domenica 3 febbraio 2008

Europa 7

Non ero ancora intervenuto sulla vicenda Europa 7, mi pareva di dover ripetere cose vecchie, ovvie, ed invece mi sono reso conto che in Italia il primo comma dell'articolo 21 della Costituzione non è ancora conosciuto a sufficienza. Eccolo:

Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

Dovrebbe valere per Berlusconi, per il Papa, per Emilio Fede, per chi non è Berlusconi, per chi critica il Papa, per chi non lavora a Rete 4 ...

Invito a leggere la storia di Europa 7 in questi link, è istruttiva ...

La storia di Europa 7 pubblicata da Wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Europa_7
La notizia riportata da Quotidiano Nazionale il 31 Gennaio 2008: http://qn.quotidiano.net/2008/01/31/62209-italia_frequenze_contrarie_diritto.shtml
L'intervista a Francesco di Stefano su Repubblica del 1° Febbraio: http://finanza.repubblica.it/scripts/cligipsw.dll?app=KWF&tpl=kwfinanza%5Cdettaglio_news.tpl&del=20080201&fonte=RPB&codnews=169081
L'intervista a Gentiloni sulla Stampa del 1° Febbraio: http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cronache/200802articoli/29750girata.asp
Il Giudizio del Financial Times del 1° Febbraio: http://finanza.repubblica.it/scripts/cligipsw.dll?app=KWF&tpl=kwfinanza%5Cdettaglio_news.tpl&del=20080201&fonte=AGI&codnews=215915
L'articolo di Giuseppe Giulietti sull'Unità del 2 Febbraio: http://www.unita.it/view.asp?IDcontent=72599

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Tratto da:
http://it.wikipedia.org/wiki/Europa_7

Europa 7 è un'emittente televisiva italiana, con regolare concessione di trasmettere in modalità analogica terrestre, ma priva di frequenze. È al centro della vicenda riguardante l'assegnazione di frequenze nazionali.

La nascita

Il circuito nasce per volontà dell'imprenditore Francesco Di Stefano con cui sostituisce Italia 7 tra il 1997 ed 1998. Il palinsesto consiste nel mandare in onda più volte a giornata vari programmi di cui alcuni sono della precedente emittente e gli stessi film varie volte al mese a ciclo continuo. Nel 1999 Di Stefano decide di avventurarsi nel progetto di creare una televisione nazionale con frequenze proprie e deve cedere sia l'emittente di cui è proprietario, la laziale Tvr Voxson, sia il circuito (quest'ultimo verrà poi gestito dal gruppo Media 2001).

Nel corso degli anni il network si è via via ridimensionato arrivando ad oggi a contare solo sei emittenti che coprono sette regioni. Dal gennaio 2006 poi non vengono più trasmesse serie animate, con una programmazione che si compone così di alcune pellicole cinematografiche e programmi di vario genere. Da maggio 2007 viene trasmessa in fascia preserale e in seconda serata la nuova edizione del varietà Seven Show.

La prospettiva come emittente nazionale e la lunga battaglia giudiziaria

Nel luglio 1999, Francesco Di Stefano, dopo aver messo da parte i capitali derivati dalla precedente attività di syndication (12 miliardi di lire), decide di partecipare ad una gara pubblica per l' assegnazione delle frequenze televisive nazionali, prevista dalla Legge 31 luglio 1997, n. 249[1]. Il Piano nazionale di assegnazione delle frequenze per la radiodiffusione televisiva aveva individuato 51 bande usabili (45 della gamma UHF e 6 della gamma VHF). Per motivazione tecniche ad ogni emittente verrebbero assegnate 3 bande diverse su cui trasmettere, a seconda della zona geografica, per cui le emittenti nazionali teoriche sarebbero 17. Di queste 17 viene deciso che 6 sono assegnate all'emittenza locale, per cui rimangono 11 frequenze da assegnare per la trasmissione analogica su scala nazionale, 3 per la RAI e 8 per i privati. Oltre a questo rimangono libere alcune parti dello spettro usabili per la trasmissione, ma con una minore copertura del territorio, che verranno dedicate sempre alle emittenti locali [2]. La gara prevede, per semplificare e velocizzare le assegnazioni, che se un vincitore di concessione sta già trasmettendo su scala nazionale, in modo compatibile con quanto deciso dalle suddivisioni delle bande, può continuare ad impiegare le stesse frequenze, senza attendere il piano di adeguamento delle frequenze. In virtù del ristretto numero di frequenze assegnabili, gli articoli 1 e 2 della concessione prevedevano per i concessionari un termine massimo di 24 mesi dalla notifica della concessione per dimostrare, una volta avuta la frequenza (che quindi era previsto venisse fornita prima di questo termine) di essere in grado di usare le frequenze assegnate coprendo l'80% del territorio nazionale, compresi tutti i capoluoghi di provincia (per le assegnazioni effettuate con la precedente legge Mammì era sufficiente coprire il 60% del territorio), a cui si aggiungevano eventualmente altri 12 mesi di proroga in caso di problemi, a giudizio del Ministero.

