lunedì 11 febbraio 2008

Scoop e verità ...

Donato Greco, epidemiologo, Capo Dipartimento della Prevenzione e della Comunicazione del Ministero della Salute, ha parlato recentemente delle emergenze sanitarie che hanno scosso l'opinione pubblica italiana.
Sulla base di patologie nulle o statisticamente irrilevanti, sono nati in passato "incauti" ed"ingenui" allarmismi, come nei casi dell'allarme colera del 1973, del pericolo per la diffusione della malattia infettiva del carbonchio (antrace), della "mucca pazza", della SARS e dell'influenza aviaria.
Secondo Greco, le responsabilità sono nella spasmodica ricerca dello scoop giornalistico e negli interessi di alcuni, che stimolavano la paura dei cittadini.
Per quanto riguarda l'oggi, Greco ha parlato della emergenza rifiuti in Campania: non esiste alcun dato che supporti la relazione tra immondizia e tumori. Nel neo-battezzato "triangolo della morte"della Campania sono piuttosto elevati i casi di epatite cronica, dovuta a stili di vita e alimentazione errata, che sfociano nel cancro al fegato. Nessuna relazione con i rifiuti.
Anche per i timori legati all'uso di telefoni cellulari e alla esposizione delle antenne secondo Greco non esistono dati certi sulla possibili nocività delle radiazioni.
Non ho un giudizio finale, quando si parla di epidemiologia secondo me occorre mettere i NUMERI sul tavolo, cosa che Greco ha fatto. Sono aperto a vagliare numeri provenienti da fonti diverse.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Una seconda dichiarazione di Greco a proposito dei rifiuti campani:

Campania: epidemica solo l'incompetenza

In Campania "si assiste a un'epidemia di ignoranza, incompetenza e illegalità sul problema dei rifiuti. E le preoccupazioni sui rischi per la salute che deriverebbero dall'immondizia nelle strade sono finte: stiamo assistendo alla medicalizzazione di un diritto elementare alla normale igiene".

Lo ha detto Donato Greco, direttore del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ccm) del ministero della Salute, rientrato proprio oggi da un viaggio a Napoli, parlando a margine di una conferenza stampa sulla vaccinazione contro il Papillomavirus umano.
Secondo Greco "la popolazione, i sindaci, gli organi istituzionali stanno impugnando il 'randello' della salute per ottenere un diritto di base, quello di non avere rifiuti in strada. Ma il rischio di tumori e malformazioni non esiste. Penso però che se il commissario straordinario Gianni De Gennaro andrà via dalla Campania senza fare nulla vincerà la camorra. D'altronde lui è uno che non vuole andare contro le leggi dello Stato: se una discarica non è a norma, non si può utilizzare".

Tratto da: Farmacista33, 25 febbraio 2008 - Anno 4, Numero 35

Anonimo ha detto...

"Le epidemie mancate"

(Corriere della Sera: pag. 8 - 3 marzo 2008)

Gli allarmi lanciati in questi ultimi anni, anche da OMS su aviaria, Sars e Bse si sono rivelati esagerati.
Maria Rita Gismondo, microbiologa all'Ospedale Sacco di Milano, afferma: 'dietro fenomeni come questi si celano grossi appetiti industriali.
C'è chi ha interessi diversi dalla tutela della salute.
Pensiamo a quelli commerciali. Bisognerà poi riconsiderare le modalità di diffondere le informazioni.
Coinvolgere la popolazione fin da subito significa seminare panico'. Tutte queste emergenze sono costate allo Stato italiano 550 mln di euro e la parte pagata dalla Sanità è stata di circa 174 mln di euro.

Franco Gatti ha detto...

Le epidemie mancate. Aviaria, Sars, Bse: previsioni errate «Abbiamo esagerato. Come l'Oms»
Margherita De Bac - Il Corriere della Sera
3 marzo 2008

Un altro inverno è passato, il terzo da quando l'Organizzazione Mondiale della Sanità lanciò l'allarme di un nuovo rischio epidemico legato a un virus di origine aviaria, l'H5N1.

Sembrava che da un momento all'altro la febbre dei polli, diabolica per i volatili, potesse fare «almeno un milione di morti » disse l'Oms, contagiando l'uomo con la stessa aggressività della micidiale Spagnola, la peggiore pandemia della storia.

Dal 2003 ad oggi, per fortuna, nulla è successo di tutto questo. L'aviaria colpisce l'uomo ma poi si ferma. Il rischio endemico (veloce contagio uomo-uomo) non è dimostrato e l'emergenza, soprattutto da noi, si è rivelata quasi esclusivamente veterinaria. E' successo almeno altre due volte negli ultimi 10 anni di veder passare probabili catastrofi epidemiche terminate con bilanci molto modesti sul piano delle perdite umane.

