lunedì 6 febbraio 2012

Auto blu?

Ndr:   un'auto vecchia di 12 anni, con motore vecchio e depotenziato, senza gomme da gara, guidata da un meccanico..., ma comunque una esperienza diversa...

Formula 1 - Un giro sulla biposto
Pubblicata il 30/01/2012

Si fa fatica a calarsi nell'angusto abitacolo: alla fine le gambe sono a stretto contatto coi gomiti del pilota. A guidare la Yas Marina Racing School sono un italiano di 37 anni, Gianluca Pilot, ex meccanico Ferrari (a sinistra) e un manager locale, Faisal Al-Sahlawi (a destra). La Yas SuperSport SST.

Hai un bel dirti che, in fondo, questo è un vecchio telaio, che il motore è stato sicuramente depotenziato, che le gomme, pur della Pirelli, sono da esibizione, ben diverse da quelle usate nei Gran Premi. Hai un bel dirtelo, perché tanto quando ti sei infilato con grande fatica nel più che angusto abitacolo di una delle rarissime Formula 1 biposto oggi esistenti e senti le tue gambe a stretto contatto coi gomiti del pilota Lucas di Grassi, la frequenza cardiaca farebbe assomigliare il tracciato del tuo elettrocardiogramma a quello impazzito di un sismografo nel momento in cui la Terra si scuote.

Know-how italiano. L'esperienza di qualche giro di pista a bordo di quanto più oggi si avvicini a una monoposto della massima categoria, l'abbiamo fatta sul circuito di Abu Dhabi, nell'ambito della presentazione dei nuovi pneumatici per la F.1 della Pirelli. E proprio la Casa italiana è la fornitrice di tutte le coperture utilizzate dalla Yas Marina Racing School, la scuola di guida agonistica attiva da un paio di anni sul tracciato degli Emirati. Una struttura complessa e articolata, che offre agli appassionati e agli aspiranti piloti un ampio ventaglio di opportunità, spaziando dalle semplici ma entusiasmanti esperienza da passeggero a bordo di vetture come l'Aston Martin Vantage GT4, la Mercedes SL AMG safety car (della gara qui disputata nel 2009) o la Yas SuperSport SST (Sport della quale riparleremo) alla possibilità di seguire un corso completo di pilotaggio della durata di tre giorni che consente di arrivare a guidare una monoposto strettamente imparentata con le Formula 3000. A guidare la scuola sono un manager locale, Faisal al-Sahlawi, e un italiano di 37 anni, Gianluca Pilot, nove stagioni di esperienza alla Ferrari nella squadra che assisteva Michael Schumacher, ora responsabile della gestione dei meccanici e delle vetture in pista.

Primo assaggio. Alla Formula 1, in realtà, conviene avvicinarsi gradualmente. E una buona soluzione, ad Abu Dhabi, la offrono facendoti percorrere qualche giro da passeggero sulla Yas Marina SuperSport, una "barchetta" stile Le Mans ideale per familiarizzarsi con forti accelerazioni, frenate decise e cambi marcia violenti. Il telaio è dell'inglese Radical (in Gran Bretagna queste vetture disputano divertenti gare monomarca), mentre il motore è un 1.500 di derivazione motociclistica che gira piuttosto alto; il cambio, infine, è sequenziale, ma viene azionato mediante una corta leva di tipo tradizionale: come primo assaggio del circuito, basta e avanza. Poi, però, arriva il momento di fare sul serio.

All'ultimo respiro. L'urlo del V10, nel garage della Racing School, è inconfondibile: "Dite quello che volete - ti fa pensare - ma questa è una Formula 1 vera". Mentre i meccanici adagiano le termocoperte sui pneumatici che, nei pochi giri di ogni run, faticano ad andare in temperatura (almeno in gennaio, ché nei mesi caldi ad Abu Dhabi il problema è l'opposto), c'è il tempo per interrogarsi sull'origine delle due monoposte disponibili, rese irriconoscibili dai colori della Yas Marina. Una breve indagine permette di far risalire la paternità dei telai alla Tyrrell, che li ha utilizzati con la sigla 026 nel 1998, ultimo anno di partecipazione ai Gran Premi prima che team e licenza venissero rilevati dalla BAR; acquisite a fine stagione da Paul Stoddart, diventato frattanto proprietario della Minardi, le vetture vennero trasformate in "F.1 two seater" da utilizzare per portare a spasso vip e facoltosi passeggeri in cerca di forti emozioni.

La Yas Marina Racing School ha provveduto più recentemente a ristrutturarle, avvalendosi dell'aiuto di aziende inglesi specializzate; come dal mondo delle corse britanniche arriva gran parte della squadra di 15 persone che assiste le due monoposto. Quanto ai motori, la sigla European sui coperchi delle testate rimanda ai 10 cilindri impiegati dalla Minardi stessa nel 2001 e ora accreditati di circa 700 CV, con un regime di rotazione di poche centinaia di giri inferiore rispetto a quello originale. In ogni caso, credeteci: la cavalleria basta e avanza. A stringere le cinture fino all'ultimo respiro pensano i meccanici, dopo aver controllato la chiusura di tuta e casco: li ringrazieremo sentitamente col pensiero a ogni istantaneo cambio di direzione della monoposto…

Pronti, via. Avviato il motore, inserita con un contraccolpo pesante la prima, di Grassi percorre lentamente la pit lane, per poi schiacciare a fondo l'acceleratore all'altezza del semaforo. L'accelerazione, ovviamente, è impressionante, ma mai quanto la decelerazione: la biposto arriva sul rettilineo principale a una punta massima compresa tra i 300 e i 310 km/h, poi di Grassi stacca, scalando le marce e riducendo la velocità a 70 km/h in 120 metri. Con le F.1 di oggi, ci dicono, si stacca 20-30 metri ancora più tardi e questo è un dato che dà molto da pensare…

Ci vuole un fisico bestiale. Opporre resistenza in curva alla forza centrifuga col proprio esile collo è comunque impossibile: per questo, i piloti hanno quasi tutti un fisico taurino e si aiutano con paratie laterali e collare Hans a tenere ferma la testa. Per fortuna, di Grassi sta debitamente lontano dai cordoli (non è che debba "fare il tempo"…), ma in un punto della pista si sente distintamente il fondo della monoposto sollevarsi dall'asfalto, come se stesse "scollinando" su un dosso. Cercare di disallinearsi rispetto al pilota per anticipare la traiettoria è difficilissimo, perché appena ci si "scopre" l'aria ha un violenza tale da sembrare poterti strappare il casco.

Senza fiato. Ma il problema maggiore è la "S" serrata del circuito, dove il cambio di direzione è così repentino da impedire letteralmente di respirare: per qualche secondo si resta in apnea, aspettando che la vettura si riallinei. Il paio di giri previsti scivola via in poco più di due minuti, ma la percezione del tempo, in questi casi, è inevitabilmente distorta. Al punto da farti pensare "basta così, grazie". E tanto di cappello a chi si spara 300 km di Gran Premio in mezzo ad altri 23 piloti assatanati, gestendo un volante degno dei comandi di una nave spaziale, con gomme e carichi aerodinamici ben diversi da questi e un Campionato del mondo da cercare, magari, anche di vincere.

Emilio Deleidi
http://www.quattroruote.it/notizie/sport/formula-1-un-giro-sulla-biposto

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