Con Decreto Ministeriale del del 28 luglio 1999 si dichiarano le vincitrici delle concessioni: delle 11 frequenze disponibili (3 assegnate alla la RAI e 8 per i gruppi privati) Di Stefano aveva partecipato per ottenere due concessioni, Europa 7 e 7 plus, e in un primo tempo riesce a vincere una concessione per Europa 7 (settima in classifica), al posto di Rete 4 (che sta trasmettendo dall'aprile 1998 grazie alle proroghe per il passaggio al digitale previste dall'art 3 comma 6 e 7 della legge 31 luglio 1997, n. 249[1]), la quale perde così il diritto di trasmettere. La commissione ministeriale della gara nega la richiesta per 7 plus, ma Francesco di Stefano fa ricorso al Consiglio di Stato, il quale ordina al ministero di dare anche una seconda concessione.

Le frequenze in un primo tempo non vengono subito assegnate, perché il nuovo piano delle frequenze viene ritardato, tra le altre cose, da altri ricorsi effettuati da Rete Mia, Rete Capri e Rete A (oltre a 7 Plus). [3]

Nel frattempo, Europa 7 si prepara per iniziare le nuove trasmissioni entro il 31 dicembre 1999 come prevede la licenza: il piano prevede 700 assunzioni, un centro di produzione a Roma di 20000 mq, composto da 8 studios e un importante library di programmi (nella graduatoria Europa 7 è prima in programmazione).

Europa 7, che, al contrario del servizio pubblico e di altri concessionari privati, non trasmette già su scala nazionale, deve tuttavia attendere il piano di assegnazione delle frequenze per poter iniziare le trasmissioni: il ministero, contravvenendo al risultato della gara pubblica non concede le frequenze, che continuano ad essere impiegate dalle "reti eccedenti" (Rete 4 e Tele+ nero) e con una autorizzazione ministeriale del 1999 (non prevista da nessuna legge) permette la prosecuzione delle trasmissioni analogiche a Rete 4, che in base alla gara pubblica non ne aveva diritto. Il ministero comunque, in una nota del 22 dicembre 1999, si impegnava con Centro Europa 7 perché in breve tempo si arrivasse "di concerto con l'Autorità, alla definizione del programma di adeguamento al piano d'assegnazione delle frequenze"[3]. Europa 7 ricorrerà contro questa nota, e il Tar, nel 2004 (sentenza n. 9325/04), gli darà ragione, sostenendo che il Ministero doveva assegnare subito le frequenze una volta deciso di dargli la concessione, e non rimandare la cosa senza una apparente motivazione[3].

Nel novembre 2002, interviene la Corte Costituzionale, a cui viene chiesto di valutare la costituzionalita degli articoli art. 3, comma 6 e 7, della legge 31 luglio 1997, n. 249[1], che permettono a chi ha un numero di reti superiore alle due massime previste di prorogare le trasmissioni in analogico, a patto che a queste si inizino ad affiancare le trasmissioni in digitale, fino ad un termine che doveva essere deciso dall'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni. La corte con la sentenza 466/2002 [4], conferma, come già affermato nel 1994 [5], che nessun privato può possedere più di 2 frequenze televisive e le reti eccedenti (in questo caso Rete 4 e Tele+nero), devono cessare la trasmissione in via analogica terrestre. La Corte specifica anche che un accentramento di reti è anche ben più grave che nel 1994, essendoci allora 12 frequenze nazionali disponibili in chiaro, mentre ora ve ne sono solo 11 di cui alcune criptate. La Corte, tuttavia ritiene non incostituzionale l'art 6 (che ammette le proroghe), ma incostituzionale l'art. 3 comma 7 (per cui la fissazione della proroga al poter usare le frequenze terresti prima del trasferimento obbligatorio alle trasmissioni digitali non era fissato dalla legge e la sua decisione era demandata all'Autorità per le Comunicazioni) e fissa un limite improrogabile entro il 31 dicembre 2003 per il passaggio esclusivo al satellite e/o al cavo (basandosi su una valutazione dell'AGCOM che riteneva quella data sufficiente per trasferire tutte le trasmissioni di Rete4 e Tele+nero su mezzi digitali), senza ovviamente entrare nello specifico del caso della ricorrente Europa 7 (che aveva chiesto di considerare incostituzionali entrambi i commi, in quanto "l'attuale normativa di settore", ovvero le proroghe per le reti eccedenti regolate dai due commi, "le impedirebbe di utilizzare concretamente le frequenze che le sono state assegnate nella fase di pianificazione"), che per le precedenti decisioni (il DM del luglio 1999) rimaneva comunque l'assegnataria delle frequenze che così si fossero liberate.
La Corte era chiamata ad esprimersi sulla supposta incostituzionalità dei due articoli che permettevano la prosecuzione delle trasmissioni alle "reti eccedenti", non sulla correttezza della vecchia gara di assegnazione delle concessioni nazionali, infatti specifica che:

