimentazioni, sulla glomerulosclerosi focale progressiva (una malattia renale) e la broncodisplasia cronica, malattia polmonare del neonato prematuro. Per accedere alle terapie e alle sperimentazioni autorizzate, spiega l'Irccs, «è necessario rivolgersi ai medici che seguono il vostro caso specifico, non è utile rivolgersi direttamente alla cell factory: produciamo la terapia autorizzata, ma non siamo noi a poterla prescrivere. Al di fuori delle sperimentazioni cliniche, l'utilizzo di cellule staminali è consentito solo per ammalati affetti da malattie particolarmente gravi e privi di altre possibilità terapeutiche, e solo in seguito alla richiesta di un medico prescrittore sulla scorta di documentata esperienza scientifica: questo trattamento deve essere autorizzato dal comitato etico dell'ospedale che si propone di trattare il paziente».
I CENTRI - Quattro cell factory lombarde (oltre al Policlinico di Milano, l'Istituto neurologico Besta di Milano, l'ospedale Giovanni XXIII di Bergamo e l'ospedale San Gerardo di Monza) sono state chiamate in causa anche per la vicenda di Sofia, la bambina di 3 anni e mezzo con una grave malattia neurodegenerativa che porta a paralisi e cecità. I rappresentanti dei centri si sono riuniti su invito della Direzione generale Sanità della Regione per cercare di capire come mettere gli Spedali Civili di Brescia - i cui laboratori erano stati bloccati l'anno scorso dall'Aifa - nelle condizioni di ottemperare le disposizioni dei giudici. La risposta delle cell factory è stata che, pur essendo in grado di produrre staminali mesenchimali, non possono fornire cellule ottenute secondo il metodo Stamina (che ad oggi resta segreto), ossia quelle necessarie a consentire all'ospedale di eseguire le disposizioni dei tribunali che hanno riconosciuto a vari pazienti - tra cui la piccola Sofia di Firenze - il diritto a continuare le terapie. Le 4 strutture si sono dette disponibili a fornire ai Civili staminali mesenchimali indifferenziate, ma solo nell'ambito di protocolli di ricerca autorizzati oppure ad uso compassionevole.
L'IPOTESI - Intanto, dopo la seconda infusione di staminali secondo il metodo Stamina agli Spedali Civili di Brescia, il destino delle cure per Sofia torna ad essere avvolto nella nebbia. L'ultima comunicazione dell'ospedale bresciano chiamava appunto in causa il Policlinico di Milano, in quanto sede di una cell factory autorizzata. L'obiettivo era sondare il terreno per un suo possibile coinvolgimento, sul quale si era espresso anche il Ministero della Salute. La questione è complessa perché il metodo Stamina è una tecnica non riconosciuta, senza dati scientifici pubblicati e soprattutto senza approvazione di Aifa e Istituto Superiore di Sanità. Inoltre il protocollo non è pubblico per ragioni di brevetto. Una soluzione prospettata è che nella cell factory autorizzata entri personale di Stamina Foundation che lavori utilizzando il proprio metodo, ma verrebbe meno la regola secondo cui il personale ammesso all'interno della cell factory può essere solo quello formato dalla stessa struttura, pena la perdita dei requisiti di autorizzazione. C'è poi il delicato problema dei pazienti già in carico alla cell factory, malati gravi a rischio vita che stanno seguendo terapie certificate: trasferendo i pazienti Stamina, si dovrebbero scavalcare le liste d'attesa.
DECRETO - Filomena Gallo, segretario dell'Associazione Luca Coscioni, chiede che il ministro della Salute «emani immediatamente un Decreto ministeriale come fu fatto nel 1997 per il metodo Di Bella». Il decreto dovrebbe chiedere «al dr. Vannoni e a tutti coloro che ne sono in possesso di consegnare al Ministero della Sanità documentazione sulla sperimentazione preclinica, con informazioni su quali animali e dosi è stato utilizzato; metodo di preparazione delle cellule; protocollo clinico pubblico come da normativa vigente; follow up dei pazienti trattati». Verificabilità, riproducibilità e produzione dei dati a sostegno di un'ipotesi scientifica sono criteri che non possono essere messi in discussione, nemmeno dall'umana e condivisibile esigenza di sperare».
15 marzo 2013 | 16:38
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