Ricordiamo la Sars negli ultimi mesi del 2002. Anche lì l'Oms lanciò (era il marzo 2003) un allarme: «Non si sa quando ma la pandemia ci sarà». E invece è sparita. E ancor prima la Bse, il morbo della mucca pazza, arrivato nel 2001 in Italia. In via di estinzione.

Cominciamo dall'H5N1. Qualcuno predisse milioni di morti. I governi occidentali fecero a gara per accaparrarsi scorte di antivirali e assicurarsi la precedenza nell'acquisto di vaccini. La tabella aggiornata dell'Oms rispecchia una realtà ben diversa. Dal novembre del 2003, la presunta big influenza ha contagiato 369 persone uccidendone 234. La maggior parte in Vietnam, Indonesia, Egitto, Thailandia e Cina. Si è fermata all'Azerbaijan e alla Turchia, dunque alle porte dell'Europa, non è riuscita a fare breccia nei Paesi dove condizioni igieniche e qualità dei sistemi sanitari sono migliori.

La trasmissione interumana, che avrebbe potuto dare il via all'ondata contagiosa, non è mai stata dimostrata. Il virologo Fernando Dianzani ritiene che molto difficilmente l'H5N1 potrà scatenare la nuova pandemia perché non possiede le caratteristiche per saltare da uomo a uomo: «La prudenza era doverosa ma ora possiamo dire che abbiamo esagerato nell'annunciare la catastrofe. Predire l'arrivo di una pandemia da H5N1 è un'illazione che non si basa su dati concreti. Fino a questo momento il virus aviario non si è ricombinato con quello umano, non ha cioè scambiato pezzi di genoma, evento che avrebbe determinato un reale pericolo».

E allora, a cosa attribuire l'enfasi con cui le autorità scientifiche internazionali, Oms in testa, hanno lanciato e rilanciato allarmi? Ha le idee chiare Maria Rita Gismondo, microbiologa dell'ospedale Sacco: «Dietro fenomeni come questi si celano grossi appetiti industriali. C'è chi ha interessi diversi dalla tutela della salute. Pensiamo a quelli commerciali. Bisognerà poi riconsiderare le modalità di diffondere informazioni. Coinvolgere la popolazione fin da subito significa seminare panico».
Andrebbe bocciata anche l'Oms? La microbiologa insiste: «E' un'istituzione politicizzata: quando c'è di mezzo la salute non bisognerebbe muoversi in base a opportunità e pressioni industriali».

E che fine ha fatto la Sars che ha atterrito il mondo tra novembre 2002 e fine luglio 2003? Moderatamente colpiti sono stati soltanto il Sudest asiatico e il Canada, unico Paese occidentale coinvolto: 8.100 casi, 774 morti causati da un virus della polmonite venuto dal mondo animale. Lei sì, incuteva paura per la velocità nel propagarsi attraverso il respiro.

E in Italia la paura fu ingigantita dalla morte del virologo italiano Carlo Urbani, che era stato lo scopritore del virus della Sars e che proprio venendone a contatto perse la vita il 29 marzo 2003. Ma oggi non ce n'è più traccia: «Il virus è tornato nel suo habitat naturale perché ha perso le caratteristiche aggressive. In quella situazione la barriera sanitaria dei Paesi occidentali ha funzionato. L'epidemia non ha toccato l'Europa», dice Dianzani.

Infine la Bse, «mucca pazza», che ha sterminato gli allevamenti bovini d'Europa e tenuto lontane dalle nostre tavole la prelibata bistecca con l'osso. Si scoprì che l'agente infettivo, il prione, poteva colpire l'uomo con la cosiddetta variante della Creutzfeldt Jakob, malattia degenerativa neurologica.

I tecnici predissero migliaia di morti. Il registro mondiale aggiornato a febbraio riporta 163 casi (più tre da trasfusione). «Abbiamo sbagliato, è vero — ammette Maurizio Pocchiari, Istituto Superiore di Sanità —. Ma siamo stati condizionati dalla scarsità delle conoscenze. Però una volta capito, abbiamo aggiustato il tiro.

L'emergenza è finita. Anche se qualche dato non torna». In quanto alla Bse bovina, in Italia non c'è più. L'altro anno si sono ammalate 2 vacche. Quest'anno nessuna. «I controlli veterinari sono stati efficaci», dice Maria Caramelli, responsabile del centro riferimento per la Bse all'istituto zooprofilattico di Torino.

Il servizio della Tv Svizzera sui Campi Flegrei

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