« Nel contempo, il collegio rimettente precisa che l'obiettivo della sottoposizione delle questioni all'esame della Corte è quello di impedire la continuazione in modo indefinito — attraverso "una facoltà non delimitata nel tempo" — dell'assetto giudicato incostituzionale dalla sentenza n. 420 del 1994, con conseguenze sulla disponibilità delle frequenze, sul pluralismo informativo e, quindi, sulla legittimità delle impugnate concessioni ed autorizzazioni, nonché delle relative clausole. »
(dalla sentenza 466/2002 della Corte Costituzionale)

Nel estate del 2003, il ministro delle comunicazioni Maurizio Gasparri presenta un disegno di legge per il riordino del sistema radiotelevisivo italiano e l'introduzione della trasmissione digitale terrestre. La legge (nota come legge Gasparri) verrà approvata dal Parlamento il dicembre 2003, la quale permette a Rete 4 di continuare a trasmettere in via analogica terrestre in netto e palese contrasto con la sentenza della Corte Costituzionale, ma in continuità con la riforma del sistema radiotelevisivo del marzo 2001.

Successivamente, il presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, rifiuta di firmare la legge come incostituzionale e la rinvia alle camere, facendo esplicito riferimento al concetto di un termine certo per il regime transitorio introdotto dalla sentenza n. 466 del 20 novembre 2002 della corte costituzionale[6]. Così, per poter garantire a Rete 4 di continuare a trasmettere via etere, il 24 dicembre 2003 il governo Berlusconi vara un decreto legge (noto come decreto giornalisticamente come "decreto salva Rete 4"). La legge Gasparri si approva definitivamente nell'aprile 2004, anch'essa senza prendere in considerazione la sentenza 466/2002 della Corte Costituzionale.

Nel luglio 2005 il Consiglio di Stato,[3] dopo il ricorso di Centro Europa 7, ha chiesto alla Corte di Giustizia Europea di rispondere a 10 quesiti,[7] dove si mettono in discussione le leggi italiane in materia di televisioni ed è in ballo una richiesta sempre da parte di Europa 7 per risarcimento danni da parte dello Stato di 3 miliardi di euro per la mancata attività televisiva.

Il 30 novembre 2006 si è tenuta l'udienza alla Corte di Giustizia Europea[8]; durante l'udienza l'avvocatura dello Stato ha difeso la legge Gasparri e sostenuto le posizioni precedentemente espresse nella memoria difensiva del precedente governo.[9] [10]

Successivamente, dopo alcune interrogazioni alla Presidenza del Consiglio e al Ministero dei Beni Culturali da parte di esponenti dell'Unione e dopo che lo stesso ministro Gentiloni aveva disconosciuto l'operato dell'avvocatura dello Stato, il 13 dicembre l'avvocatura ha precisato, in risposta alle dichiarazioni del ministro, di aver sostenuto in sede comunitaria che i problemi di trasmissione di Europa 7 non riguardavano la legge Gasparri, ma la precedente legge Maccanico varata nel 1997 e che anzi, secondo alcune interpretazioni dell'art 23 della legge Gasparri, che regolamenta la "fase di avvio delle trasmissioni televisive in tecnica digitale", sarebbe permesso a Di Stefano di acquistare delle frequenze da un'operatore già attivo ed iniziare a trasmettere in attesa del passaggio completo al digitale terrestre. L'avvocatura ha anche sostenuto di aver informato la Corte di giustizia europea che, in caso di approvazione del ddl Gentiloni di modifica della legge Gasparri, la società Centro Europa Sette avrebbe potuto ottenere le frequenze che le spettavano. [11] [12]

