E io non sarei zia di mia nipote? (Paradossi del diritto made in Italy tra figli legittimi e naturali)
di Maria Silvia Sacchi
Eppure è (ancora) così: in Italia i bambini che nascono da genitori non sposati non hanno parenti, se non i genitori e (forse) i nonni.
“E io non sarei zia di mia nipote? E perché?” Perché la legge è (ancora) così.
Un bambino su quattro nasce da coppie non sposate. Il doppio di dieci anni fa.
Il secondo rapporto sulla coesione sociale realizzato da Istat, ministero del Lavoro e Inps testimonia a una volta di più il profondo cambiamento in essere nella società italiana. Ma se si può comprendere (che non significa, condividere) la difficoltà di arrivare, per esempio, alla regolamentazione dei diritti dei conviventi, non si capisce perché resista in Italia la differenza tra figli legittimi, cioè nati nel matrimonio, e figli naturali, nati appunto da coppie non sposate.
Già la diversa parola usata (“legittimi” versus “naturali”), sarebbe sufficiente a spingere ad approvare quella modifica, più volte tentata, che unifichi una volta per tutti i figli.
Ma nel diritto le parole hanno un loro significato. E così, seppur molto avvicinatisi nel tempo, figli legittimi e figli naturali non sono ancora la stessa cosa a fini legali.
Infatti, i figli naturali hanno dei genitori, ma non hanno zii e cugini e non sono neanche fratelli tra di loro seppur nati dagli stessi due genitori.
“Il riconoscimento che la condizione dei figli è la medesima rispetto ai genitori non impedisce che rimanga un’area di disparità di trattamento tra figli naturali e figli legittimi: quella del rapporto con i parenti di ciascun genitore – spiega Maria Dossetti, a lungo docente di Diritto di famiglia all’Università di Milano e autrice di numerose pubblicazioni in materia – La rilevanza giuridica della parentela naturale è stata circoscritta dal legislatore a situazioni specifiche e non ha assunto carattere di principio generale. La recente legge sull’affidamento condiviso segna, però, una inversione di tendenza, poiché prevede che il figlio minore abbia il diritto di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale, anche dopo la separazione tra i genitori coniugati o la cessazione della convivenza more uxorio. Sembra ormai giunto il momento, per il legislatore, di rimuovere ogni forma di discriminazione tra i figli, assumendo eventualmente, come punto di partenza, i progetti di legge già presentati in Parlamento”.
Lo scorso giugno, la Camera aveva approvato (presenti 477, 476 sì, 1 astenuto, nessun voto contrario) la modifica al codice civile stabilendo che “tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico”. Poi la normativa si è persa per strada, insieme alla caduta del governo Berlusconi.
Dopo un silenzio durato molti mesi, oggi il provvedimento è stato messo all’ordine del giorno della commissione Giustizia del Senato. “Finalmente – dice Maria Alessandra Gallone (Pdl), relatrice del provvedimento -. Domani (13 marzo) il provvedimento verrà incardinato, io farò una relazione alla commissione, poi inizierà la discussione. Ma vogliamo fare svelti, perché questo è un provvedimento di civilità. Dopo l’approvazione di questa legge i figli saranno figli e basta, non ci saranno più distinzioni tra figli legittimi, naturali e adottati”.
Anna Danovi, avvocato matrimonialista a Milano e presidente del Centro per la riforma del diritto di famiglia, evidenzia alcuni aspetti importanti di cui tenere conto nella discussione. “Il ddl – spiega – si propone di raggiungere tre obiettivi fondamentali: 1) eliminazione degli status di figlio naturale e di figlio legittimo, con un unico status di figlio, 2) introduzione di un procedimento giurisdizionale ad hoc per l’affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio, modellato su quello della separazione e del divorzio, 3) riconoscimento del diritto del minore “che abbia compiuto gli anni 12, e anche in età inferiore ove capace di discernimento, di essere ascoltato per tutte le questioni e procedure che lo riguardano”.
Danovi sottolinea in particolare un punto: il procedimento. Tema molto delicato.
Oggi, infatti, la competenza per l’affidamento dei figli naturali è affidata al Tribunale dei minorenni, al contrario dei figli legittimi il cui affidamento è deciso dal Tribunale ordinario. Ma i due Tribunali hanno riti processuali diversi: “Il codice di procedura – dice Danovi – precisa che davanti al Tribunale dei minorenni il rito è quello camerale, la cui disciplina è tuttavia notoriamente sintetica e non delinea con precisione la scansione dell’iter processuale, prestando il fianco a numerosi problemi pratici e di fatto ancora rimettendo all’interpretazione di ciascun singolo foto l’effettivo svolgimento del giudizio”. Il ddl approvato dalla Camera e che dovrebbe ora affrontare la discussione del Senato, introduce un nuovo rito, sempre di tipo camerale, ma modellato su quello della separazione e del divorzio. “Nel testo attuale – conclude Danovi – è certamente apprezzabile l’obiettivo di dare certezza a una materia non totalmente plasmata, tuttavia l’introduzione di un ennesimo rito speciale non va verso la semplificazione processuale – peraltro strettamente collegata alla certezza del diritto -. Meglio sarebbe introdurre un corpus normativo ad hoc intestato al procedimento uniforme per la giustizia minorile, ragionando in maniera organica”.
Il tema delle competenze è molto importante – riconosce Gallone -. E, infatti, ne discuteremo anche in questa sede. Esiste già un disegno di legge approvato dal Senato e giacente alla Camera per unificare le competenze presso i tribunali ordinari. In commissione Giustizia discuteremo anche di questo, poi vedremo quale sarà la decisione”.
Ma nel 2012 ha ancora un senso secondo voi la divisione tra figli legittimi e figli naturali?
(aggiornato alle 18,22 del 12 marzo)
http://27esimaora.corriere.it/articolo/e-io-non-sarei-zia-di-mia-nipote-paradossi-del-diritto-made-in-italy-tra-figli-legittimi-e-naturali/
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