La sentenza della corte, inizialmente prevista per il maggio 2007, è stata più volte rimandata[13]; il 12 settembre dello stesso anno le conclusioni dell'avvocatura generale della Corte evidenziavano che:

« L'art. 49 CE richiede che l'assegnazione di un numero limitato di concessioni per la radiodiffusione televisiva in ambito nazionale a favore di operatori privati si svolga in conformità a procedure di selezione trasparenti e non discriminatorie e che, inoltre, sia data piena attuazione al loro esito.
I giudici nazionali devono esaminare attentamente le ragioni addotte da uno Stato membro per ritardare l'assegnazione di frequenze ad un operatore che così ha ottenuto diritti di radiodiffusione televisiva in ambito nazionale e, se necessario, ordinare rimedi appropriati per garantire che tali diritti non rimangano illusori »
(Causa C-380/05, conclusioni dell'avvocato generale Poiares Maduro [14])

Il 31 gennaio 2008 la Corte ha emesso la sentenza su tale ricorso:

« L’art. 49 CE e, a decorrere dal momento della loro applicabilità, l’art. 9, n. 1, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 7 marzo 2002, 2002/21/CE, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva «quadro»), gli artt. 5, nn. 1 e 2, secondo comma, e 7, n. 3, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 7 marzo 2002, 2002/20/CE, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (direttiva «autorizzazioni»), nonché l’art. 4 della direttiva della Commissione 16 settembre 2002, 2002/77/CE, relativa alla concorrenza nei mercati delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica, devono essere interpretati nel senso che essi ostano, in materia di trasmissione televisiva, ad una normativa nazionale la cui applicazione conduca a che un operatore titolare di una concessione si trovi nell’impossibilità di trasmettere in mancanza di frequenze di trasmissione assegnate sulla base di criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati. »

Oggi (IERI)

Oggi la società Europa 7 è praticamente ferma. Francesco Di Stefano, suo fondatore, intervistato da la Stampa ad aprile 2006, attende la sentenza della Corte di Giustizia Europea. La sua vicenda è però seguita da alcune persone: il giornalista di La Repubblica Giovanni Valentini, l'associazione Articolo 21 (in testa il portavoce Giuseppe Giulietti), Dario Fo e Franca Rame, Marco Travaglio, Beppe Grillo, Antonio Di Pietro e l'Italia dei Valori, Tana De Zulueta, l'ex presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro e Piero Ricca del gruppo Qui Milano Libera. Anche la stampa europea ha dato attenzione a questa vicenda, per esempio il noto giornale tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung, nell'estate 2003. Anche il ministro Gentiloni ha riconosciuto il problema irrisolto[15]. L'intervista fatta a Di Stefano da Piero Ricca (messa sul sito di Beppe Grillo e su YouTube) ha raccolto più di 200.000 visualizzazioni. Solo dopo la sentenza della UE la vicenda trova finalmente spazio sui media italiani.

Il 1 agosto 2007, le commissioni della Camera hanno approvato un emendamento, il 2340, firmato da esponenti del centro-sinistra, che riconosce a Europa 7 i diritti di prelazione sulle frequenze eventualmente liberate dal trasferimento sul digitale di una rete Rai e Retequattro.

Anonimo ha detto...

La notizia riportata da Quotidiano Nazionale il 31 Gennaio 2008

http://qn.quotidiano.net/2008/01/31/62209-italia_frequenze_contrarie_diritto.shtml

CORTE UE / LA SENTENZA
'Italia, frequenze tv contrarie al diritto'
Mediaset: 'Nessun rischio per Rete4'
Sentenza sulla causa che opponeva l'emittente privata Centro Europa 7 al Ministero delle Comunicazioni. Secondo la Corte il regime di assegnazione delle frequenze non rispetta il principio della libera prestazione dei servizi

Bruxelles, 31 gennaio 2008 - La Corte europea di giustizia ha condannato, oggi a Lussemburgo, il regime italiano di assegnazione delle frequenze per le attività di trasmissione televisiva, nella sentenza sulla causa che opponeva l'emittente privata Centro Europa 7 al Ministero delle Comunicazioni.

Secondo la Corte il regime di assegnazione delle frequenze non rispetta il principio della libera prestazione dei servizi e non segue criteri di selezione obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati.



MEDIASET: NESSUNA CONSEGUENZA

La sentenza della corte di giustizia Ue che definisce «contrario al diritto comunitario» il regime italiano di assegnazione delle frequenze tv «non può comportare alcuna conseguenza sull'utilizzo delle frequenze nella disponibilità delle reti mediaset, inclusa ovviamente Retequattro". Lo dichiara Mediaset in una nota diffusa poco prima dell'ufficializzazione della posizione della corte, anticipata oggi da alcuni giornali.



"Il giudizio cui la sentenza si riferisce riguarda infatti esclusivamente una domanda di risarcimento danni proposta da europa 7 contro lo stato italiano e non può concludersi in alcun modo con pronunce relative al futuro uso delle frequenze", prosegue il gruppo di Cologno riservandosi "ogni commento all'esito della lettura" della sentenza.


Quanto all'insinuazione che Retequattro occuperebbe indebitamente spazi trasmissivi a danno di Europa 7», aggiunge, «Mediaset ribadisce che Retequattro è pienamente legittimata all'utilizzo delle frequenze su cui opera.
Quindi nessun rischio per retequattro".

Anonimo ha detto...

L'intervista a Francesco di Stefano su Repubblica del 1° Febbraio
http://finanza.repubblica.it/scripts/cligipsw.dll?app=KWF&tpl=kwfinanza%5Cdettaglio_news.tpl&del=20080201&fonte=RPB&codnews=169081

"Adesso voglio le mie frequenze
e il risarcimento per i danni subiti"

ROMA - Aveva sempre detto che sarebbe andato fino in fondo e ha mantenuto la parola. Il signor Nessuno ha vinto la battaglia per la sua tv-fantasma. Francesco Di Stefano, 54 anni, imprenditore, abruzzese di Avezzano, ha impiegato dieci anni per far valere davanti alla Corte di Giustizia europea i diritti di "Europa 7", l'emittente che nel '99 s'aggiudicò una concessione nazionale televisiva e da allora aspetta le frequenze per poter trasmettere. Un caso inedito, unico al mondo, una storia inverosimile arrivata ormai all'epilogo.

Che cosa farà, adesso, signor Di Stefano?
"Aspetto di essere risarcito dallo Stato per i danni che ho subito e poi di avere finalmente le frequenze per cominciare a trasmettere".

Quanto ha chiesto esattamente a titolo di risarcimento?
"Avevo chiesto 800 milioni di euro fino al 2004, quando presentai il ricorso, se avessi ottenuto le frequenze che mi spettano. In caso contrario, tre miliardi di euro".

Ma se fosse costretto a scegliere, soldi o frequenze, che cosa sceglierebbe?
"Non scelgo. Ho diritto ad avere sia il risarcimento sia le frequenze".

E la sua tv sarebbe pronta a trasmettere?
"Siamo pronti dal '99. Abbiamo gli studi più grandi d'Italia, anzi d'Europa: tremila metri quadrati, nel vecchio stabilimento della Voxson, alle porte di Roma nella Tiburtina Valley. È lì che la Rai viene a realizzare trasmissioni come "La bella e la bestia", "Notti sul ghiaccio" e adesso "Uomo e galantuomo". Poi abbiamo programmi, regia, tecnologie...".

Quanta gente lavora per "Europa 7"?
"Al momento, in attesa di ottenere le frequenze, abbiamo 35 dipendenti fissi e molti free-lance e part-time".

E quanto ha speso, in questi anni, per tenere in piedi la struttura?
"All'incirca 100-120 milioni di euro, dieci milioni in media all'anno".

Scusi l'invadenza, ma dove li ha presi?
"Innanzitutto dall'affitto degli studi. E poi, dai proventi di altre attività, imprenditoriali e finanziarie".

Ora dove dovrebbe recuperare lo Stato queste frequenze, a chi dovrebbe toglierle? A Retequattro, per mandarla sul satellite o sul digitale terrestre?
"Non mi interessa dove le deve prendere né a chi le deve togliere. In base a quello che hanno stabilito lo stesso ministero e la stessa Autorità sulle comunicazioni, so che alcune reti utilizzano frequenze eccedenti, cioè in esubero. E tra queste, c'è anche Retequattro che non ha neppure una concessione, ma un'autorizzazione transitoria".

Posso chiederle se in questi anni ha mai avuto contatti con Silvio Berlusconi o con Mediaset?
"Mai. Fino a oggi siamo stati sempre considerati come appestati".

Di chi è la colpa di tutto ciò, secondo lei?
"È un festival di colpe! Vede, in questo momento provo una grande gioia. Ma l'amarezza è ancora più grande. La colpa è di tutte le istituzioni, di tutti i governi, di tutti i ministri che si sono succeduti in questi anni. Sono tutti ugualmente colpevoli di questa ingiustizia".

Anche l'ultimo governo di centrosinistra?
"Certo. E infatti, i politici di centrosinistra tacciono. Dopo aver dichiarato guerra in campagna elettorale alla legge Gasparri, hanno mandato gli avvocati dello Stato a difenderla in Europa. Oggi il loro silenzio equivale a un'ammissione di colpa".

Lei si sente più deluso o tradito dal centrosinistra?
"Tradito. Ma, più che me, il centrosinistra ha tradito soprattutto il popolo italiano. Bastava un decreto-legge per mantenere gli impegni. Sono passati quasi due anni e non hanno concluso niente".

Con questa sentenza europea, siamo arrivati alla fine del duopolio televisivo in Italia?
"Me lo auguro vivamente".

E lei, con una sola rete, pensa di poter competere con due colossi come Rai e Mediaset?
"Sì. Penso che si possa. Fra Rai e Mediaset non c'è una vera concorrenza. E perciò credo che esista uno spazio per fare una televisione diversa".

Che tipo di tv?
"Una tv libera. Non c'è e non c'è mai stata in Italia. Una tv distante e distinta dai partiti. Vicina ai cittadini e ai loro interessi reali".

Ma qual è precisamente il modello che ha in testa?
"Quello già contenuto nel progetto con cui abbiamo ottenuto la concessione, con il massimo punteggio per la programmazione di qualità. Un modello imperniato sull'informazione e sull'approfondimento".

Dovrà prevedere nel palinsesto anche un po' di intrattenimento...
"È ovvio: a cominciare dalla satira. Il nostro "Seven Show" ha sfornato decine di nuovi comici di successo ed è stato copiato da tutti. Ma non faremo reality, tipo "Il Grande fratello" o "L'isola dei famosi"".

Per lei, che cosa significa "tv di qualità"?
"Una tv che si occupa dei problemi sociali. Una tv che non manipola o nasconde le notizie. Capace di dare a voce a tutti quelli che hanno qualcosa di nuovo e interessante da dire. Anche agli sconosciuti, come me".

Politicamente, oggi lei come si colloca?
"Non mi colloco. Non mi riconosco né nella destra né nella sinistra. Voglio avere a che fare solo con gente seria".

Si dice che ora potrebbe acquistare "l'Unità". È vero?
"Mi piacerebbe. Ma non dipende da me. È l'attuale proprietà che deve decidere se vendere, a chi e a quali condizioni. Noi siamo disponibili. Confermo il mio interesse".

01/02/2008 - 08:00

Anonimo ha detto...

L'intervista a Gentiloni sulla Stampa del 1° Febbraio: http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cronache/200802articoli/29750girata.asp

1/2/2008 (7:9) - INTERVISTA
Gentiloni: "Via libera alla
legge, peccato sia tardi"

Parla il ministro delle telecomunicazioni
MARIA GRAZIA BRUZZONE
Ministro Gentiloni, come accoglie la sentenza della Corte di Giustizia europea?
«Con molta soddisfazione. La Corte dice cose sacrosante, che condivido pienamente e hanno ispirato tutte le azioni del governo Prodi, sia gli atti amministrativi sia le leggi di riforma. E se non si fosse interrotta la legislatura, anche questa sentenza avrebbe funzionato da acceleratore in Parlamento».

Il suo ddl di riforma del sistema tv invece non è riuscito ad arrivare al voto in aula neppure alla Camera.
«Avrebbe dovuto andarci a febbraio. Ma non è che, siccome il mio ddl non è passato, i guasti della legge Gasparri scompaiano. Anzi. Il problema sollevato dalla Corte europea non solo resta, grosso come una casa, ma si somma alla procedura di infrazione che nei prossimi mesi arriverà anch’essa alla Corte di Giustizia Ue».

Già. Si dice che il governo rischia una multa di 300-400.000 euro al giorno, fin quando non si sanerà l’anomala assegnazione delle frequenze. Vero?
«Certo, alla fine di questa procedura. Un tempo che può non essere tanto lontano».

Per l’ennesima volta il centrosinistra si presenterà alle elezioni senza aver risolto il conflitto di interessi di Berlusconi, e senza aver liberato il sistema tv dal duopolio. perché?
«La risposta più semplice è che il governo ha interrotto il suo corso a un terzo della legislatura. Nel Parlamento italiano, anche quando le maggioranze sono solide, le leggi sulla tv sono sempre materia molto controversa: la stessa legge Gasparri fu approvata dopo più di tre anni dall’avvio della legislatura».

La risposta meno semplice è che anche nell’Unione si frenava?
«Non è la prima volta che noi del centrosinistra mettiamo certi temi in cima all’agenda in campagna elettorale e poi, al governo, li sottovalutiamo».

Non ci vuol proprio dire chi ha messo i bastoni fra le ruote?
«La maggioranza su quel ddl è sempre stata unita. Con l’eccezione dell’Udeur. Questo ovviamente apriva grossi interrogativi sul passaggio al Senato. Tuttavia non avrebbe impedito una procedura più accelerata alla Camera».

Già. Poi si doveva parlare di riforme, ed era meglio non irritare Berlusconi...
«Di riforme si è parlato solo negli ultimi due o tre mesi, mentre il nostro ddl è arrivato alla Camera 15 mesi fa. No, non ho visto inciuci. Il fatto è che non tutti ritengono la questione televisiva prioritaria. Secondo me in Italia lo è».

Tornando a Europa 7. Aveva ottenuto la concessione tv nel 1999, governo D’Alema, legge Maccanico in vigore. Come mai poi le frequenze non le ha mai avute?
«Allora era stato avviato un piano di assegnazione delle frequenze che poi non venne mai attuato. Nel 2001 arrivò il governo Berlusconi, e tre anni dopo la legge Gasparri, che ci ha messo una pietra sopra. Nel 2007 il mio ddl si proponeva di risolvere il problema. Adesso quelle norme andranno approvate comunque, come ha ricordato ieri la commissione Ue».

Però oggi il patron di Europa 7, Di Stefano, accusa anche il suo ministero di malafede. Cosa gli risponde?
«Senta, Europa 7 difende i suoi diritti e fa bene. Quanto alle critiche, io so solo che ho lavorato seriamente per riportare regole e concorrenza in tv».

Anonimo ha detto...

Il Giudizio del Financial Times del 1° Febbraio:
http://finanza.repubblica.it/scripts/cligipsw.dll?app=KWF&tpl=kwfinanza%5Cdettaglio_news.tpl&del=20080201&fonte=AGI&codnews=215915

FT, L'EUROPA MULTA L'ITALIA PER IL SISTEMA TELEVISIVO

(AGI) - Roma, 1 feb. - Il Financial Times si occupa oggi delle sanzioni disposte dall'Unione Europea contro il sistema televisivo italiano. 'La Corte di Giustizia europea ha stabilito ieri che il sistema broadcasting dell'Italia non rispetta la normativa europea in materia di ripartizione delle frequenze - si legge sul Ft -. Il sistema italiano eliminerebbe inoltre qualsiasi tipo di concorrenza. Il provvedimento avra' effetti su Mediaset, di proprieta' dell'ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, e potrebbe condurre finalmente allo spostamento di Rete 4, la rete in questione, sul satellite. L'Alta corte europea ha preso questa decisione dopo il ricorso dell'emittente Europa 7, un'emittente che gia' dal 1999 si era aggiudicata le frequenze per la trasmissione dei propri programmi, ma effittivamente cio' non e' mai avvenuto perche' tali frequenze erano gia' occupate, e propio da Rete 4'. 'La corte ha stabilito che il sistema italiano 'non aderisce al principio della libera prestazione dei servizi e non risponde a criteri obiettivi, trasparenti e non discriminatori di selezione'' conclude il quotidiano britannico.

Anonimo ha detto...

L'articolo di Giuseppe Giulietti sull'Unità del 2 Febbraio:
http://www.unita.it/view.asp?IDcontent=72599

Caso Europa 7, bisogna ripristinare la legalità
Giuseppe Giulietti *

Francesco Di Stefano, il proprietario di Europa7, ha denunciato, nella sua intervista concessa a l’Unità, la condizione di solitudine nella quale è stato lasciato in questi anni da quasi tutte le forze politiche ed anche dal governo. Il ministro Gentiloni ha rivendicato invece la sua azione e ha ricordato come le stesse istituzioni comunitarie abbiano riconosciuto la bontà delle sue proposte e ne abbiano sollecitato l’approvazione. Purtroppo hanno ragioni entrambi. Il ministro fa bene a rivendicare la sua diversità di comportamento rispetto al passato. Con grande fatica e passione civile Gentiloni, con parte della maggioranza, ha tentato di portare all’approvazione una moderatissima proposta di riforma per aprire un sistema tv chiuso e di liberare la Rai dalla morsa dei governi e dei partiti. Contro quella proposta si è scatenata una micidiale offensiva politica e mediatica. Abbiamo archiviato con troppa superficialità «l’editto di Roccaraso». Allora Berlusconi, con la consueta brutalità, aveva condizionato persino il dialogo sulla legge elettorale alla cancellazione della legge Gentiloni bollata come «una proposta criminale». La medesima espressione «uso criminale della tv» era stata usata per cacciare dalla Rai Enzo Biagi, Daniele Luttazzi e Michele Santoro. Sarà un caso, ma qualche giorno dopo la crisi di governo è precipitata e i titoli Mediaset hanno conosciuto un’impennata. A far mancare i voti al governo sono stati quei parlamentari centristi che avevano già preannunciato che avrebbero ostacolato e persino bloccato l’iter delle proposte Gentiloni. Ai sabotatori dichiarati va aggiunto un ampio e non meno insidioso fronte trasversale che ha sempre considerato il conflitto di interessi un randello da sfoderare a giorni alterni nell’illusione di fare un po’ di paura a Berlusconi e di indurlo a più miti consigli. Gentiloni, dunque, ha ragione quando rivendica la sua trasparenza e capacità progettuale.

Per le ragioni che abbiamo esposto, tuttavia, Francesco Di Stefano e il suo avvocato Ottavio Grandinetti hanno assolutamente ragione quando denunciano di essere stati lasciati soli. Ho seguito passo dopo passo la vicenda e posso confermare che quella di «Europa 7», non è mai stata percepita come una grande battaglia per la legalità, ma quasi un fastidioso fardello. Sembrava che Di Stefano ed Europa 7 fossero dei rompiscatole, delle persone un po’ strane che non volevano rassegnarsi all’anomalia italiana, al duopolio eterno, alla legalità violata e calpestata dalle leggi porcata. Quando Rete4 organizzava la sua campagna contro il presunto esproprio comunista, decine e decine di parlamentari, e non solo di destra, si precipitavano a difendere le ragioni della libertà. Quando invece Europa 7, ma anche tante altre radio, tv, piccoli editori, denunciavano l’esproprio già subito ed il furto di legalità, molti, troppi, hanno preferito guardare altrove. Tra qualche settimana, forse, si tornerà al voto.

L’Associazione Articolo21 darà il suo appoggio a chi si proporrà di ripristinare la legalità anche in questo campo. Proponiamo anzi una sintetica formulazione di programma: «I sottoscritti si impegnano ad affermare il principio di legalità e di trasparenza anche nel settore del media attraverso il pieno recepimento delle sentenze della Corte Costituzionale, delle sentenze della Corte di Giustizia Euorpea, delle direttive della Commissione europea». Meno di così... ci farebbe piacere se, almeno su questo punto, moderati e radicali, credenti e non credenti, flessibili e rigidi, volessero correre insieme e sotto le stesse bandiere.

* Articolo 21

Anonimo ha detto...

Come ho scritto su www.costituentedemocratica.net giorni fa, per me è scandalosissimo ed anti-educativo al massimo che la TV di STATO distribuisca ogni sera migliaia di EURO in GIOCHI D'AZZARDO che fan leva sull'ancestrale emotività che fa tifare per il CIRCENSE estratto (non si sa bene come !) per rappresentare il telespettatore tipo. Non fa parte del cumulo di spazzatura a cui gran parte della TV, e con CANONE = TASSA ( ! ) distribuisce, con sempre meno possibilità di DIFFERENZIARLA ?

Le ragazze dagli ovuli d’oro

CONSIGLIO LAA LETTURA DELL'ARTICOLO SOLO A VISITATORI ADULTI https://www.tempi.it/le-ragazze-dagli-ovuli-doro/ Di  Caterina Giojelli 12 ...